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Di cosa parlare stasera a cena

L'indagine su Frongia e i dati sul lavoro

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Ouesseynou Sy comincia a spiegare, si fa per dire, le ragioni del suo atto criminale, della sua tentata strage di bambini. Un ordito si può faticosamente individuare tra le sue confuse affermazioni e sembrerebbe riportare a un ambito tra le contestazioni anti coloniali (di quelle tardive però, non legate ai movimenti di liberazione degli anni '60, diciamo qualcosa dalle parti degli attacchi ripresi da ultimo da esponenti politici italiani contro il franco coloniale francese e alla politica monetaria che ne consegue) e una rimasticatura dei già semplificatori concetti leghisti sul blocco delle partenze via mare e sul futuro da assicurare agli africani che rimangono in Africa.

 

Ma c'è anche il genio della casualità, per cui l'attentatore era un cittadino italiano e l'eroe un bambino nato in Italia ma privo di cittadinanza per la mancanza dello Ius soli. E quindi ecco i due vicepresidenti correre ai ripari, perché, insomma, ne andava della faccia, e dividersi i compiti. Con la legge che hanno violentemente contrastato e bocciato questo sarebbe stato un diritto del bambino, senza bisogno di questo atto di clemenza, che, avendo qualcosa di regale, non si adatta certamente ai Di Maio e Salvini.

 

Ah dice che Salvini ieri da Vespa sparava numeri discutibili sugli effetti delle sue politiche migratorie (che poi quali sono queste politiche migratorie?).

 

C'è anche Daniele Frongia, grande alleato di Virginia Raggi, tra gli indagati per corruzione nella vicenda dello stadio della Roma. Eccolo con le arance della nemesi, il frutto della sfortuna.

 

Frongia, (diventerà rapidamente anche lui un ex 5 stelle?), è l'anima di quel poco di politica che il movimento dimaiano riesce a tenere in piedi a Roma. L'unico, a parte i proconsoli livornesi (ma poi che avranno di speciale a Livorno?), che prova a prendere qualche mezza decisione. Relegato allo sport, dopo essere stato anche vicesindaco, si è ritrovato comunque centrale avendo per le mani il dossier sull'unica grande opera di questa giunta esecranda, ovvero lo #stadiofattobene e quindi il progetto #famostostadio.

 

Marcello De Vito, intanto, è fiducioso, l'autorevole e storico esponente dei 5 stelle (al momento dei fatti contestati, s'intende), poi espulso per decreto dimaiano motu proprio (ma dopo il clamoroso arresto), ha avuto il suo primo interrogatorio senza dichiarazioni di rilievo, avvalendosi anzi proprio della nota facoltà di starsene zitto. Dall'inchiesta arrivano indicazioni maggiori sui rapporti tra alcune aziende di costruzioni e l'ex candidato sindaco a 5 stelle. Intanto l'eminente attivista 5 stelle (sempre all'epoca dei fatti contestati, s'intende) riceve scarsi o nulli attestati di solidarietà dal movimento in cui ha militato per anni, fino all'interdetto dimaiano. Perfino i suoi familiari, sua moglie, già assessore in un municipio guidato proprio dal movimento politico in cui De Vito si è a lungo impegnato fino alla recentissima espulsione, e sua sorella, consigliere regionale nel movimento in cui militava lo stesso Marcello prima di esserne improvvisamente espulso, lo nominano a malapena, senza addurre elementi rilevanti a sua difesa e tantomeno contestano la decisione repentina con cui il capo politico del movimento fondato dallo stesso capo politico, cioè Luigi Di Maio, lo ha messo fuori dagli adepti pur dopo una lunga e fattiva militanza. Ma attenzione alle conseguenze generali, politiche, nazionali, di tutta questa melma. Perché si è sempre detto che la giunta Raggi, per quanto fosse quello che è, doveva essere difesa dai già grillini ora dimaiani fino allo stremo, pena il crollo di tutti gli equilibri politici anche fuori dal raccordo anulare.

  

Vicino a Roma, salendo appena sui Colli Albani, detti castelli romani, c'è Genzano, dove fanno un ottimo pane, quello che dura tanto, e fanno anche,  ma meno durevoli, giunte a 5 stelle.

