pagina 69

Verso lo strega. La tragedia di Ada D'Adamo e il diritto di scrivere di ciò che si è vissuto

Mariarosa Mancuso

“Come d’aria” è in una cinquina particolarmente sensibile ai memoir di dolore e sofferenza, e potrebbe vincere. Ancora narrativa come autobiografia, questa volta tragica

È un piccolo libro, stretto tra mattoni che vanno dalle 250 pagine alle 500 di Andrea Canobbio, sottoposto ieri all’esame di pagina 69. Vale per i volumi cartacei: chi legge gli e-book sa che le unità di misura sono diverse, per restare invariate quando vogliamo ingrandire o rimpicciolire i caratteri. Sostiene Marshall McLuhan che se la  69 è di vostro gradimento, vi piaceranno anche le altre. Vale come campione, della bravura oppure dell’abbiocco dello scrittore, magari partito a razzo, o rifacendo mille volte la prima frase.

“Come d’aria” conta 140 pagine. Finite di scrivere a settembre dell’anno scorso e stampate in tutta fretta da Elliot. Ada D’Adamo sapeva che le restava poco da vivere, è morta il  1° aprile di quest’anno. Aveva appena saputo di essere entrata nella dozzina dello Strega. Ora è in una cinquina particolarmente sensibile ai memoir di dolore e sofferenza, e potrebbe vincere: il Premio Strega Giovani non dovrebbe essere un ostacolo insormontabile. Potrebbe però essere una mossa per riservare lo Strega maggiore a Rosella Postorino, vincitrice annunciata con “Mi limitavo ad amare te” (qualche precedente c’è, i giurati nel loro insieme fanno ragionamenti che neanche immaginate). Annunciata, s’intende, prima che le sostenitrici di Ada D’Adamo scendessero in campo con tutta la potenza di fuoco. A loro si è unito Francesco Piccolo, all’inizio diffidente e poi convertito (lo ha raccontato su Repubblica).

La prova di pagina 69 è stata inventata prima che la narrativa svoltasse verso l’autobiografia continua. Ora i romanzieri sono accusati di “appropriazione culturale” se raccontano un personaggio diverso da loro per sesso, età, posizione sociale, e altre mille sfumature individuali. Ammesso solo il vissuto stretto, qualsiasi esso sia. A pagina 69 di “Come d’aria” leggiamo: “Aver vissuto una cosa, qualsiasi cosa, conferisce il diritto inalienabile di scriverla”. E’ una citazione di Annie Ernaux, capofila indiscussa della letteratura confessionale e autoriferita, perché: “non esistono verità inferiori”. Vale nella realtà, e certamente Ada D’Adamo ha avuto una vita tragica: una figlia nata con una grave disabilità e bisognosa di cure continue, lei stessa che si ammala di cancro, Non proprio una “verità inferiore”, parole con cui Annie Ernaux si riferisce al proprio aborto clandestino, raccontato in “L’evento”.

Un libro, scrive D’Adamo, “che ha il potere di riconnetterti con esperienze della vita che giacciono sepolte da qualche parte, sotto strati di silenzio e di dolore”. E insiste: “Ernaux pronuncia sull’aborto parole per me indicibili”. Ancora sofferenze. Come se a questo servisse la letteratura: a fare piangere il lettore, e nel caso dello Strega i giurati, che certo non vorranno mostrarsi cuori di pietra insensibili all’umano e femminile dolore. Abbiamo detto “tragica”, parlando della vita di Ada D’Adamo. Ma la tragedia è un genere letterario, che ha le sue regole e punta alla catarsi. Non prevista nelle sciagure dell’esistenza, per questo preferiamo le consolazioni della letteratura.

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