(foto Ansa)

di cosa parlare stasera a cena

Il momento per tentare un congresso a cielo aperto

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Nicola Zingaretti fa uno scivolone verso un lessico ed espressioni un po’ corrivi quando definisce le sue (mezze) dimissioni “un passo di lato”, come ieri aveva esagerato, perdendo il controllo, e parlando nientemeno che di “vergogna” per l’andazzo del suo partito, al quale ha fatto sapere oggi di volersi iscrivere, cioè prenderne la tessera, lasciando sconcertato il povero cronista, ma poi si riprende quando parla da amministratore di una regione dove sta facendo benissimo nella campagna vaccinale. Comunque, lasciamo stare i passi di lato, le vergogne, le tessere di partito da prendere DOPO aver fatto il segretario, e vediamo cosa succede con la faccenda delle dimissioni. È diventato evidente, e questo è l’apporto positivo del clamore creato da Zingaretti, che la ricostruzione di un bel pezzo della politica italiana passa dai tormenti del Pd. Si diceva ieri che ora c’è anche il piccolo vantaggio di un tempo sospeso, tanto al governo c’è Mario Draghi, per poter riflettere sul partito, ed è il momento per tentare una specie di congresso a cielo aperto, una versione allargata di quello che aveva chiesto Zingaretti, per tentare davvero di portare energie nuove nel Pd, aprirlo al suo elettorato più attivo (non solo con le primarie), arricchirlo. Se ne parlava oggi sul Foglio ed era un buon punto da cui cominciare anche per una chiacchierata a cena. Però, anche a beneficio del dibattito, si dovrebbe sgombrare il campo dal sondaggio che ha imperversato per giorni e che era basato, secondo quanto detto dagli stessi sondaggisti, su una domanda che metteva al centro il ruolo di Giuseppe Conte e non le intenzioni di voto. In quel sondaggio si dava, uno spaventoso 14% al Pd, ma, appunto, non andava preso come valutazione per il partito. E oggi i nuovi sondaggi pubblicati mettono il partito di Zingaretti (vabbè, dell’uscente Zingaretti) appena sopra al 19 per cento nelle intenzioni di voto e sopra al 17% quando alla domanda si aggiunge una specifica considerazione sul futuro ruolo di Conte. Niente di speciale, ma neppure quella Caporetto di cui si è discusso per una settimana. Tutto questo, poi, va letto con un minimo di memoria storica e ponderandolo rispetto a un paese che nel marzo del 2018 alle politiche ha dato ai 5 stelle il 32,7% e al Pd il 18,7%. 

 

Le tre "cose" principali 

Fatto #1 

Se mai c’è stata una lontanissima speranza di un’inchiesta corretta e attendibile sull’omicidio dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista congolese che li accompagnava, Mustafa Milambo, ora le probabilità di indagini decenti sono precipitate, mentre la lista delle vittime di quel maledetto trasferimento lungo una strada definita sicura dallOnu si allunga. Oggi è stato ucciso il magistrato responsabile delle indagini. E ancora di più si vede come la locale missione di pace dell’Onu, la più imponente di tutto il mondo, non solo non stia funzionando ma non riesca a garantire il minimo controllo del territorio. 

 

Fatto #2 

Ecco i vari subgoverni al lavoro. C’è quello di Matteo Salvini, molto attivo in politica estera, con i suoi incontri a caccia di partite di vaccini (un consiglio: attento agli intermediari, però) con ambasciatori e altri rappresentanti di stati terzi, e ora a rispondere al subgoverno Salvini è il subgoverno di Luigi Di Maio, un po’ come succedeva nel Conte 1. E Di Maio si attacca a una serie di piccolezze, ce ne scusino i diretti interessati, finite, come logico per la loro importanza, nel Milleproroghe. E rivendica, il ministro degli esteri e non-si-sa-cosa del movimento 5 stelle, una serie di successi millennial prorogati. Ma poi si va un po’ a incasinare con la guerra autarchica sui vaccini. Parte all’attacco e ne spara qualcuna delle sue. Salvo poi, forse per intervento della dirigenza ministeriale e dei diplomatici, recuperare un linguaggio e concetti consoni ai rapporti internazionali e su un caso complesso e controverso. Perché l’Italia non ha proprio del tutto ragione e, soprattutto, hanno molte ragioni paesi terzi, come l’Uk, e, tra l’altro, produttori diretti di vaccini (se fanno gli autarchici loro, buonanotte). E comunque l’enfasi spietata sui ritardi produttivi andrebbe contemperata con il riconoscimento di un risultato straordinario: quello di averli avuti, i vaccini, in meno di un anno. Ma su questo, e sullo sforzo fatto  (e i rischi presi, anche economici) da AstraZeneca tra gli altri, si tende a glissare subito le correzioni, sia sulle regole europee sia sulla genericità delle accuse alle “case farmaceutiche” (roba da grillino medio). 

 

Fatto #3 

Ecco in che termini le cose stanno peggiorando, ma anche i primi segnali di qualche effetto della campagna vaccinale (ah, l’Italia è arrivata a 5 milioni di persone vaccinate). Quindi arrivano i provvedimenti per le regioni. La Campania è zona rossa (attese anche le Marche e anche molti territori corrispondenti a varie province confinanti ma di regioni diverse), mentre anche il presidente Vincenzo De Luca si butta sulla politica industriale e vuole produrre vaccini, immaginiamo con ciclo completo, direttamente in regione. Vuole mettersi in proprio e stanzia milioni per riconvertire aziende (come se non sapessero da sole cosa produrre e quando produrlo). E la Sardegna si tutela

 

Oggi in pillole 

- Il piano americano di ripartenza in pochissimi punti.

- Le morti per Covid tra gli anziani nascoste dalle autorità americane, accusato è il governatore Andrew Cuomo.

- Insomma, anche negli Usa, come ha mostrato il crollo elettorale di Donald Trump, la pandemia ha travolto gli equilibri politici e ha modificato il peso dei due principali partiti, oltre a riscrivere, se non vi sembra eccessivo, un pezzo di contratto sociale, per cui gli elettori hanno cominciato a desiderare dagli eletti prima di tutto la capacità di affrontare la questione sanitaria. E se allora avesse ragione Bill Kristol a proporre questa analisi un po’ all’europea se non proprio all’italiana? Perché per un posto importante come quello di governatore dello stato di New York si starebbero preparando, in entrambi i campi, candidati talmente invotabili (per Cuomo e suoi amici democratici vedi su) da aprire la strada a un indipendente, magari pronto a presentarsi come solutore di problemi e con piglio ed efficienza militari.

- Non proprio uno scoop (vista la situazione generale), ma è sempre utile avere appigli numerici: sì, succede che in gennaio le vendite al dettaglio sono calate.

- L’Irlanda, esportando a più non posso, è riuscita a crescere anche nell’anno della pandemia.

- Forse non c’è la bolla delle Borse.

- La vita di Carlo Tognoli, sindaco di una Milano ragionevolmente felice, ministro, socialista.

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