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Letture

Sei questioni inevitabili per un eventuale ritorno dall'aldilà, in un libro

Mariarosa Mancuso

Il nuovo volume dell'autore bolognese Ermanno Cavazzoni, "Manualetto per la prossima vita". Sei capitoli per riflettere su questioni esistenziali come la vita, la morte, il cosmo e il destino, attraverso spunti filosofici e umoristici

Ermanno Cavazzoni, lunatico. Questo dovrebbe essere scritto sulla sua carta di identità. Per via del “Poema dei lunatici” che diede a Federico Fellini lo spunto per “La voce della luna”. E perché, anche se nato a Bologna, appartiene alla schiera degli scrittori fantasiosi – da Gianni Celati a Maurizio Milani, da Daniele Benati a Guido Conti – cresciuti nelle nebbie del nord. Ultima lunatica fatica pervenuta, il “Manualetto per la prossima vita” edito da Quodlibet.
 

Per chi come noi fugge le onnipresenti, e immancabilmente candidate allo Strega, autobiografie mascherate da romanzi (certo che ci sono eccezioni, ma bisogna essere Philip Roth oppure Oliver Sacks) il titolo fa da garanzia. È sicuramente una storia inventata, e altrettanto sicuramente una storia lussuosamente inutile. Ermanno Cavazzoni ammette che – se pure ci toccasse in sorte una seconda o una terza vita, possibilità remota – sarà difficile mettersi in tasca un volumetto e portarselo dietro. Sei capitoli, per sei questioni inevitabili. La vita, la morte, il cosmo, i casi quotidiani, il fatalismo che lo scrittore caldamente consiglia, l’aldilà come lo immaginiamo noi che stiamo qua. Per esempio: “Non converrebbe che ognuno di noi avesse stampigliata la data di scadenza, come il latte, il burro, lo stracchino, e tutto quel che si compera al supermercato?” Deperibili, siamo deperibili. Anche se continuiamo a vivere quando non siamo più in perfetto stato di conservazione.
 

“Sarebbe più semplice, elevato e romantico”, sostiene Cavazzoni. “Scadono le mozzarelle, scadiamo anche noi umani; non è una tragedia per la mozzarella, neanche per noi”. Ora, la data di scadenza è scritta così in piccolo che noi umani non riusciamo a decifrarla: “Possiamo soltanto sperare nel disordine amministrativo dell’aldilà”.
 

Vale se nella seconda o terza vita sentiamo spintarelle verso la filosofia (o i discorsi da treno, che in questa vita risultano spesso confusi gli uni con le altre). In questa prima vita, noi umani viviamo circondati da spiriti, scrive Cavazzoni. Vivacchiano nei posti dove hanno vissuto, e commentano ogni cosa come se fosse uno spettatolo. Prediligono certe famiglie in cui si litiga, ci si tirano i piatti, la moglie grida “non t’avessi mai incontrato”, i figli mangiano con gli auricolari nelle orecchie. Sono famiglie “di grande successo tra gli spiriti, che vengono da tutto il caseggiato”. Osservano anche le coppie in amore, e tifano per le migliori prestazioni. Se prendiamo decisioni irrazionali, o cambiamo spesso idea, è perché “gli spiriti intorno a noi ci tirano per i neuroni”.
 

Parlando dell’universo, sappiate che è governato dal pressappoco. Pressappoco ci capiamo e pressappoco ci somigliamo. Sarebbe più comodo avere solo quattro tipi diversi di donne, dopo una delusione d’amore si possono provare gli altri tre tipi (ma forse i maschi, per non avere l’imbarazzo della scelta, preferirebbero un tipo solo, e “di animo dirigibile” come diceva Paolo Poli a proposito di una giovane futura santa).
 

Nella prossima vita secondo Ermanno Cavazzoni dovremmo essere più umani con le cose, per esempio il lavandino di cucina e il suo tubo di scarico. Mai stringere troppo la vite a ghiera, che fa un lavoro qualificato e poveretta se ne sta al buio, vicino agli stracci e al pattume, ben consapevoli della loro infima posizione nella gerarchia delle cose. Badare alla sofferenza delle sveglie che continuano a suonare senza che nessuno le spenga, e soffrono nell’aldiqua senza poter sperare in un aldilà. Mai come il frigo lasciato aperto, che addirittura piange. Fa il laghetto sul pavimento, e noi distratti pensiamo a una banale perdita.

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