DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Il metodo Draghi e le scadenze del Pnrr

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Le decisioni e saperle prendere. Ne abbiamo già parlato qualche cena fa. Il punto caratterizzante dello stile di Mario Draghi è nell’uso delle scadenze, spesso autoimposte, e che sapientemente usate si trasformano da vincolo in arma a vantaggio del governo. Perché fissando limiti all’arte del rinvio si mette la stramba maggioranza nelle condizioni di sbraitare ma non di fermare le decisioni. La fissazione di scadenze e il loro rispetto (con qualche piccolo margine, ovviamente) è un metodo tipico delle banche centrali. Serve a instradare analisi e decisioni su una successione logica, che permette a tutti di orientarsi. Succede così con il controverso, difficile, obbligo di green pass per accedere a tutti i luoghi di lavoro. Oggi il governo ne ha parlato anche con le regioni, per le questioni pratiche. Una nota a margine. Oggi il Sole 24 Ore, con l’esperto Giorgio Santilli, segnalava i ritardi nelle nomine, alcune di competenza del ministro Roberto Cingolani e altre del ministro Enrico Giovannini, in due comitati fondamentali per realizzare gli investimenti del Piano nazionale (si tratta della velocizzazione sia della valutazione di impatto ambientale sia delle autorizzazioni del sistema dei trasporti). Ma anche rendere pubblici questi ritardi, spiegando che Roberto Garofoli sta pressando, come sa fare, i ministri competenti, rientra nella strategia delle scadenze e del loro rispetto. Ci sarebbe da scommettere sul prossimo arrivo delle nomine e dell’operatività dei comitati.

 

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

Il problema sociale e sanitario dei non vaccinati, siamo sempre lì.

 

Fatto #2

Il fallimento della politica russa di contenimento del Covid, con l’imbarazzante diffusione del contagio nei massimi livelli di governo. Sì, era la linea che veniva lodata da Matteo Salvini e proposta per l’Italia.

 

Fatto #3

La Francia manda avanti da anni una sua politica interventista in Africa, dove le forze francesi sono, spesso, le più impegnate nel contrasto alle varie diramazioni qaediste. È importante notare che operazioni come l’eliminazione di uno dei capi della struttura terrorista in Africa segna anche una risposta forte, non rinunciataria, alle minacce rinnovate proprio nell’aula del processo dall’attentatore sopravvissuto agli attacchi a Parigi del 2015. L’uomo ucciso è ritenuto anche responsabile dell’uccisione di 4 soldati americani. Intanto, c’è anche il lavoro congiunto di Usa e Australia in funzione anti-cinese. C’è di mezzo anche una fornitura di sottomarini, con proprio la Francia a subire danni economici a causa del protagonismo americano. Sono cose che succedono, anche se i francesi sono così arrabbiati da parlare di “coltellata alle spalle” ricevuta dai paesi alleati.

 

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