Indagine sulla sessualità, tra occidente e oriente

Edipo e la Sfinge, mascolinità e ambiguità. Freud nell'èra della fluidità di genere

Massimo Ammaniti

Nello studio del padre della psicoanalisi "Edipo e la Sfinge" dominava sopra il lettino dei pazienti, Edipo protagonista e la Sfinge in ombra. Freud scelse la Ragione della cultura europea, prendendo le distanze dalle ambiguità orientali. Ma oggi la rigidità dell’identità di genere è messa in discussione proprio in occidente

Nel libro di Giulio Guidorizzi da poco pubblicato “Sofocle, l’abisso di Edipo” (Il Mulino, 2020) viene riproposta la figura drammatica di Edipo, le cui vicende hanno ispirato non solo la drammaturgia e l’antropologia del mondo antico, ma anche la stessa psicoanalisi che ne ha fatto il pilastro delle proprie teorizzazioni. Come è noto nello studio psicoanalitico di Sigmund Freud, a Vienna in Berggasse 19, vi era la riproduzione del quadro di Jean-Auguste-Dominique Ingres “Edipo e la Sfinge” proprio sopra al lettino dei suoi pazienti. È un quadro neoclassico nel quale Edipo, col suo corpo nudo stagliato come una statua greca, un mantello sulle spalle e due lance appuntite che porta con sé, si confronta con la Sfinge, figura inquietante dal volto femminile severo, seni prorompenti in un corpo con ali di avvoltoio e zampe di leone.

 

Nella scenografia del quadro la figura di Edipo è in piena luce, protesa verso la Sfinge nel tentativo di sciogliere l’enigma, mentre quest’ultima è in ombra nell’ingresso di un antro dove si intravedono le ossa degli uomini uccisi e divorati da lei. In questo confronto pericoloso con la Sfinge, Edipo ne esce vittorioso, ma senza rendersi conto che sta per precipitare nell’incubo dell’incesto, sposando sua madre Giocasta da cui avrà quattro figli. Solo quando scoprirà di aver ucciso il padre ed essersi congiunto con la madre si punirà accecandosi, per non aver visto prima i propri misfatti. Il quadro di Ingres letteralmente sovrastava i pazienti di Freud distesi sul lettino, ribadendo la centralità del complesso edipico nella teoria psicoanalitica vissuto a livello inconscio durante i primi anni di vita, quando il bambino nelle sue fantasie vuole sopprimere il padre per il possesso della madre, conflitto questo che lascerebbe poi tracce importanti negli anni successivi in campo sessuale e affettivo.

 

In questa narrazione freudiana Edipo è senz’altro il protagonista centrale, mentre la figura della Sfinge rimane in ombra, ai margini della scena, custodendo segreti e misteri, come quelli che i bambini vogliono scoprire sulla sessualità dei genitori e sulla nascita dei bambini. Era più che plausibile che all’inizio del secolo scorso nella società asburgica, profondamente sessuofobica, i bambini fossero all’oscuro della sessualità dei genitori e inevitabilmente fantasticassero molto. Ma perché Freud nella sua lettura del mito di Edipo ne privilegiò la sua figura, mentre gli altri protagonisti del dramma – dalla Sfinge a Laio e Giocasta – rimangono quasi sullo sfondo.

 

Un tentativo di rileggere la storia edipica è stato fatto tempo fa nella Mostra “Between Oedipus and the Sphinx: Freud and Egypt” (Tra Edipo e la Sfinge: Freud e l’Egitto) presso il Freud Museum di Londra, in cui sono state esposte statue e immagini di divinità egiziane che il padre della psicoanalisi collezionava ed esponeva negli scaffali del suo studio. Il rapporto fra Edipo e la Sfinge ha suscitato più che comprensibilmente interesse in campo psicoanalitico, come viene testimoniato da un articolo del 1921 di uno degli allievi più brillanti di Freud, Theodor Reik, in cui cercò di scavare le origini culturali e mitologiche della Sfinge, una figura ibrida, al pari delle sirene o dei centauri, che originava nell’oriente, in Egitto, ma con un volto maschile, per poi essere accolta in Grecia dove veniva femminilizzata.

