
Ansa
vivere nel caos
Il nuovo romanzo di Sansal, una causa meno celebre della pasionaria per Gaza
Nel suo ultimo libro "Vivere" lo scrittore immagina un futuro distopico segnato dal caos globale e dal fallimento dell’umanità di fronte a una catastrofe imminente, tra fanatismi, guerre e intelligenza artificiale. Mentre il suo romanzo denuncia l’ipocrisia del mondo contemporaneo, l’autore stesso resta dimenticato in prigione
“Il nostro Dio della santissima trinità, che è solo bontà, amore e wokismo trascendente, non può competere col male”. In un futuro segnato dalla proliferazione incontrollata dell’intelligenza artificiale che ha generato ignoranza e stupidità, Paolo, un professore di matematica all’università parigina, come altri individui si sente prescelto per salvare l’umanità dall’estinzione a causa di un’imminente catastrofe naturale. Questi “Chiamati” avranno l’opportunità di migrare su un altro pianeta. “Per un pianeta destinato a morire nel giro di pochi mesi, poche settimane, e per una società stanca, senza più anima né autentico slancio vitale, c’era fin troppo movimento” scrive Boualem Sansal in “Vivere” (in uscita per Neri Pozza), l’ultimo romanzo dello scrittore da novembre scomparso in una galera algerina. Non è chiaro se l’astronave arriverà e se la terra verrà davvero distrutta. Sansal invita il lettore a mettersi in gioco, a interrogarsi sul proprio “conto alla rovescia interiore” e sull’unica certezza che resta: la necessità di vivere, nonostante tutto. Di fronte a questa minaccia e alla prospettiva di un esodo globale, immaginiamo che l’umanità, fragile e disunita, sarebbe stata in grado di offrire un fronte unito. Non così in fretta. E la distopia che Sansal mette al centro di questo nuovo romanzo, il decimo, un mix di fantascienza e apocalittica, rivela le disfunzioni e i fanatismi, vecchi e nuovi, che ci affliggono.
Nel romanzo, Paolo e il suo gruppo consulteranno i rappresentanti delle grandi religioni monoteiste. Per un imam, “tutta la terra dell’Universo è terra di Allah, morire qui o altrove è la stessa cosa. Allah decide il tempo e il luogo del nostro ritorno a Lui”. E se Allah invia una nave per salvare l’umanità, la invia ai musulmani. L’islam, le religioni in generale, le scuole e le università, il wokismo, subiscono diversi attacchi nel romanzo. “L’università non è il paradiso che crede la gente, è lì che si concepiscono le rivoluzioni e le miserie future, colpita in pieno anche da una grave ondata di woke americano, abbinata a un febbrone di stucchevole leziosità importata dal Canada”. Mentre discutevamo dell’aspettativa di vita e dell’immortalità in divenire, la sfortuna formava grandi nubi nere sulla terra. “La guerra si stava diffondendo come una nuova e definitiva pandemia. La Russia continuava la sua conquista dell’occidente con i suoi pesanti carri di ghisa, i suoi muzhik ubriachi e cosacchi da shock, mentre la Cina imperiale spingeva le sue giunche a propulsione nucleare verso est e invadeva la ribelle Taiwan e il vecchio Giappone – che ha da tempo dimenticato di essere stato il primo e l’ultimo paese dei samurai – con l’evidente obiettivo di tenere il Pacifico sotto il suo sguardo inflessibile”.
Il suo alleato nordcoreano aveva lanciato i primi missili su Seul. “In pieno giorno, indiani, afghani e pakistani stavano rapidamente riscaldando i loro missili balistici nucleari. La gente si impantanava nelle trincee, sventrandosi a vicenda”. In “Vivere” di Sansal c’è anche il medio oriente in fiamme. “L’Iran aveva attaccato il Libano e la fascia costiera della Siria per garantirsi l’accesso al Mediterraneo e si era stabilito ai margini delle alture del Golan, dove stava preparando l’offensiva finale contro Israele, che aveva i suoi missili nucleari puntati su Teheran e Qom, la città dei mullah. Droni contro missili, Corano contro Torah. Chi avesse tremato per primo avrebbe vinto la guerra”. La Turchia avanzava le sue pedine nei Balcani e nell’Europa occidentale, “che stava cadendo in rovina come nel ’40”. In Africa, la carestia decimò le popolazioni che non erano riuscite a raggiungere l’Europa. “Gli Stati Uniti erano coinvolti in ogni guerra, senza fare distinzioni tra amici e nemici. Non avevamo notizie dal Sud America, ma nessuno poteva dire che lì regnasse la pace. Semplicemente ci mancavano le notizie. La Terza Guerra Mondiale era iniziata. La fine aveva raggiunto il suo tempo”.
Quanta fretta intanto di correre in aiuto di Rima Hassan, l’eurodeputata di estrema sinistra a bordo della nave per Gaza con Greta Thunberg. Dall’Eliseo che ha chiesto “il ritorno dei nostri sei cittadini francesi il prima possibile”, a Jean-Luc Mélenchon che dice “Rima è la Repubblica”, tanta fermezza non si è sentita in sette mesi nel chiedere la liberazione di un altro cittadino francese, Boualem Sansal. Per lui si è preferita la via del pudore diplomatico. Con il risultato che tutti conosciamo: dal 16 novembre, Sansal è malato di cancro e in galera, condannato a cinque anni. Tutto distingue Sansal e Hassan. Lui ama la Francia, lei la detesta. E lei stessa si è rifiutata di firmare la risoluzione che ha chiesto la liberazione di Sansal al Parlamento europeo. Eppure, è al suo status di “ostaggio di Israele” che ci si precipita, consegnando l’“ostaggio di Algeri” ai suoi carnefici. Ingrati con chi l’Europa la ama e premurosi con chi la odia. E anche questo c’è scritto in “Vivere”: “Le nostre guardie rosse si scateneranno senza pietà. Sopravviveranno solo coloro che sapranno pentirsi e riporteranno molti scalpi dei loro ex correligionari”.