foto LaPresse

Di cosa parlare stasera a cena

Il nuovo scontro su Rixi e gli errori di Travaglio

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Ora che è finita questa stramba, insolita, concessione di extratime, di injury time, al governo per affrontare le questioni obbligatorie (non parliamo di quelle magari innovative, frutto di visione, di programma a lungo temine, ma proprio di quelle obbligatorie, come certi esercizi nelle prove di ginnastica o di tuffi) si può cominciare a chiedere conto della situazione riguardo alla produzione legislativa e alla politica economica per la parte che attiene i conti pubblici. Lo fa Confindustria, disponibile al confronto, pragmatica, ma anche legittimamente un po' preoccupata, con un intervento della sua direttrice generale, Marcella Panucci.

 

E invece no, si va avanti con le affermazioni sfidanti, avventate, senza senso economico e finanziario.

 

E quindi qualche analisi sui rischi di questo giochino ormai non spiegabile neppure con la scadenza elettorale.

 

Questa brutta vicenda del sottosegretario Rixi, prossimo a un giudizio da parte della magistratura per fatti che attengono all'attività amministrativa e quindi ritenuti di speciale gravità dal socio di governo perdente alle elezioni europee ma maggioritario nel parlamento italiano, il Movimento dimaiano, al momento ancora tale. Il voto in realtà anziché portare un accordo tra chi chiede le dimissioni e chi non vuole che vengano date ha reso le cose ancora più complesse, perché tutto ora è legato a scelte di grande impatto simbolico proprio in relazione al voto del 26 maggio. Perché i dimaiani, già grillini, non possono mollare su un tema che loro stessi, forse con poca scaltrezza, hanno trasformato nella loro bandiera, quella della versione stracciona della questione morale. E non possono farlo proprio perché hanno perso le elezioni e quindi devono recuperare non solo consensi ma anche immagine. Allo stesso modo i leghisti, che le elezioni le hanno vinte, non potrebbero dare un peggiore benvenuto ai loro nuovi supporter di quello fatto con un cedimento alla furia dimaiana/travagliesca.

  

Allora, quando si imparano i concetti male, a orecchio, di straforo, alla fine le debolezze e le sciatterie emergono. E' giusto certamente tentare di accelerare il cammino amministrativo delle opere pubbliche da realizzare, ma, banalmente, bisogna saperlo fare. Altrimenti si trovano le soluzioni facili, da conversazione al bar, e si combinano grossi guai non con temi marginali ma, nel caso specifico, con la vita delle persone, con il loro lavoro, con le imprese. Lo hanno detto oggi i sindacati, davanti a Montecitorio, a proposito del cosiddetto sblocca-cantieri.

  

A cena un po' si può, ma non esagerate nelle analisi del voto sulle divisioni città/campagna o centro/periferie, vanno bene per chiacchiere da aperitivo, neanche da cena. Per passare a qualcosa di più proficua servono lavoro e competenza. Come promette di fare questo studio, in arrivo però in estate, con cui potremo avere una serie di chiavi interpretative per il fenomeno della scissione elettorale classica (città/campagna è una costante) ma declinata alla nostra condizione attuale.

 

Il non appariscente, garbato, corretto, neo presidente del Piemonte.

 

Ormai è diventato un gioco quello di farsi due risate sugli schieramenti politici di Marco Travaglio e non perché non ne indovina una (e chi potrebbe dire di indovinare, invece?) ma ovviamente per lo stile saccente, per il distillato di presunzione con cui condisce le sue analisi. Dalle quali poi emerge sempre e solo che i 5 stelle sono il perno degli equilibri politici italiani e sbaglia chi non l'ha capito e non si acconcia a quello schema. Ora lo prendono in giro anche dal Pd (già oggetto delle contumelie travagliesche e una volta tanto pronto a restituire il colpo).

 

Le beghe interne nel partito guidato dall'inamovibile Di Maio sono uno spasso a parte, oggi c'è una dichiarazione di Gianluigi Paragone che lo porta subito, come dire, fuori dalla gabbia, ma non solo, si direbbe proprio che lo illumina di garbo forlaniano e fa di lui, certamente, il nostro democristianone della settimana. Ecco, per non sprecare altro tempo, come Paragone, uso ai modi bruschi e diretti, prende di petto la questione della leadership dimaiana, senza giri di parole e senza codardi ossequi. Ecco a voi la lode della "generosità di Luigi Di Maio", intesa però come la generosità che a volta si imputava a Ciccio Graziani.

  

E poi c'è Toti che litiga con Berlusconi e tutto il muoversi senza muoversi troppo all'interno di Forza Italia.

 

Allora Macron deve solo districarsi tra le calorie, ma è al centro della politica europea e sta trattando per il suo paese, Merkel nel frattempo fa un bilaterale con Sanchez per parlare di nomine importanti. Insomma chi non è sovranista scemo lavora e costruisce legami, gli altri, appunto, stanno lì a insultare a distanza.

 

Però le cose divertenti, che svoltano le cene (come si dice a Roma), sono altre. E quindi ecco il meraviglioso trio di italiani al Bilderberg quest'anno, che meglio assortirlo non si poteva, e decidete voi come incasellare ciascuno dei tre, mentre i complottisti andranno in corto circuito, si scaglieranno scie chimiche tra loro, impazziranno di disorientamento. Tra non complottisti stupore e divertimento garantiti e conversazione che decolla.

 

Dove, in modo pianificato, si muore di fame

 

Intanto sul Mortirolo Vincenzo Nibali prova a ribaltare il Giro d'Italia 2019. La maglia rosa Richard Carapaz si salva, Primoz Roglic perde quasi un minuto e mezzo. A Ponte di Legno a vincere è Giulio Ciccone che era partito in fuga al mattino e ha costruito il suo vantaggio sulla Montagna Pantani. E domani ci sarà ancora salita.