
Il bollino sulla nuova edizione di “1984” di Orwell: “Non contiene personaggi di colore”
Arriva l'edizione wokizzata. Walter Kirn: “È satira del presente senza volerlo. Orwell scriveva della sua Inghilterra, non doveva rappresentare tutto e tutti”. Ma se 1984 non deve metterci "a disagio", allora abbiamo perso
George Orwell non ha mai avuto vita facile con gli editori. T.S. Eliot rifiutò di pubblicare “La fattoria degli animali” in qualità di direttore della Faber & Faber. Avanti veloce ai nostri giorni. C’era già stata l’Università di Greenwich, Inghilterra, che ha messo un avviso agli studenti che si approcciano a “1984” per il “materiale che mette a disagio”, prima di una serie di università a voler proteggere gli studenti dalle disavventure di Winston Smith. Ma non si può inventare una cosa del genere: l’edizione nel 75esimo anniversario del romanzo “1984” di George Orwell contiene un “trigger warning”, un avviso censorio e morale. La follia woke ha raggiunto lo stadio in cui diventa la sua stessa caricatura. L’introduzione alla nuova edizione della Berkley Books, che fa parte del colosso Penguin Random House, è stata approvata dagli eredi di Orwell e scritta dall’autrice americana Dolen Perkins-Valdez. Immaginate come sarebbe leggere “1984” per la prima volta oggi. Perkins-Valdez, scrittrice nera, laureata ad Harvard e docente all’American University, scrive che “per una persona come me può essere difficile trovare un minimo di connessione in un romanzo che non parla molto di razza ed etnia”, sottolineando la completa assenza di personaggi di colore. C’è poi la “spregevole” misoginia del protagonista, Winston Smith. “Grazie per il tuo avvertimento sui contenuti di ‘1984’”, ha detto il romanziere e saggista Walter Kirn. “E’ la cosa più in stile 1984 che abbia mai letto”.
Kirn ha ricordato che Orwell stava scrivendo della Gran Bretagna del suo tempo: “Quando Orwell scrisse il libro, i neri rappresentavano l’uno percento della popolazione. E’ come aspettarsi personaggi bianchi in ogni romanzo nigeriano”. Molto della deprimente realtà della vita di Smith nel caseggiato “Vittoria”, con il gin e il tabacco di pessimo gusto, è una descrizione delle miserie del razionamento nella Gran Bretagna del Dopoguerra. Secondo Kirn, “non siamo ancora in un mondo in cui libri e classici vengono eliminati”, ma non esclude niente. “1984” aveva già una prefazione scritta dal grande romanziere americano Thomas Pynchon. “Ma sentivano il bisogno di un'introduzione prima di quella del vecchio uomo bianco”.
Se non si conoscesse la situazione, si potrebbe scambiare la storia come satira del woke, ma è tremendamente seria. Da “Via col vento”, l’epopea della guerra civile di Margaret Mitchell, ai classici del maestro dell’umorismo PG Wodehouse, non soltanto passaggi originali nei classici sono rielaborati. Avvisi sono aggiunti per dire che questi libri sono “obsoleti”. Un libro di settecento pagine, costato dieci anni di lavoro a Richard Cohen e intitolato “The History Makers”, è stato mandato al macero dalla Random House, in quanto conterrebbe “riferimenti insufficienti a storici, accademici e scrittori neri”. E “The White Negro” del 1957, il saggio in cui Norman Mailer descriveva l’hipster, il ribelle prigioniero della logica totalitaria della società in cui per avere successo sei condannato a conformarti, ha spinto la Random House ad annullare il volume per il centenario di Mailer.
Orwell stesso lo aveva previsto. Scrisse il 18 maggio 1944 a Noel Willmett, esponendogli la genesi di “1984”: “Gli intellettuali hanno una tendenza totalitaria rispetto alla gente comune. Molti di loro sono pronti alla falsificazione della storia”. Siamo sempre lì, alle manipolazioni ideologiche con cui i capi dei verri ammansiscono le altre bestie.