Ansa

"Il nostro tempo"

La psicopatologia applicata alla guerra in Ucraina. Intervista a Luigi Zoja

Nicola Mirenzi

“L’unica per fermare il paranoico Putin è sparargli”, dice lo psicoanalista. Nel saggio Il nostro tempo, Zoja parte dal presupposto che l'uomo è mosso da sentimenti che spesso lo sovrastano e lo scaraventano lontano dalla razionalità: "Bisogna chiamare Hitler con il proprio nome e trattarlo di conseguenza"

Uno psicoanalista junghiano di talento come Luigi Zoja vede tre grandi personaggi sulla scena del teatro internazionale: “Il Paranoico, l’Eroe e il Traditore”. Sono le maschere di Putin, Zelensky e Trump nel dramma della guerra alle porte dell’Europa. “Chi verrà dopo di noi ci giudicherà severamente in base alla scelta di abbandonare o no gli ucraini alla mercé di uno psicopatico”. In libreria con Il nostro tempo (Bollati Boringhieri) – un saggio che esce dal recinto della clinica per entrare negli sconvolgimenti collettivi dell’attualità, partendo dal presupposto che la storia non è fatta solo di rapporti di forza, interessi consolidati, potere, come credono i cultori della geopolitica, ma che l’uomo è mosso da sentimenti che spesso lo sovrastano e lo scaraventano lontano dalla razionalità – Zoja dice che “ci sono dei momenti in cui bisogna avere le palle di chiamare Hitler con il proprio nome e di trattarlo di conseguenza”.

 

Hitler sarebbe Putin, checché raccontino i pacifisti, convinti che gli ucraini in fondo se la siano cercata, in combutta con il fu occidente. “E’ un tipico fenomeno di negazione. In psicoanalisi esiste una letteratura vastissima sull’argomento. Persone che non riescono a confrontarsi con la crudeltà – faccio un esempio – di un orco che aggredisce sessualmente un minore e perciò si difendono dall’angoscia del reale disconoscendo semplicemente la realtà, agendo come se non fosse successo nulla. Così i putiniani di fronte all’invasione della Russia. Parlano di un colpo di stato ucraino-americano nel 2014. Di manovre anti russe iniziate dopo la caduta dell’Unione sovietica. Di provocazioni Nato. Sono come gli inquisitori che al processo contro Galileo anziché guardare dentro il cannocchiale puntarono il dito contro colui che lo aveva usato per vedere com’erano le cose veramente”.

 

A settembre è stata l’ultima volta che Zoja è stato in Ucraina. “E mi manca già la serietà delle persone”. Gente che ogni giorno si muove tra la vita e la morte, sapendo che ogni scelta può essere decisiva. “Lì è l’esistenza vera, non nella nostra bolla”. Il suo rapporto con l’Ucraina è iniziato negli anni Dieci del secolo, quando da presidente della società psicoanalitica junghiana andò per la prima volta a Kyiv. Da allora non ha più smesso. A volte, anche insieme alla moglie, Eva Pattis, anche lei psicoanalista, che ha usato la tecnica di manipolazione della sabbia per curare i bambini del Donbas dai traumi della guerra a bassa intensità. Ecco perché quando la Russia ha invaso l’Ucraina, la loro casa milanese è diventata un rifugio per gli amici che scappavano dalle bombe di Putin. “Tre famiglie sono passate dalle nostre parti”.

 

Invece in Russia uno dei libri più politici di Zoja, Paranoia. La follia che fa la storia, è stato pubblicato da una piccola casa editrice coraggiosa perché l’editore che solitamente lo pubblicava gli ha fatto notare che il suo saggio parlava di “persone che sono ancora molto popolari in Russia”. Si riferiva a Stalin, uno dei protagonisti del libro, ancora oggi un modello per Putin. “Sono mesi che non riesco più a parlare con la mia editrice. Non so che fine abbia fatto. Se sia viva o morta”. Di questi russi che rischiano la vita per far uscire un libro raramente si parla quando ci si strugge per la grandezza dell’animo russo. Ipnotizzati piuttosto dal racconto del Cremlino e dalla sua visione della storia. “Putin descrive una Russia accerchiata da nemici che esiste solo nella sua mente. Un paese minacciato da un’Ucraina finita in mano a una classe dirigente nazista, spalleggiata da paesi europei che ‘come porcellini’ avrebbero eseguito prima gli ordini di guerra di Joe Biden e ora vorrebbero sabotare il piano di pace di Trump. Ovunque, la mente di Putin vede nemici. Dappertutto, trame contro la Russia. Atteggiamento tipico del paranoico”.

 

Secondo Zoja la paranoia è l’unica psicopatologia che può contagiare le masse, diventare collettiva. E’ successo con Hitler, che è riuscito a convincere i tedeschi che gli ebrei volessero distruggere la purezza tedesca. E’ successo con il Terrore comunista, dove tutto un popolo si è arruolato a stanare i nemici di classe, a volte fin dentro la propria famiglia. “Molte sono le similitudini tra l’uso politico della paranoia di Hitler e Stalin e quello di Putin”. Ma il punto oggi non è tanto l’analisi, quanto la terapia: si può fare qualcosa per fermare il paranoico? “In una clinica”, risponde Zoja, “i deliri di un paranoico vanno ascoltati e contenuti”. Ma qui siamo sul palcoscenico della storia. “E l’unica cosa che si può fare è sparargli, se non si vuole che continui a fare del male”. Trump però non è più di questo avviso. Il presidente americano è stanco della guerra. Vuole smettere di rifornire gli ucraini. “Perché pensa di contenere Putin dandogli quello che lui desidera”. Come uno psichiatra in manicomio. “Ma temo che non funzionerà. Trump sta rischiando il disonore per evitare la guerra. Ma, parafrasando Churchill, potrebbe avere il disonore oggi, e la guerra domani”.

Di più su questi argomenti: