DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Il fallimento della linea Giorgetti indebolisce Draghi

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

La ritirata di Giancarlo Giorgetti fa pensare che stia diventando più probabile l’anticipo delle elezioni per rinnovare il Parlamento. Vediamo perché questi due eventi potrebbero essere collegati. Intanto c’è l’avanzamento di Mario Draghi verso il Quirinale. Oggi il Foglio dava un elemento in più per credere che sia lo sviluppo più probabile. Tuttavia, anche con un (difficile) secondo mandato a Sergio Mattarella, e, ancora di più, con un (molto difficile) nome più legato a posizioni di partito, resteremmo sempre nella condizione in cui la mancanza di una maggioranza politicamente caratterizzata renderebbe insostenibile la continuazione per molti mesi dell’attuale assetto, cioè del rapporto che vige oggi tra una maggioranza sostanzialmente non politica e un governo dotato di una certa forza. Giorgetti forse non va sopravvalutato, forse non voleva arrivare a un cambio di maggioranza, cioè alla formazione di uno schieramento sì ampio, ma non con tutti dentro, e più esplicitamente impegnato alla realizzazione del piano nazionale di ripresa e alle riforme a esso legate. Ma, anche solo evocando un cambio della linea leghista, aveva messo le cose politiche in movimento. Da lì l’imposizione di un’abiura al consiglio federale, perché chiaramente era stata messa in discussione non solo la linea di Matteo Salvini ma anche il suo ruolo di comando. Ma, se non c’è spazio per l’innovazione proposta da Giorgetti (sui governatori non mettete troppe aspettative, oggi Luca Zaia, il più forte elettoralmente, ha detto che la Lega non è fatta per avere correnti e che è granitica), vuol dire che l’unico scenario possibile in questa legislatura è quello che, proprio in questi giorni, comincia a mostrarsi insostenibile anche nel breve periodo. La maggioranza non politica, non schierata, non caratterizzata, dove ci si batte per piazzare qualche minuscolo provvedimento di bandiera, non può reggere oltre qualche mese. Anche con Draghi a Palazzo Chigi sarebbe una situazione insostenibile, figuriamoci con un quasi-Draghi. Si dice che i parlamentari non vorrebbero mai anticipare il voto per ragioni pratiche e materiali e che, perciò, farebbero buon viso a qualunque imposizione utile a mantenere in vita un governo. Ma sarebbero i leader di partito a trovarsi in una condizione di limbo, se immaginiamo l’arrivo alla scadenza naturale, per un anno e mezzo. È davvero impensabile che possano tirare avanti fino al 2023 senza mostrare almeno un barlume di vita politica e, allora, andare alle urne, per quanto doloroso, sarebbe anche un modo per tentare di rifarsi credibilità e di darsi obiettivi, due cose, senza le quali, i partiti non possono esistere.

 

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

La terza dose di vaccino c’è per tutti, l’armadio è pieno. E l’Aifa si sta organizzando per la distribuzione in Italia anche del farmaco orale. La quarta ondata ci troverà organizzati (ma, come dicevamo ieri, attenti alla propaganda no vax e ai suoi corifei). In Germania faranno terza dose a tutti, passati sei mesi dalla seconda dose di qualunque vaccino precedente. Ci si adegua in Europa alla quarta ondata. Emmanuel Macron, per dirne uno, sembra pronto ad annunciare nuove restrizioni. E anche fuori. A Porto Rico, per dirne una, si va a scuola solo se vaccinati Covid.

 

Fatto #2

Anche fuori Roma si va a cena e questa certamente è una newsletter dal respiro nazionale (se non mondiale), ma permette che si stia un po’ ancora addosso alle cose romane, perché l’esperienza di Roberto Gualtieri alla guida del Campidoglio sta diventando una prova per capire cosa è replicabile sul piano nazionale di uno schema politico ormai quasi consolidato, ma del quale molto resta da capire. Allora, oggi c’è stata questa ottima iniziativa, ma con il solito difetto di non poggiare su progetti solidi. Perché raccogliere i rifiuti è certamente un passo necessario, tuttavia, non disponendo di tappeti sotto ai quali mettere la polvere, servirà poi un luogo, con impianti adeguati, per smaltirli. E, finché i sindaci di Roma non si impegnano direttamente per una campagna di responsabilizzazione con cui trovare il sostegno politico e sociale per realizzare impianti succederà che alle raccolte spettacolari seguiranno deludenti tour per cercare di piazzare i rifiuti altrove. E, dopo un po’, ci si stancherà di quei tour e termineranno le raccolte spettacolari. Più interessante, perciò, diventa capire quale mandato verrà affidato al nuovo amministratore delegato dell’Ama, l’azienda che a Roma si occupa della raccolta e, in parte, dello smaltimento dei rifiuti. La nomina è fresca di giornata.

 

Fatto #3

Arriva l’assegno unico per le famiglie con figli.

 

 

Oggi in pillole