Il rapporto americano

Non c'è da essere troppo allegri se in America spariscono i giornali locali

Marco Bardazzi

Negli Stati Uniti sono sempre più ampi i "deserti informativi". I numeri impressionanti del rapporto annuale della Northwest University dell'Illinois

Dal 2005 a oggi, negli Stati Uniti sono scomparsi 2.900 giornali, quotidiani o settimanali, in prevalenza locali. Nel 2024 è in arrivo un triste traguardo per l’informazione: al ritmo di chiusura attuale (in media in America spariscono due testate giornalistiche alla settimana), il paese avrà perso un terzo dei seimila newspaper che aveva nel 2005, il momento di massimo picco. E insieme a loro circa due terzi dei giornalisti: sono 43 mila quelli che sono stati licenziati o hanno perso il lavoro per la chiusura del loro giornale. 
Sono alcuni dati che presenta il rapporto annuale “The State of Local News” della Northwestern University dell’Illinois, che da anni offre una radiografia accurata sullo stato di salute (o di malattia) del giornalismo americano. La mappa dei “deserti dell’informazione” che si stanno aprendo in un gran numero di comunità locali statunitensi, è mitigata da poche buone notizie sulla nascita di start-up di giornalismo e da iniziative filantropiche che cercano di iniettare nuova linfa nel settore. Ma il quadro complessivo è pesante e aiuta a capire tante cose sulla situazione attuale dell’America. 


In un paese dove le realtà locali – stato, contea, città – hanno un peso spesso assai maggiore del governo federale, le comunità per decenni sono state abituate a un tipo di informazione che ha sempre privilegiato le news del territorio, per poi offrire un quadro nazionale e internazionale che partisse però da uno sguardo “vicino a casa”. E’ il motivo per cui negli Stati Uniti non ci sono praticamente quotidiani nazionali, con l’eccezione di Usa Today e del finanziario Wall Street Journal. Anche testate con un’influenza planetaria come il New York Times o il Washington Post si sono sempre concepite come quotidiani cittadini capaci di raccontare il mondo. Per questo nel Ventesimo secolo si era affermato un ecosistema che prevedeva di solito la presenza in ogni città, piccola o grande, di almeno un paio di giornali (molto spesso settimanali) e di una o due emittenti tv, in competizione tra loro e affiliate ai grandi network nazionali (Abc, Cbs, Nbc). A queste, in molti luoghi si aggiungeva la radio o la tv pubblica (Npr, Pbs), che di “pubblico” ha poco per i nostri standard europei, perché si tratta di realtà finanziate solo in minima parte dallo stato: sono network no profit che sopravvivono soprattutto con la raccolta di fondi tra gli spettatori-ascoltatori. 


Non è certo una novità scoprire che l’èra digitale ha spazzato via buona parte di questo modello, ma il rapporto annuale della Northwestern offre dettagli che raccontano molto di più. Ci sono attualmente 204 contee negli Stati Uniti che sono state categorizzate come “deserti” dal punto di vista dell’informazione: non hanno più alcun tipo di realtà informativa locale. Altre 1.562 contee (su un totale complessivo di 3.143 in tutto il paese) hanno oggi un solo giornale sopravvissuto, quasi sempre un settimanale, senza più alcuna emittente locale. Di queste contee, 228 sono state aggiunte a una “watch list” perché ritenute a un passo dal diventare a loro volta deserti. Nel 2023 sono stati 130 i giornali chiusi o fusi con altre testate e l’anno in arrivo procederà allo stesso ritmo.  


Se si vanno a navigare le mappe interattive che realizzano gli esperti della Medill School della Northwestern – una delle migliori scuole di giornalismo in America – salta agli occhi come il maggior numero di contee dove non c’è più informazione locale siano al sud o nel Midwest e quasi sempre si trovino in zone povere, rurali, con comunità con una forte presenza di neri, ispanici, nativi americani o bianchi che appartengono alle fasce di redditi più basse. Mentre le città e le comunità più ricche e in crescita vedono un’inversione di tendenza, con il ritorno dell’informazione locale affidata a start-up giornalistiche o a testate digitali che hanno puntato a lanciare siti di news radicati sul territorio. 


Ancora una volta, insomma, riemergono le “due Americhe”, quelle che si contrappongono continuamente e si dividono sui temi culturali e sulla politica. Alla Medill non hanno incrociato i dati delle contee con i più recenti risultati elettorali, ma sarebbe interessante capire quanto la carenza di informazione professionale condizioni anche gli orientamenti di voto. “Questa situazione – scrivono gli autori del rapporto – pone una crisi di vasta portata per la nostra democrazia, poiché gli americani si trovano a fare i conti contemporaneamente con la polarizzazione politica, la mancanza di impegno civico e la proliferazione della disinformazione e dell’informazione online”.


Ovviamente la situazione dell’informazione locale è legata allo stato di salute complessivo del mondo del giornalismo. Negli Stati Uniti le testate tradizionali hanno perso dal 2005 a oggi più di due terzi del valore di raccolta pubblicitaria che avevano nelle edizioni cartacee e il digitale è servito a rimpiazzare solo in minima parte l’impoverimento del settore. Il decollo dei social media dal 2006 in poi e la migrazione della pubblicità verso Google hanno cambiato profondamente i modelli di business del Ventesimo secolo. Anche il settore dei classified (offerte di lavoro o immobiliari) e quello dei necrologi sono migrati online e non hanno più bisogno di appoggiarsi a un giornale o un’emittente locali. 


A emergere adesso sul territorio sono invece testate ibride come Axios, che è diventata leader dell’informazione in alcune città medio-grandi negli Stati Uniti come Austin, Richmond, Tampa o Charlotte e in decine di altre località dove ha aperto redazioni molto più snelle di quelle del passato, completamente digitali. In questo caso la cronaca accompagna una miriade di servizi, dalla scelta del ristorante agli eventi in città, usufruiti non più attraverso le pagine di una pubblicazione cartacea, ma su agili app di facile e rapida consultazione. Il futuro sarà sempre più caratterizzato da piattaforme di questo tipo. Resta da vedere se riusciranno ad avere un ruolo analogo a quello dei giornali nel proporsi, pur con tutti i loro limiti, come diffusori del senso civico e difensori della democrazia. 

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