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il libro

Una relazione pericolosa

Tiziana Della Rocca

Gabriel Matzneff risponde alle accuse della sua ex amante ragazzina. E si appella allo spirito del tempo (di trent’anni fa) per non essere giudicato con il metro del puritanesimo d’oggi.  In libreria “Vanessavirus”
 

E’ uscito ieri in italiano, nella traduzione di Giuliano Ferrara, Vanessavirus (Liberilibri Editrice), la risposta in 55 pagine dello scrittore francese (sino a poco tempo fa acclamatissimo in Francia) Gabriel Matzneff al durissimo Le Consentement, (Il Consenso), il libro con cui Vanessa Springora – sua ex amante quando lei era quattordicenne e lui cinquantenne – lo accusa di essersi approfittato di lei a causa della sua giovane età, e di aver abusato di lei. Il libro di Vanessa ha generato un grande scandalo e ora, nel suo paese, dove Matzneff godeva di stima illimitata, è considerato un farabutto. Ma davvero la Francia è scandalizzata, o scandaloso è considerarlo soltanto ora un farabutto?

In effetti si tratta di una vicenda piuttosto singolare, qui non ci troviamo davanti a colpe nascoste che emergono a distanza di anni, e nemmeno davanti a un caso simile a quello di Polanski che nel 1977 stuprò una tredicenne. Polanski sfuggì poi alla sua punizione, che tuttora non smette d’inseguirlo, intanto probabilmente lo riafferra la vergogna, se mai lo ha lasciato. I verbali degli interrogatori rivelarono una scena di desolante squallore. Molti lo difesero (me compresa) non dal crimine, ma dalla persecuzione che ne seguì. Prima che esplodesse il  #MeToo parecchi artisti, compreso Matzneff, che intrattenevano rapporti con minorenni difficilmente venivano incriminati.

E anche se si fosse trattato di crimini sessuali riconosciuti, quando realizzavano grandi opere il peccato non distruggeva l’artista, semplicemente lo graffiava, come si può graffiare un leone che continua impassibile a incedere. Anzi, gli scandali sessuali in qualche misura aumentavano il mistero, suscitavano interrogativi a patto che i responsabili fossero grandi artisti (come appunto accadde a Matzneff col suo pamphlet I minori di sedici anni). Come non perdonarli, ci si chiedeva, loro che ci hanno dato e ci danno tanta gioia? Ma anche, perché non castigarli? Si oscillava tra condanna e perdono.

Ma adesso non si oscilla più, si tiene in conto, giustamente, della parola della vittima, la si ascolta (il libro di Vanessa Springora non avrebbe avuto altrimenti la medesima risonanza), ma spesso se ne abusa per tramutarla in arma e colpire il presunto colpevole prima ancora di aver provato l’accusa. Occorre prudenza, le testimonianze bisogna ascoltarle con impegno, ricordandosi però che, presi dalle loro passioni e allucinazioni, a volte, gli accusatori possono mentire. Invece censuriamo e boicottiamo gli artisti e le loro opere prima ancora dell’esito processuale e a volte anche dopo che sono stati prosciolti da ogni accusa. Eppure non è impossibile capire come e perché alcuni artisti possano infierire sulle donne, e certo la loro fama non può tenerli al riparo dalla sanzione che gli spetta; e però, anche nel caso di crimine accertato, non si deve, per punire l’uomo colpevole, punire anche quel che di bello ha creato: una cosa è la perversione che un uomo può portare in sé, un’altra la genialità. Ferocia e ingegno vanno ciascuna per la sua strada, ciascuna ha la sua pena o gloria, non le si confonda, mai.

Ma qui l’autore fa tutt’uno con l’opera, le colpevoli storie di cui è accusato Matzneff sono state raccontate da lui stesso, gli hanno ispirato libri su libri, pubblicati dai più grandi editori e un tempo ammirati e celebrati da intellettuali di prima fila. Lui ha sempre esibito fieramente la sua passione per le adolescenti, ribadendo che non c’era mai stato in quei rapporti il minimo atto di violenza e costrizione. Lo testimonierebbero non solo le lettere d’amore che lui scriveva e che riceveva da costoro, ma il fatto che, di questi amori vissuti in prima persona, avesse fatto un’opera d’arte. Nelle sue pagine, di un nitore stilistico eccezionale, emergevano figure femminili niente affatto sottomesse, anzi, addirittura capaci di esercitare una paradossale forma di sovranità. Quasi nulla di morboso, in quelle pagine una specie di candore, per cui si poteva pensare che se un uomo maturo ha rapporti sentimentali con delle adolescenti, e molte di queste hanno continuato a restare nella sua vita anche dopo, da adulte, evidentemente si trattava di rapporti ispirati dal sentimento reciproco, e non solo dal desiderio sessuale. 

 

Ma da quando Vanessa nel suo libro ha raccontato che queste inclinazioni non erano affatto benevole verso le adolescenti, e descrive Matzneff come un orco che l’ha usata e manipolata, tutti hanno creduto a questa versione come una verità indiscutibile.
La società letteraria francese, messa di fronte alle parole di Vanessa, si è accorta che in questa glorificazione dello scrittore durata molti anni era ravvisabile il crimine di favoreggiamento della pedofilia, quindi è corsa ai ripari mettendolo al bando. I suoi libri sono stati ritirati e messi fuori catalogo. Matzneff ora è un paria, un intoccabile.

Qui però lo scandalo non riguarda più solo lui e il suo caso, ma il coinvolgimento di una parte del mondo culturale, letterario, giornalistico e politico che giustificava e in qualche caso anche praticava la pedofilia. Nel 1977 veniva chiesta la depenalizzazione della pedofilia con un appello ideato proprio da Matzneff e firmato da alcuni dei più importanti intellettuali, filosofi e psicanalisti francesi, già protagonisti del Maggio rivoluzionario del 1968. Militavano per una totale liberazione dei costumi: bisognava autorizzare l’adulto a godere non certo dell’adolescente ma con lui: bastava che non vi fosse una vera e propria costrizione. La spinta del Desiderio a superare i limiti della Legge nasceva come reazione, si sa, al sistema patriarcale oppressivo: ma qui non ci si accontentava di trasgredire la legge, sfidandola, cioè di fare della trasgressione una salutare eccezione, bensì di elevarla a norma distruggendo ogni tabù, liberare il desiderio da ogni forma di coercizione, sfidare la morale come se fosse un’impostura, un artifizio ipocrita, nel nome di una legge superiore e sovrana: quella del proprio godimento.

 Per questa ragione Matzneff trova disonesto “giudicarlo senza tener conto” appunto dei “costumi slabbrati dell’epoca successiva al Sessantotto ma alla luce del puritanesimo che di recente si è impadronito della Francia e dell’intero pianeta”.
E poi se si accusa solo Matzneff, come se fosse l’unico colpevole, non si rischia di farne il classico capro espiatorio? Minacce di morte, gli appelli al linciaggio, contestazioni sotto le finestre di casa sua, scritte d’odio sui muri del Quartiere Latino. Chi si ritiene puro e senza macchia diventa implacabile, il fanatico della purezza può essere tremendo. E poi oltre ai giustizieri spuntano fuori anche i sadici: è una travolgente passione fare a pezzi qualcuno caduto in disgrazia, infilzarlo alla sua colpa, smascherarlo in tutti i suoi vizi. C’è pure chi si aspetta da un giorno all’altro la degna conclusione di storie di questo tipo: la pazzia del reo, o la sua morte.

 

In effetti, senza questo scandalo le sue opere sarebbero ancora esposte in bella vista nelle librerie e nelle biblioteche. Invece ora nessun editore in Francia ha voluto pubblicare la replica di Matzneff, ha dovuto farlo lui a sue spese: Giuliano Ferrara si è adoperato per farla conoscere in Italia, poiché non si nega nemmeno al peggiore dei criminali la possibilità di replicare a delle accuse. Perché impedirlo proprio a lui, che ancora non è stato né processato e né condannato per il reato di cui è accusato? E’ a causa del libro, del #MeToo? Non solo, oggi circola una sensibilità morbosa, paranoica, verso il tema della pedofilia, una vera e propria ossessione. Contro chi è accusato di pedofilia si scatena una guerra dove carnefici e vittime sono facilmente identificabili, per questo occorre cautela: lanciato l’allarme, si rischia di condurre una rappresaglia dove è altissimo il rischio di sparare agli innocenti, ma anche ai colpevoli in modo eccessivo facendoli a pezzi.

 

Nel suo libro Matzneff dice di non aver voluto leggere quello di Vanessa, ma se l’è fatto raccontare. Secondo lui tutto ciò che afferma la donna è dettato dall’intenzione di vendicarsi. Vanessa avrebbe rimosso l’amore ricevuto per ferirlo e possibilmente annientarlo. Al tempo del loro rapporto, quando aveva scoperto che lui aveva avuto altre avventure con delle minorenni e di non essere l’unica, secondo Matzneff era caduta preda di un grave attacco di gelosia, e da quel giorno avrebbe iniziato a demolirlo, a dire che le adolescenti erano una droga per lui, che era pronto ogni volta a espropriarle per rivestirle del suo desiderio. E in effetti, per Vanessa Matzneff incarnava una figura paterna che aveva provocato in lei una sorta d’innamoramento edipico, e lui lo assecondava apposta, per avvilupparla nella sua tela imprigionandola. Per di più, cosa che le provocava ulteriore rabbia, pubblicava il resoconto di queste sue avventure con la più prestigiosa casa editrice francese, Gallimard.

 

Le cose sarebbero state ben differenti – scrive Vanessa – se lei alla stessa età si fosse innamorata di un uomo di 50 anni che, contravvenendo alla morale, avesse capitolato di fronte alla sua giovinezza, dopo aver avuto in precedenza altre relazioni con varie donne e che, sotto l’effetto di un irresistibile colpo di fulmine, avesse finito per cedere, una sola e unica volta, a quell’amore per un’adolescente. Solo allora la sua trasgressione sarebbe stata un’eccezione e quindi scusabile e il loro amore straordinario.

Matzneff non ha mai voluto rinnegare i suoi gusti sessuali, e non ha intenzione di farlo nemmeno ora che è sotto accusa dalla sua ex amante. Dice di sé di essere uno di quelli che peccavano fortissimamente e fortissimamente chiedevano a Dio di perdonarlo; insomma ammette di essere stato a volte uno sciagurato che voleva a tutti i costi l’inferno e il paradiso insieme, perché solo quell’unione poteva dargli la felicità. La sue avventure lo calmavano, e poi lo eccitavano, e così all’infinito, ma niente di più. E dunque lo scrittore non si pente di nulla, come se appartenesse non alla sua bensì a un’epoca in cui simili costumi erano tollerati o addirittura incoraggiati. Ma i legislatori non sono studiosi di storia o di archeologia del costume, e al giorno d’oggi l’adulto che intrattiene rapporti sessuali con una ragazzina, sia pur consenziente e perfino entusiasta, verrà perseguito. Un adulto rimane un adulto, e il suo desiderio è una trappola in cui  può solo rinchiudersi l’adolescente.

 

Sull’accusa per atti di pedofilia commessi in Estremo Oriente ecco cosa scrive Matzneff: “Prima del turismo di massa i viaggiatori stranieri, pochi, erano una preda speciale” a opera di “deliziosi adescatori dell’uno e dell’altro sesso, che vi sorridevano, vi divoravano con gli occhi come foste un’allettante coppa di gelato al cioccolato, vi seguivano per la strada, vi abbordavano sfrontatamente”. E dunque, che “nel 2020 i professori di morale, ignoranti dell’atmosfera licenziosa che regnava allora in terra di Estremo Oriente, pretendano in ragione dei miei vecchi errori di trascinarmi davanti a un tribunale retroattivo, questo è commettere un’ingiustizia”. Matzneff è troppo intelligente per non capire che solo i perversi possono leggere nella provocazione di una ragazzina l’autorizzazione ad andarci a letto.

Ci si sforza di sottolineare la seduzione altrui per non sentire quel che c’è dentro di noi e che ci sospinge verso il crimine. Si chiama tentazione, la nostra voglia, sicché quando le si cede… la colpa è sempre dell’altro. Già il poeta greco Stratone in epoca di larga tolleranza della pedofilia aveva scritto: “Se nell’età sventata commette un pivello una colpa / l’infamia è di colui che lo seduce”. Se Matzneff fosse stato con una ragazzina di 13 anni in quei tempi lontani, l’avrebbe scampata, poiché allora “l’età della sventatezza” terminava a dodici anni. Forse l’avrebbe scampata anche se la ragazzina avesse avuto undici anni. Chi avrebbe mai prestato orecchio al lamento di una fanciullina?

 

Da qualche tempo il clima è mutato e per i pedofili si invocano punizioni esemplari. Ma perché questa ossessione della pedofilia? Alcuni sostengono che siamo diventati molto più sensibili e attenti verso il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza. Dovremmo essere contenti allora che la nostra società abbia aperto gli occhi su un fenomeno esistente da millenni: e cioè che i ragazzini vengono malmenati, i padri vanno a letto con le figlie e i fratelli con le sorelline, e alcuni preti seducono ragazzi e ragazze. E per questo, alla fine, abbiamo deciso di proteggerli.

Ma siamo sicuri che sia così?
Un mio amico psicanalista qualche anno fa mi raccontò una storia: in una cittadina inglese si vociferava che ci fosse in giro un pedofilo. Una banda di uomini ubriachi andò in giro per la città, di notte, con la dannata voglia di catturarlo. Videro una porta con la targa “Paediatrician”, scambiarono quella scritta per “Pedophile” e distrussero lo studio della pediatra. Ora, a colpire non è solo l’idea assurda che un pedofilo possa mettere sulla porta di casa una targa che lo qualifica come tale, ma anche che si sia voluto punire una persona che cura i bambini, non che li violenta. E’ una specie di lapsus freudiano, che meriterebbe una seria interpretazione e che rivela la nostra ambivalenza nei riguardi del mondo infantile e che spiegherebbe la furia che si scatena contro chi è accusato di pedofilia.