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Libri da leggere per scoprire i segreti dei mari
Storie degli abissi: l’underworld marino come ultima frontiera
"Ho scoperto un relitto duecento miglia a nord-est di Giava. L’ho chiamato il relitto delle Cinque Dinastie”, disse Luc, cacciatore di tesori sommersi. “Contiene migliaia di ceramiche delle Cinque Dinastie”. Non esistono molti reperti di quel periodo della storia cinese, tra il 907 e il 970. “Potrebbe valere più di cinquanta milioni”. Senza contare il valore storico e politico: poteva essere la prova che contestava la teoria secondo cui sarebbero stati i commercianti islamici i primi a raggiungere l’arcipelago indonesiano. Ma poi le cose si fecero complicate e di Luc si persero le tracce, come del relitto.
Le storie di mare non spariscono mai del tutto. A volte riappaiono in altra forma. E’ il “sea change” nel primo atto de La Tempesta, con cui Shakespeare descrive ogni trasformazione individuale, anche nel modo di pensare, magari “per un incanto”. E così la possibile avventura di Luc è riemersa dai fondali della memoria trascinata da un libro che descrive il mondo delle esplorazioni oceaniche, ossia i tre quarti degli oceani che costituiscono il “mare profondo”, quello che spesso è stato paragonato alla superficie di Marte, il luogo più inospitale del pianeta dove però è nata e si è sviluppata la vita. Del resto, i due piani, quello dello spazio esterno e interno (per usare la classica distinzione stabilita dal Comandante Cousteau), sono spesso stati accomunati in storie di scienza e fantascienza. Da Verne ad Avi Loeb, un astrofisico di Harvard secondo cui i resti di una meteora precipitata al largo della costa di Papua sarebbero in realtà i pezzi di un’astronave. Per provarlo ha organizzato una vera e propria caccia al tesoro.
Di questo mondo abissale, dominato dall’incognito e dalle fantasie che suscita, solo negli ultimi anni si è cercato di tracciare una mappa e quella storia, a sua volta, è divenuta una nuova avventurosa trama: quella di In the Deepest Map. Laura Trethewey, per sua definizione “giornalista oceanica” e scrittrice, vi documenta e mette in scena un “progetto epico” che dovrebbe concludersi entro il 2030 e che ha per protagonisti scienziati e finanzieri, militari, organizzazioni statali ed esploratori privati, personaggi come James Cameron o Richard Branson. Il protagonista principale è un uomo che potrebbe essere un eroe della Marvel, un misto di Batman e Indiana Jones: Victor Vescovo, miliardario texano che ha fatto fortuna con le private-equity, pilota di aerei ed elicotteri (ovviamente suoi), alpinista, subacqueo, l’uomo che ha completato l’Explorers Grand Slam scalando le vette più alte di tutti i continenti e sciando in entrambi i poli, che è disceso in batiscafo nel Challenger, il punto più profondo dell’oceano, e che ha volato a bordo di una navicella spaziale. Uomini come Vescovo sono attratti dall’abisso non solo per il fascino di questa dimensione ma anche, meno drammaturgicamente, per il suo essere l’ultima frontiera dove può spingersi lo sfruttamento del pianeta. “Mining the Deep”, ultimo capitolo di In the Deepest Map, esplora proprio questa nuova corsa all’oro. E al manganese, al nickel, al cobalto, al rame, allo zinco, ai noduli polimetallici, alle terre rare, a tutti i “battery minerals” ormai indispensabili alla nostra civiltà green. Paradossalmente, per limitare l’uso di combustibili fossili si stanno aprendo nuove miniere nella crosta oceanica.
La mappatura degli oceani è ancor più importante nel grande disegno dell’informazione globale: oltre il 95 per cento dei dati e delle comunicazioni scorre nel network di oltre un milione di chilometri di cavi in fibra ottica fatti scivolare sui fondali. Una rete tanto strategica quanto vulnerabile, obiettivo perfetto dei sottomarini e degli Unmanned Underwater Vehicle, i droni sottomarini che li possono troncare o divenire armi di ricatto. Una situazione che si è già verificata quando la Nato ha denunciato la presenza di sottomarini russi vicino a cavi in fibra ottica in Nord Atlantico e molti analisti ipotizzano che il loro primo obiettivo sia proprio la mappatura delle linee sommerse. I fondali oceanici sono il regno perfetto delle operazioni occulte. Come il sabotaggio ai gasdotti Nord Stream del settembre 2022 nel Mar Baltico in cui russi, ucraini, americani, gruppi “indipendenti” sono indicati come responsabili secondo le diverse fonti.
Questo teatro in cui scorrono interessi, informazioni, tensioni globali ma anche fantasie, miti, fantasmi e inconsci collettivi è perfettamente definibile come “Underworld”, parola che indica un mondo “di sotto” in ogni accezione simbolica: fantasy, criminale, infernale. Qui l’abisso è davvero concepito nel suo etimo greco di “senza fondo” e qui, a osservarlo troppo, si rischia di esserne risucchiati. Susan Casey, cronista del mondo acqueo, gioca su tutti questi sensi nel suo The Underworld: Journeys to the Depths of the Ocean. Anche questo è un racconto e un saggio sull’esplorazione dei fondali oceanici. Anche Susan si è immersa, ha incontrato scienziati ed esploratori. E anche qui appare Victor Vescovo. Ma il suo racconto si avventura nella storia di questa esplorazione, arrivando a quei miti e quelle leggende che la fanno sprofondare in un mondo sotterraneo “brulicante di demoni come il Leviatano e il Kraken”. Una visione che diviene ancor più spaventosa nella rappresentazione del “caos ecologico” provocato dallo sfruttamento minerario.
Il Leviatano, in una versione tra la Bibbia, Pinocchio e la Balena Bianca, è il protagonista di Whalefall, romanzo di Daniel Kraus di cui possiamo aspettarci una trasposizione cinematografica, magari di Guillermo del Toro, con cui Kraus collabora. E’ la storia di un giovane che decide di recuperare il corpo del padre, un esperto subacqueo suicida per annegamento dopo che gli hanno diagnosticato un cancro terminale. In quel romantico tentativo il giovane viene inghiottito da una balena. La storia vera e propria inizia allora, in quel ventre, e si sviluppa tra i tentativi di uscirne, i ricordi, i pensieri, le fantasie e le filosofie che vi appaiono e si susseguono.
Un romanzo che è anch’esso la rappresentazione di un “sea change” e che innesca altre memorie. Come quella di un vecchio compagno d’immersioni di cui si è scoperta la morte proprio facendo ricerche sulle nuove storie di mare. Anche lui sepolto in mare. Che l’Oceano gli sia lieve.
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