5 marzo 1935 - 13 aprile 2022
"Solo Palermo ha avuto tutto il mio amore". In ricordo di Letizia Battaglia
“Fotografa della mafia ? È una definizione ridicola, frutto della pigrizia dei giornalisti", precisò più volte. "In realtà ho fotografato molte altre cose: animali, coppie che si baciano, bambine della Cala di Palermo". È morta nella sua città, a 87 anni
"La fotografia - mi disse l’ultima volta che l’ho incontrata Letizia Battaglia, morta ieri a 87 anni - è un fatto mentale e fisico insieme”. “Faccio sempre foto, la mia è un'esigenza fisica, ma sono una persona prima di essere una fotografa. La macchina fotografica mi ha permesso di essere me stessa e la fotografia è stata come un'acqua dentro la quale mi sono immersa, lavata e purificata, un qualcosa che ho vissuto come salvezza e verità. Con la macchina fotografica sono diventata una donna più sicura e fotografare è stato per me un modo per portare il mondo dove volevo".
Eravamo a Venezia e insieme alla curatrice Francesca Alfano Miglietti, stavamo vistando “Fotografie di una vita", la grande mostra a lei dedicata alla Casa dei Tre Oci, alla Giudecca.
La sera prima, a casa di Emanuela Bassetti, circondati da migliaia di libri dell’amato Cesare De Michelis e dal suo ricordo, quella “ragazza con i capelli rosa” dilettò noi presenti con ricordi e aneddoti tra decine e decine di sigarette sempre accese (finite nel giro di pochi minuti), intervallate da continui a brindisi con un liquore fatti da Patrizia Marras. “Fin da bambina - ci disse Patrizia - non volevo accettare i pregiudizi. Allora l’ho pagata tanto, oggi posso fare quasi tutto quello che voglio e mi perdonano tutto, forse perché ho chiarito che non è una debolezza essere aperti e vivaci o con i capelli rosa: è una forza, la forza di decidere che la vita è sempre vivere, sperimentare”. Fa un certo effetto scoprire che oggi Letizia non c’è più, proprio lei che con quella voce roca e con quel suo colore di capelli appunto - cangiante a seconda dei momenti - si permetteva di dire e fare qualsiasi cosa. “Non mi dovete rompere i coglioni”, disse a un cameriere in hotel la mattina dopo, mentre facevamo colazione, che la rimproverò perché stava fumando lì dove non avrebbe potuto. “La spengo, mi scusi se ha sofferto un po’”, aggiunse con quella sua vena ironica.
Era molto ironica Letizia, ma anche molto curiosa. Osservava, ascoltava, ti chiedeva ma poi era sempre lei, alla fine, a raccontare. “Dicono tutti che sono la fotografa della mafia (fotografò Peppino Impastato e il giudice Cesare Terranova, Giorgio Boris Giuliano e Giovanni Falcone, tutte vittime di mafia, compreso Bagarella, ndr), perché a molti faceva comodo così, ma in realtà ho fotografato molte altre cose. La mafia è stato un incidente terribile durato molti anni, ma nel frattempo cercavo la bellezza e (la) vivevo. La mattina ammazzavano qualcuno e io fotografavo; poi fotografavo una bambina, poi un mercato dei fiori. Quella era la mia vita. Oggi non ammazzano più, ma ricordatevi che la mafia c'è ancora e che il pizzo è pagato da molti". “Fotografa della mafia - precisò più volte - mi offende. È una definizione che trovo ridicola, frutto della pigrizia dei giornalisti. Ho anche fotografato i mafiosi e i crimini di mafia, ma ho lavorato con grande respiro su Palermo. Gli altri posti del mondo in cui mi sono recata, a quanto pare, non mi stimolavano molto, non ho scattato buone fotografie. Solo Palermo ha avuto tutto il mio amore”.
Non amava molto Roma e detestava uno come Matteo Salvini. “E' lo specchio di una certo tipo di uomo e di politico”, disse. “Agli italiani piace Mussolini, non dimentichiamolo, ma questo non lo confesseranno mai”.
Con lei a Venezia ammirammo quelle sue foto in bianco e nero di quei sanguinosi omicidi - è vero - ma anche di tanti animali, di coppie che si baciano, di bambine del quartiere Cala, nella Palermo (dove negli anni ha dato vita a un centro di Fotografia alla Zisa), delle processioni religiose, dei volti di Pasolini, del suo amato sindaco Leoluca Orlando, dell'editrice Elvira Sellerio e di tanti altri, conosciuti e non, soprattutto donne, osservate e fotografate spesso anche nude. “Le donne - disse - sanno essere consapevoli”, un monito che è una verità che lei ha trasmesso alle sue tre figlie, tra cui Shobba, anche lei fotografa. “Scommettono nella vita, non sono egoiste: si danno, magari si sbracano, però sono generose”. A lei interessava la compiutezza nei soggetti: la bambina dei quartieri poveri e la signora che riceve in salotto hanno il medesimo sguardo che è pieno, rotondo, risolto”. Ogni tanto c’è anche l’amore, che è poi quello che lascia nei ricordi di molti, oltre alle sue foto fatte per lo più - almeno negli ultimi lavori - a donne sexy e spesso nude (splendidi i lavori fatti con l’artista Loredana Longo), “perché il corpo è sempre bello, è verità, è straordinariamente sincero”. Sincera lei lo è stata, nei confronti di se stessa e di tanti che l’hanno amata “come odiata”, aggiungerebbe oggi.
Credeva nei giovani: “Trovate la passione per le cose che fate, abbiate sempre rispetto, siate seri e sappiate godere della vita, non annoiatevi, siate attivi, siate felici di essere vivi e basta fare cazzate, perché fanno perdere il contatto con la realtà”, disse loro durante un incontro alla Ca’ Foscari. Con quelle sue parole, molti la accostarono a Steve Jobs, ma con lui c’entrava poco o nulla. C’è qualcosa che non è riuscita ancora a raccontare? Le chiedemmo prima di salutarci. E lei: “Certo, tutti i miei amanti". Esilarante, ma veritiera, perché di uomini, fino alla fine, ne ha avuti davvero molti. Senza vergogna (del resto, perché mai avrebbe dovuto vergognarsi?), essendo semplicemente sé stessa. Che bello per questo, che dolore che non ci sia più.
Intervista a Gabriele Lavia