
La campagna pubblicitaria di Swisscom
Molto rumore per nulla
Tornare ai legnetti? Non va mai bene niente, neanche i racconti per bambini creati con l'AI
Nella campagna pubblicitaria di Swisscom, un genitore si fa aiutare dalla tecnologia per inventare una favola apposta per la figlia. Ora è un libro, forse sarà anche un film. Ma chiamarla artificiale sarebbe un delitto
Molto rumore per nulla. Come sempre capita quando si mettono di mezzo i genitori, gli educatori, gli autori e in questo caso anche i librai. Tutti contro il grande nemico, l’Intelligenza artificiale. L’originale campagna pubblicitaria di Swisscom, azienda di telecomunicazioni al 51 per cento proprietà della Confederazione svizzera, sta facendo parlare di sé. E non sono elogi, guai al nuovo.
Swisscom ha girato uno spot pubblicitario originale, e – dettaglio che sembra sfuggito ai nemici – femminista e libertario. Si intitola “La principessa mostro”, racconta un padre e una figlia di sei anni nel delicato momento dell’andare a dormire. Questa favola no, questa neppure, quest’altra uffa. Finché il genitore decide di inventare una apposta per Mia: smartphone alla mano, si aiuterà con l’intelligenza artificiale. La favola piace, ha successo, forse ne faranno un film. Per ora, c’è un piccolo libro che racconta la storia – stampato in 6.000 copie e distribuito negli Swisscom Shop.
Titolo: “La principessa mostro”, ovvero “scopri le tue possibilità”. In copertina una specie di piccolo yeti di pelo blu, con gonnellina rosa e coroncina in tinta. E’ Mia, la principessa che non vuol saperne di vestiti e di nastri e di sussurri. Preferisce urlare e appendersi ai lampadari. Vuole essere un mostro, e tale in cuor suo si sente. Corre nella foresta dove vivono i mostri. Incontra il mostro peloso Grollo, che la respinge. Troppo perbene.
Mia si mette a urlare, si sporca di fango, e siccome i mostri si aiutano tra loro salva un piccolo drago imprigionato in un crepaccio. ll draghetto sputa un po’ di fuoco in segno di ringraziamento, e a Mia succede una cosa strana: le mani diventano più forti, i denti più appuntiti, la pelle diventa blu. Resta il gonnellino rosa – del resto anche quando l’incredibile Hulk diventava un mostro verde, la camicia si lacerava ma i pantaloni diventavano bermuda, contro ogni logica. “Ho scoperto chi sono”, spiega alla regina madre.
Morale della favola – chiamarla artificiale sarebbe davvero un delitto: “Scopri le tue possibilità e diventa chi sei veramente”. Un po’ “liberi tutti” e di questi tempi non se ne sente un gran bisogno. Ma la protagonista è una ragazzina ricciuta – prima della trasformazione. Se non è empowerment questo…
Alla fine del volumetto, un tutorial che insegna a creare il proprio racconto con l’AI. Molto rumore per nulla. Una volta la colpa era della tv. Poi delle Barbie con tutti i vestitini rosa. Niente va mai bene, dobbiamo tornare ai legnetti? Anche i mattoncini Lego furono molto criticati.