 

A Roma, scusate sembra una fissazione oggi, cede un'altra scala mobile della metropolitana, succede alla fermata di Piazza Barberini, tra l'altro specialmente cara a dicosaparlare, dove un gradino non regge, manda in crisi tutta la struttura e fa scivolare chi stava salendo. Solo piccole contusioni ma ovviamente tantissima paura, e impianto subito bloccato e, per sicurezza, chiusa l'intera stazione. Ricordiamo che sulla stessa linea è ferma da ottobre la fermata contigua, quella di Piazza della Repubblica, quindi ora si salta direttamente da Termini a piazza di Spagna. Viene privata così del servizio essenziale una vasta zona della capitale, e proprio in un'ora ad alta densità lavorativa e turistica, una zona piena di ministeri, altri uffici pubblici, rappresentanze estere, uffici finanziari, sedi associative, grandi giornali- E anche turisticamente importante. Si diceva da mesi che l'Atac non investe a sufficienza e che non riesce a star dietro alla manutenzione, come dimostra anche la cadenza aumentata per gli episodi di autobus in fiamme. Ricordiamo en passant che la sindaca Raggi si oppose al rederendum sulla messa a gara di alcuni servizi di trasporto ora in monopolio e che disse "no" anche alla possibilità di partecipazione nella gestione del trasporto pubblico a Roma da parte di Ferrovie dello Stato (interessata, tra l'altro, al completamento dell'anello ferroviario attorno alla capitale, che andrebbe solo ultimato per pochi chilometri). Per Raggi invece fu un trionfo, da festeggiare, l'accesso dell'Atac alla procedura di concordato presso il tribunale. Ora la sindaca, come sempre arrabbiatissima quando a Roma avvengono guai, dice di star valutando la revoca dell'incarico ai manutentori, ma non specifica chi siano, e quale sia il contratto eventuale che li lega ad Atac (per quanto se ne sa si tratta, invece, di una parte dell'Atac stessa). L'assessore Meleo invece fa sapere che sta monitorando la situazione.

 

In tutto ciò si votava per la sfiducia a Toninelli e lui in aula rispondeva parlando di un'iniziativa lodevole ma non attuale, quella sulla portabilità delle targhe auto e moto. Comunque si è strillato e gesticolato molto, anche con efficaci rappresentazioni mimiche.

 

Se proprio avete voglia ci sono anche i dati Inps sul lavoro, il governo fa un po' di propaganda ma voi leggete anche roba non ispirata agli obiettivi della maggioranza.

 

Quando ci sono due vicepresidenti ed entrambi vogliono comandare va a finire male.

 

Ma più divertente è la Brexit, con le sue ultime contorsioni. Insomma, si starebbe cercando un accordo improbabilissimo per far sì che la proroga finisca nella prima metà di aprile e scongiurare il voto nel Regno Unito alle elezioni europee di maggio. Quindi se qui è tutto un gridare "dopo le europee", a Bruxelles, parlando di Regno Unito, il motto è "prima delle europee". Però un qualunque medio esperto in proroghe vi direbbe che una ventina di giorni, come sembrerebbe l'intenzione, sono una cosa proprio misera, una proroga da niente. E cosa farebbe pensare che il governo o il parlamento o chi cavolo comanda ora in UK riesca a trovare la soluzione per arrivare al deal entro una ventina di giorni? Urgono quindi ormai proposte swiftiane, con brexiteers dati in pasto a tifosi del remain per cambiare gli equilibri politici, o, meno cruenta, con l'annessione dell'intero Regno Unito alla Repubblica d'Irlanda, superando così in un solo colpo sia il problema dell'Europa sia quello del backstop. Ovviamente il verbo è David Carretta, che arricchisce di una sua testimonianza anche la meravigliosa EU Porn di Peduzzi & Flammini. Divertente anche il tono con cui Emmanuel Macron strapazza gli inglesi.

  

A Roma c'è Xi Jinping, parlatene, anche citando il magnifico Makkox del Foglio di oggi.