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esuli letterari

“Gli americani per fuggire dal pol corr ora vengono a pubblicare in Europa”

Giulio Meotti

Un clima di sorveglianza e autocensura domina la letteratura nordamericana. Così gli scrittori preferiscono "rifugiarsi" nel vecchio continente, come facevano nel Novecento quelli che fuggivano dalla Cortina di ferro

Sceneggiatore e romanziere, Seth Greenland è uno dei migliori romanzi stranieri di quest’anno, ma non è ancora stato pubblicato nella sua lingua originale. La ragione? Contenuti ritenuti inquietanti per gli editori americani. Parlando all’Express, Greenland non usa mezzi termini sulla “guerra culturale” in corso al di là dell’Atlantico, che crea, secondo lui, un clima inquietante per gli artisti. “A causa dell’attuale clima culturale negli Stati Uniti, io e il mio agente abbiamo deciso di non sottoporlo a un editore americano. Siamo nel mezzo di una rivoluzione culturale. È un ambiente in cui le persone sono  nervose, spaventate, all’idea di mettere in giro cose che potrebbero causare loro problemi. Gli editori e gli agenti lo sanno bene. E gli scrittori si censurano. Io e il mio agente abbiamo quindi deciso di pubblicare questo romanzo  in Francia, dove i miei libri precedenti hanno ricevuto una calorosa accoglienza”. Pubblicato cinque anni fa, il suo romanzo precedente, “Mechanics of the Fall”, aveva ricevuto un’accoglienza molto forte negli Stati Uniti. “Ma dubito che oggi sarebbe ancora possibile pubblicare lì un libro del genere. Le cose sono cambiate . L’America oggi è diventata un posto molto strano. Philip Roth è morto al momento giusto”. Come dire, se fosse ancora vivo e agli inizi della carriera, chi lo pubblicherebbe? 

 

Un’inchiesta del Telegraph rivela che le agenzie letterarie danno la preferenza ad autori “sottorappresentati o emarginati” – persone di colore, o appartenenti alla comunità LGBTQ+ – suscitando la preoccupazione che gli autori che non soddisfano questi criteri siano “ostracizzati”. E sarà un caso, ma l’unico uomo bianco etero ad aver vinto un importante premio letterario per la narrativa in America negli ultimi cinque anni è Richard Powers, che guarda caso ha scritto un’opera ecologista. La metà dei vincitori erano donne non bianche. Le donne nere hanno vinto il 25 per cento dei premi anche se rappresentano solo il 6,8 per cento della popolazione. Nessun uomo, indipendentemente dalla razza, ha vinto né il National Book Critics Circle Award né il PEN-Faulkner Award negli ultimi cinque anni

 

Lo scrittore francese Timothée de Fombelle è l’autore di “Alma”, un romanzo uscito in Francia per Gallimard e in Italia per Mondadori. Racconta la storia di una ragazza africana durante il periodo della schiavitù e ne evoca la lotta per l’abolizione. Ma a differenza di tutti i suoi lavori precedenti, questo di de Fombelle non è stato pubblicato in Inghilterra o negli Stati Uniti. Sarà anche un grande scrittore, ma de Fombelle è bianco e in quanto tale non può affrontare il tema della schiavitù. “Un argomento affascinante, ma troppo delicato, mi è stato detto: quando si è bianchi, quindi dalla parte di coloro che hanno sfruttato i neri, non si può appropriarsi della storia della schiavitù. A loro è piaciuto il libro, ma per la prima volta non lo pubblicheranno”.  Una volta la Francia era terra di asilo degli scrittori che fuggivano dalla Cortina di ferro, come Milan Kundera, fra tutti. Oggi è terra di asilo degli scrittori che fuggono dal politicamente corretto. Nathan Sharansky lo ha scritto: “Il politicamente corretto è figlio del comunismo”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.