Justin Trudeau e la moglie Sophie Gregoire (foto LaPresse)

La brutta reazione delle Borse e la quarantena di Trudeau

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Mi raccomando non parlate di Matteo Salvini, anche se siete asintomatici non statelo a sentire per 14 giorni e poi vediamo, magari dopo va meglio.

 

 

Sì, viene subito una voglia fortissima di risentire il forte e chiaro (e fondatamente minaccioso) richiamo di Mario Draghi a chi voleva continuare a guadagnare dal calo di valore dei Btp e degli altri titoli europei periferici rispetto alla forza del Bund tedesco. E il suo uso ultimativo della politica monetaria contro gli attacchi che portavano eccessi di squilibrio sui mercati finanziari. Tutto bene, fu davvero fantastico. Adesso c'è una malcapitata Christine Lagarde e deve misurarsi con un attacco apparentemente simile a quello del 2011. Prova, dice cose, fa una conferenza stampa in cui una frase diventa il problema. Il succo dell'affermazione è che sta alla politica fiscale, cioè ai governi europei, e non alla banca centrale risolvere davvero questo intreccio tra crisi sanitaria e crollo dei mercati. E il corollario è che lei non è lì per avvicinare gli spread ma ha altri compiti. In tanti, tantissimi, la criticano pesantemente, dicendo che con questo atteggiamento poco interventista o addirittura rinunciatario, dà una mazzata alla fiducia (cioè alla benzina dei mercati), dà il via libera alle vendite, alla fuga dagli investimenti, con effetti poi duraturi e capaci di danneggiare in profondità le aziende e il sistema produttivo e di zavorrare consumi e investimenti. Però, se volete tentare a cena un'analisi che prescinda dall'attribuzione di doti taumaturgiche a Draghi, forse questa crisi è semplicemente diversa dal quelle del 2008 e 2011. Non nasce nella finanza, non è determinata dalla perdita di valore di titoli come quelli intossicati dai mutui subprime, né da squilibri improvvisi come quelli portati dalla quasi bancarotta greca. E' una crisi di fiducia, di paura ed è anche una crisi dell'economia reale (se si fermano o quasi i trasporti internazionali, sia pure per un periodo limitato, e se le aziende rallentano la produzione, qualche problema arriva e i tassi di interesse o il quantitative easing possono fare relativamente poco). Mentre forse, azzardiamo a pensare come sta pensando Lagarde, i governi potrebbero fare qualcosa, e tra l'altro, con il piano da 25 miliardi, sembrerebbe proprio che la strada sia quella battuta dal governo italiano. La banca centrale semmai, di fronte a un piano europeo di spesa in deficit per sostenere l'economia, potrebbe accompagnare, dopo, con una politica monetaria accomodante.

 

 

Altri osservatori sono meno presi dalla questione spread.

 

 

In ogni caso il calo degli indici di Borsa è di tutta l'Europa, con Milano che svetta segnando un terribile -14,5% per il Ftse MIb.

 

 

I problemi dell'economia reale sono questi, e la banca centrale onestamente può poco.

 

 

E sono questi altri, i problemi. Sindacati e confindustria stanno correndo per tentare di mettere in sicurezza la parte essenziale del lavoro manifatturiero, per evitare che si fermi. E' una partita difficile, perché occorre governare anche e soprattutto le comprensibili, umanissime, paure di chi deve frequentare un luogo di lavoro assieme ai colleghi. E i leader sindacali, questa volta, devono davvero dimostrare di avere una capacità di mobilitazione e di convinzione, e devono farlo in poche ore, entro domani, quando saranno in videoconferenza con Palazzo Chigi. Nelle fabbriche la situazione non deve sfuggire di mano, dando spazio solo a iniziative locali, estemporanee, guidate solo dalla paura. E' una partita vitale.

 

Tanto state a casa e non avete niente da fare. Quindi potete permettervi un lungo ascolto, più di un'ora effettivamente, dell'audizione presso un comitato parlamentare del più ascoltato esperto inglese di virologia. Il professor Chris Whitty spiega perché in UK, sostanzialmente, faranno quasi niente per contrastare la diffusione del covid-19 e perché dal loro modo di interpretare i dati non emerge la necessità di specifici piani di emergenza. Grazie a Giorgio Gilestro per aver reso disponibile questi contenuti e per le sue considerazioni allegate. Whitty, tra varie cose, dice che è cruciale la scelta del giusto momento in cui intervenire con misure di speciale impatto, perché la tutela della continuità delle attività economiche e sociali è altrettanto importante della protezione assoluta rispetto alla diffusione dei contagi.

  

Ma sono gli stessi legislatori britannici a fornire un campione molto preoccupante sulla capacità di diffusione del virus, tra un po' riunire un numero sufficiente di parlamentari e quindi prendere le decisioni per il paese diventerà un esercizio rischioso.

 

 

Donald Trump non sa che fare.

 

  

Eppure gli irlandesi son lì davanti, ma sembrano in un altro mondo.

 

 

In Spagna è affare di governo, nel senso immediato del termine (come in Uk peraltro, dove un ministro risultava positivo).

 

 

Dalla Francia una saggia domanda (invece delle stupide tirate contro l'Italia dei portavoce dell'Eliseo).

 

 

In Canada si va dritti in quarantena (Justin Trudeau e moglie).

 

 

Questi sono comportamenti scorretti, perché servono più a creare problemi per l'export che a tutelare davvero la salute dei cittadini. E Confindustria ha chiesto all'Europa di sanzionare l'Austria per irregolare sospensione delle regole sulla circolazione delle persone e delle merci. Il certificato di "negatività" ha poco senso medico e creerebbe molti più problemi di quelli che in teoria risolve.

 

 

Che succede nell'altra frontiera calda, la Corea del Sud, dove da tempo sono in atto misure molto rigide e un controllo capillare dei contagiati.