di cosa parlare stasera a cena

Autarchie vaccinali e subbugli politici

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Ecco, anche per tenere a bada i putiniani in servizio permanente, come l’Ema comincia, pur non avendo ricevuto richiesta formale, le varie verifiche di efficienza e sicurezza del vaccino Sputnik V. Come per gli altri farmaci anti-Covid le condizioni di emergenza hanno portato a usare la procedura rolling, cioè facendo diversi controlli non in serie ma in parallelo. È un metodo che si è usato anche in passato e anche per altri farmaci. Da chiarire ancora, ma esula dalle competenze di Ema, il vero livello di capacità produttiva in Russia, dal momento che dai dati ufficiali la sanità russa è, di suo, molto indietro con le vaccinazioni anche rispetto all’Europa e perciò potrebbe avere bisogno di esaurire nei confini nazionali gran parte della produzione vaccinale. L’Ema ha però il diritto/dovere di controllare la qualità e affidabilità degli impianti di produzione, anche se, in casi di sperimentata presenza in filiere certificate, può esserci qualche forma di mutuo riconoscimento, cioè di accettazione piena delle autorizzazioni nazionali anche in ambito internazionale

  

In Italia si procede verso la capacità produttiva nazionale di vaccini dando come scadenza per l’avvio del ciclo completo la fine del 2021. Sull’autarchia vaccinale però sono legittime e dovute un po’ di considerazioni. Perché in Italia, da qualche anno ormai, una voce robusta e crescente dell’export è proprio nella produzione di farmaci. Le aziende italiane, o meglio le aziende di altri paesi, prevalentemente Usa e Uk presenti in Italia, si sono specializzate nella parte, come dire, manifatturiera, sia per i principi attivi sia per tutto il resto, il farmaco è un prodotto complesso e nulla è lasciato al caso, dalla forma e sicurezza delle confezioni (pensate solo ai tappi che devono reggere ma non devono essere troppo facili da aprire per evitare rischi ai bambini), al sapore, sì il sapore, delle pillole, alla catena del freddo e alla sua gestione. Le aziende italiane fanno parte di una filiera integrata mondiale, in cui ci si è un po’ divisi i compiti. Logico che ci si batta per avere più spazio in questa filiera. Il primo punto sarebbe quello di entrare con più forza nella parte a monte, quella della ricerca e sviluppo, cioè la individuazione di nuovi farmaci, di nuove molecole o di biofarmaci. Benissimo, lì ci sono i maggiori profitti, ma servono anche fortissimi investimenti, che possono anche andare a vuoto, quindi ci vogliono spalle finanziarie larghissime, e una integrazione completa con il mondo universitario e ospedaliero, perché solo con il loro contributo la ricerca può funzionare. Si può fare, certo, ma ci si può legittimamente chiedere perché farlo solo per i vaccini, anzi per un vaccino, invece di sfruttare, per il caso specifico delle immunizzazioni anti-Covid, l’integrazione efficiente nella filiera mondiale. Comunque il governo avrebbe intenzione di mettere circa 500 milioni come capitale pubblico per fondare un polo nazionale dei vaccini. Somma notevole a prima vista ma, in realtà, proporzionata solo alle necessità minime iniziali, perché solo lo sviluppo di una nuova molecola costa circa 1 miliardo. E poi, un paese esportatore nel settore farmaceutico, ha interesse a diventare autarchico? Non tanto, perché la risposta potrebbe essere l’instaurazione di autarchie anche altrove, e allora, per definizione, l’export si ridurrebbe, portandosi via il saldo attivo italiano nel commercio internazionale dei farmaci. A proposito, ma parlando di un investimento e di attività partite da tempo e rafforzate per Covid, parte oggi la sperimentazione degli anticorpi monoclonali sviluppati e prodotti in Italia. Verranno dati a pazienti con infezione Covid e si verificherà la risposta immunitaria a infezione già avviata

 

E poi oltre all’autarchia c’è anche il blocco dell’export, e ribadiamo che è un gioco pericoloso per un paese tipicamente esportatore

  

Intanto l’autorità inglese del farmaco avvia nuovi metodi ancora più rapidi per le autorizzazioni dei vaccini contro le varianti

   

Mentre la Germania sta per autorizzare l’uso di AstraZeneca anche per chi ha più di 65 anni. E comunque ha ragione Thierry Breton, commissario con delega alla questione vaccini, e la mette anche chiara e semplice: “nessun paese nella strategia vaccinale può ritenersi autonomo”. Adesso però il ministro Giancarlo Giorgetti, che ha appena visto Breton ottenendo questa netta precisazione, dovrebbe staccare per qualche ora il telefono per non ricevere telefonate di Salvini. E poi i risultati che ci sono e che non vanno proprio schifati, come nel caso del milione di vaccinati nella popolazione sopra agli 80 anni di età

  

Parlando con i sindacati, invece, il governo ha concordato sull’idea di avviare la vaccinazione all’interno delle aziende. A occhio sembra più una delle tante idee carine ma da lasciar poi perdere. Intanto perché non si capisce più quali saranno i criteri di priorità tra lavoratori e poi perché non si vede con chiarezza il vantaggio logistico di spostare squadre di vaccinatori in tante aziende invece di spostare gruppi di lavoratori a turno presso centri vaccinali (magari diffusi o presso medici di famiglia come sarà possibile per AstraZeneca e Johnson & Johnson e in futuro per vari altri).

   

Le tre "cose" principali

Fatto #1

Il patto di stabilità tornerà, ma sarà tutta un’altra cosa. Per Valdis Dombrovskis va tolto l’uso di parametri come l’aggiustamento strutturale o l’output gap (automaticamente vincolanti rispetto a valutazioni un po’ astratte, come la capacità produttiva), e invece si passerà a criteri di valutazione più legati alle destinazioni di spesa e alla loro capacità di produrre benefici per l’economia. Si può dire che questo è uno sviluppo logico della condivisione del debito. Perché si passa da una posizione arcigna, come se si tratti di un finanziamento chiesto in banca non avendo ottime garanzie, in cui ciascuno paese controllava gli altri e cercava a priori metodi di valutazione per non correre rischi (che poi non funzionano mai, come ha dimostrato il caso greco), a una gestione collaborativa. Non è intuitivo, ma il debito posto (anche se solo parzialmente) in comune ha l’effetto di rendere i controlli reciproci più intelligenti, più proiettati verso una gestione di politica economica e non di rigore finanziario e basta. Però la povertà avanza e non c’è strumento di politica economica, sussidio, intervento assistenziale, che tenga, almeno nell’immediato.

   

Per capire cos’è Next Generation Eu e come potrebbe funzionare, anche per alleviare i problemi indicati sopra, la guida preparata da Irene Tinagli.

    

Fatto #2
Le cose peggiorano e le restrizioni aumentano. Il silenzio di Mario Draghi ha un solo pregio sicuro: costringe i leader di partito a parlare della crisi sanitaria. E sì, certo, c’è Matteo Salvini che cincischia, che fa il gradasso, non vota i decreti con le restrizioni, vuole andare a cena al ristorante, ok. Però, più va avanti il silenzio più la voce di Salvini rimbomba, appunto, nel vuoto, e se ne sente l’eco non proprio esaltante.

   

La Sardegna va invece felicemente per conto suo, ma attenti a Sassari e dintorni.

  

Fatto #3

Nicola Zingaretti mette tutto in movimento con l’annuncio repentino di dimissioni, “per fermare lo stillicidio” dice, e apre la stagione congressuale. Per il Pd effettivamente ora c’è un tempo politicamente vuoto, a causa del sostegno da dare senza troppi distinguo al governo Draghi. Ma, appunto, mentre si sostiene il governo si può e si deve ragionare su cosa fare in casa propria

  

Se ne avete voglia ecco la linea che Beppe Grillo dà ai 5 stelle. Il tono è cambiato da tempo ma ormai c’è una maggiore padronanza della prosa democristiana. Forse è un effetto dell’aver fatto l’apprendistato politico e pubblico negli anni Ottanta salvo poi ritirarsi per un bel po’ nell’antipolitica. Quando si torna sulla scena si tende a ripescare il linguaggio appreso inizialmente, come le famiglie di emigrati italiani che alla terza generazione parlano un italiano cristallizzato all’inizio del Novecento. E quindi Grillo, volendo fare un po’ davvero il politico, parla come un democristiano che nel 1983 voleva mostrare magari disinvoltura ma sempre dentro a certi canoni. In ogni caso qui si spiega perché i 5 stelle continueranno a sostenere Draghi, senza disturbare fino al 2050, e che peso danno alle scelte di Roberto Cingolani e al suo ministero, in che modo intendono avviarsi al cambio non tanto di linea quanto di sostanza, da partito anti-sistema a componente a pieno titolo della rappresentanza politica italiana, pro quota, e questa è la grande novità, cioè senza più ambizioni egemoniche (arrendetevi, siete circondati, e altre cretinate del genere)

  

E il governo stasera decide di rinviare le elezioni amministrative

   

Oggi in pillole