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Meno libri liberi
La pessima idea del falò dei libri a Più Libri Più Liberi
Roberto Gualtieri fa di una scemenza un caso. Antifascismo da salotto. Chi autorizza gli “Ottanta purissimi” a stabilire che cosa si possa leggere o no?
Prendere i libri che dispiacciono, si giudicano cattivi o addirittura parte “di un progetto apologetico” (sic!) e farne un bel falò purificatore (Bücherverbrennungen è il termine tecnico, vale anche quando il fuochista è un fumettista) era già una pessima idea nel 1933, sulla Bebelplatz di Berlino, che a ogni buon conto è più bella del bidone vetrificato di Fuksas. Non bella come la biblioteca di Alessandria, e bruciarla perché conteneva libri cattivi fu la prima delle infamità culturali. Parlateci dell’Indice. Vietare i libri, inetto tentativo di decidere per gli altri cosa si possa leggere o no è un’idiozia. Il contrario di libertà e cultura. Che ci si mettano gli “Ottanta Purissimi”, come li chiama Andrea Romano, è il meno: basta leggere i nomi e sembra l’elenco delle comparse di La7. Che nel boicottaggio caschi mani e piedi il sindaco di Roma e patrocinatore Roberto Gualtieri, briffato dal suo assessore alla Cultura, l’ineffabile Smeriglio, è più grave: “C’è un punto di dissenso che non ci permette”, ha detto Smeriglio. Il dissenso dai libri, che sono per l’appunto più liberi di molte menti.
Invece di trasformare la presenza di una casa editrice sconosciuta in un caso di rilievo nazionale, Gualtieri avrebbe potuto consultare, anziché Massimiliano Smeriglio, un filologo niente affatto di destra, anzi che più a sinistra non si può, Luciano Canfora. (A proposito: Canfora ha appena firmato la prefazione a “Perché l’Occidente odia la Russia” di Hauke Ritz, uno che sostiene che l’Europa per salvarsi debba sottrarsi alla dipendenza dagli Stati Uniti”. A Fazi non rimprovera niente nessuno?). In ogni caso, Canfora che non è un ipocrita ha detto: “L’antifascismo da salotto fa ridere”. Giudizio netto: i libri non si censurano mai. Permettere alla casa editrice Passaggio nel bosco di partecipare alla kermesse editoriale romana “è stata la decisione giusta, mi pare ovvio”, ha detto all’Ansa Canfora: “Non siamo tornati alla Controriforma che aveva l’elenco dei libri proibiti”. Quanto all’appello degli Ottanta Purissimi, anche peggio: “Di solito chi firma gli appelli lo fa per esibire sé stessi, è una specie di malattia mentale delle primedonne… Non si combatte contro i rigurgiti o i ritorni del fascismo con i divieti, si fa facendo cultura, discutendo, vincendo politicamente, non con la censura che è molto comoda”. Il pepe Canfora lo mette in coda: firmare codesti appelli “serve anche a entrare finalmente nella prima pagina di qualche giornale, che è l’obiettivo supremo degli intellettuali di solito”. Zerocalcare? “Fatti suoi, avrà avuto da fare altrove”.
Trasformare la partecipazione di una casa editrice di destra, che pubblica persino libri riprovevoli come quelli di Léon Degrelle, creatore delle delle Waffen-SS vallone, in un’autorete politica – come era già successo ai tempi della crociata torinese contro l’editore Altaforte, vicino a CasaPound – è un risultato di cui i promotori saranno pure felici. Non è il punto più interessante. Più interessante, e grave, per chi voglia difendere un minimo di senso della libertà della cultura e della democrazia, e che ci sia – sempre più spesso – qualche Torquemada dell’editoria che pretenda di sapere o decidere che cosa i cittadini possano o non debbano leggere. Con quale autorità? Di solito sono quelli che non fiatano se invece Adelphi stampa Céline, punzecchia Canfora. Ma a parte Zerocalcare, uno che boicotta i festival del fumetto perché ci vanno degli israeliani, persino se sono israeliani che la pensano come lui, nell’elenco dei censori delle masse ci sono nomi come Alessandro Barbero: uno che si sente autorizzato, invece, a tenere concioni in cui divulga che l’Ucraina in fondo non esiste (risata) e che Putin fa le stesse cose dell’Occidente. Nazisti no, negazionisti sì? E’ strabiliante ci siano anche editori, come Minimum Fax: bella l’idea di chi pubblica libri di censurare i libri degli altri. Ma nel pregiato elenco c’è anche la piccola editrice Red Star Press, che ha in catalogo il Libretto rosso di Mao: uno che ha ammazzato 17 milioni di persone per un esperimento comunista sulla carestia. Lui sì?
Ci si prendesse la pazienza di scorrere il catalogo, tra titoli raccapriccianti e altri discutibili, fra i libri di Passaggio al bosco ci sono più idee che non su uno scaffale della Feltrinelli. Ci sono anche libri che farebbero bella figura nella libreria di un intellò di sinistra, come uno sulla Corea del Nord, specie se l’intellò è di quelli a tendenza antisionista: “Ho vissuto la resistenza palestinese”, storia di un fedayin. O l’apologetico (questo sì) “Il coraggio e fede. L’esempio del generale Qassem Soleimani nella lotta contro il terrorismo internazionale”. Una bibbia della tolleranza da distribuire nelle biblioteche di Gaza.
Nel 2021 un caso simile era accaduto anche alla Buchmesse di Francoforte, quando la scrittrice e attivista tedesca Jasmina Kuhne chiese la chiusura dello stand dell’editore di estrema destra Junge Europa. Alle polemiche che seguirono, con più coraggio dell’Aie e di Gualtieri, gli organizzatori della Fiera risposero: “Ci dispiace che alcuni autori abbiano cancellato le loro apparizioni, mancheranno le loro voci contro il razzismo e la loro difesa della diversità. La Fiera del Libro di Francoforte è sempre stata un luogo di discussione. La libertà di espressione e la libertà di pubblicazione sono la nostra massima priorità. Sono la base per il libero scambio nella nostra democrazia”. Jasmina Kuhnke si limitò a risponde: “La libertà di pensiero è un argomento obsoleto”. Forse è obsoleto proprio il pensiero, e non solo a Francoforte.
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