una lunga attesa

"Sagacity", il libro-chiave di Fulvio Ventura

Luca Fiore

Ci sono voluti cinquant’anni per vedere il capolavoro del genio della fotografia italiana

Fulvio Ventura è stato un maestro in ombra della fotografia italiana. Compagno d’avventura dei più famosi Ghirri, Guidi e Basilico, ha partecipato, con i migliori di quella generazione, ai due progetti di culto “Viaggio in Italia” (1984) e “Archivio dello spazio” (1987-1997). Ventura, morto l’anno scorso a 79 anni, era uomo coltissimo e profondo, di una sensibilità che si esprimeva con fotografie di grande qualità e fascino, ma anche con quello che molti definiscono “un pessimo carattere”. Una sorta di misantropia che ha contribuito alla sua poco generosa fortuna critica ed editoriale. Sembra impossibile che solo oggi, a quasi cinquant’anni di distanza, veda la luce “Sagacity”, un libro concepito nel 1975, su cui l’artista è tornato per tutta la vita. In un primo momento il volume doveva uscire nel 1978 per Punto e Virgola, la casa editrice di Ghirri e Chiaramonte, con il titolo “Souvenirs” e un testo di Jean-Claude Lemagny, fondatore della galleria di fotografia della Bibliothèque Nationale di Parigi. Prima la pervicace insoddisfazione di Ventura per le prove di stampa, poi il fallimento dell’editore hanno fatto rimandare la pubblicazione sine die.

 

A ben guardare, quella mandata in libreria dalla casa editrice californiana The Ice Plant è la prima monografia di Ventura in assoluto. La grafica è del fotografo newyorchese di grido Jason Fulford. L’editing è di Giulia Zorzi, curatrice e fondatrice della libreria e galleria milanese Micamera, tra i pochi spazi in Italia davvero attenti alla fotografia contemporanea internazionale. Ma l’importanza di “Sagacity” non sta solo nella curiosa vicenda editoriale. Si tratta di un libro seminale, paragonabile per importanza a “Kodachrome” o “Milano. Ritratti di fabbriche” per i percorsi di Ghirri e Basilico. Contiene, in nuce, le direttive per leggere tutta l’opera di Ventura, utili per fugare l’equivoco che dagli anni Ottanta in poi lo ha ridotto al “fotografo dei giardini”. Il titolo completo del libro, una sequenza di 33 immagini in bianco e nero, è “Sagacity, Sunstar e Salamandra”, scritta incisa su una targa di ottone scoperta da Ventura, come un object trouvé, nella vetrina di un tipografo. Sono i nomi di tre cavalli: figlia, padre e madre. Parole, imparentate tra loro, che sono una dichiarazione di poetica: l’intuizione, la luce, e il simbolo alchemico che indica la capacità di vivere tra le fiamme. Diverse e colte le fonti da cui ha tratto spunto l’artista. Tra queste, un film di spionaggio, visto a tarda notte e di cui si è persa la memoria del titolo, in cui il protagonista, tradito dai superiori e abbandonato dal proprio collega, inizia una personale ricerca della verità. C’è poi “Atalanta Fugiens”, un libro del XVII secolo che raccoglie componimenti musicali, poesie e incisioni, attraverso i quali – usando l’immagine del mito greco della donna che fugge dai propri pretendenti senza essere mai raggiunta – l’autore prova a svelare i segreti dell’alchimia. Altra suggestione è “Nadja”, romanzo surrealista di André Breton, il cui protagonista si innamora della donna che dà il titolo al libro, conquistato dal fascino del suo sguardo sul mondo.

 

Ventura vede Atalanta/Nadja in metropolitana, o intenta a  spingere una carrozzina o che appare in forma di statua illuminata da un raggio di luce tra i cespugli. Siede al tavolino di un bar. Sfugge allo sguardo di un uomo in impermeabile che la cerca in una casa diroccata. La incontriamo nel corridoio di un treno: lei si volta e, fissando l’obiettivo, sorprende il fotografo che la sta pedinando. Dell’avventura di spionaggio ci sono gli indizi, i dialoghi tra informatori e perfino il morto. Per tutto il libro, insieme all’autore, ci troviamo sulle tracce di questa donna, ma anche, dal punto di vista meta-fotografico, dell’immagine rivelatrice e, ancora, del senso delle cose nascosto tra le pieghe del visibile. “Sagacity” verrà presentato da Anna De Lorenzi, Giovanni Chiaramonte, Roberta Valtorta, Mike Slack e Giulia Zorzi, martedì 20 ottobre alle 18.30, alla Galleria San Fedele di Milano.

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