 

E la Sfinge aveva valenze simboliche diverse, rappresentando divinità oppure dinastie di re o ancora custodi delle tombe. Non va dimenticato che qualche anno prima si era consumato lo strappo doloroso di Carl Gustav Jung da Freud, sicuramente l’allievo più brillante e geniale, proprio sull’interpretazione del complesso edipico e dello stesso funzionamento inconscio. E mentre per Freud l’inconscio è legato alle rimozioni dalla coscienza, come avviene per le fantasie edipiche che emergono nell’infanzia e non solo, per Jung l’inconscio prende origine dalla stessa naturalità umana che l’accomuna a quella degli animali, una sorta di interiorità biologica da non demonizzare. Nella visione di Jung, la Sfinge nella sua ibridazione umana e animale si avvicina alla madre primitiva, che inghiotte e divora i propri figli, ma da cui ci si può liberare solo se i suoi enigmi e i suoi segreti vengono sciolti, come succede a Edipo attraverso la ragione.

 

Ma si può aggiungere che la ragione non libera mai completamente da questo legame fatale con la madre, come succede a Edipo che agisce inconsapevolmente congiungendosi con la madre Giocasta, che nella tragedia “Edipo Re” di Sofocle sollecita il figlio e addirittura lo prega di non andare a scavare nelle proprie origini. Non si tratta di un precipitato rimosso della civiltà umana che viene allontanato dalla coscienza, secondo la versione di Freud, ma di un oceano illimitato da cui prende corpo la coscienza, proprio come la mente infantile che emerge dall’abbraccio avvolgente della madre. Per ritornare alla figura della Sfinge, questa condensa in sé la naturalità animale e umana, proprio come succede alle madri che nella loro dimensione corporea condividono molti processi biologici presenti nei mammiferi.

 

Secondo questa interpretazione, non è tanto la madre edipica che viene desiderata sessualmente, quanto piuttosto una madre primordiale divorante da cui è difficile liberarsi. Nonostante questa passione per il mondo orientale e per l’Egitto, Freud fu profondamente attratto dalla figura drammatica di Edipo, protagonista delle tragedie di Sofocle la cui vita si svolse fra Corinto, il luogo in cui crebbe, e la fatale Tebe, dove si trovò a uccidere inconsapevolmente il padre e a congiungersi con la madre. Il quadro di Ingres che abbiamo descritto dà un rilievo centrale a Edipo con la celebrazione vittoriosa dell’identità greca di Edipo sul mondo egiziano della Sfinge, ma anche la supremazia maschile sulla donna, la cui animalità inquietante viene sconfitta.

 

Non va dimenticato che Ingres dipinse questo quadro dieci anni dopo l’invasione dell’Egitto da parte di Napoleone, il grande condottiero illuminato dell’occidente che sottomette il mondo musulmano legato ai rigidi dettami della religione. Al contrario, la figura della Sfinge non solo è androgina, ma è addirittura un’ibridazione fra l’uomo e gli animali, quasi venissero meno le rigide distinzioni su cui si basa il pensiero razionale. E d’altra parte lo stesso Freud in alcuni suoi scritti, come ad esempio nella “Sessualità Femminile” del 1931, ricorda che nella mitologia egiziana le figure delle divinità avevano un carattere androgino, con una combinazione bisessuale che sfida la rigida suddivisione dell’identità di genere maschile e femminile. Si tratta di un percorso ambiguo e inquietante per un figlio dell’Impero asburgico e Freud preferisce i rassicuranti confini della mascolinità, anche se la sua passione per la mitologia egiziana è testimoniata dalle molte statuette egizie che colleziona nel suo studio.

 

E questa sua scelta viene definitivamente ratificata nel suo ultimo scritto “Mosé e il monoteismo”, in cui ipotizza che Mosé non fosse ebreo ma egiziano, forse volendo in questo modo riaffermare il trionfo del patriarcato sul matriarcato, quest’ultimo ancora vivo nel mondo egiziano. Nel suo pensiero la bisessualità così propria dell’iconografia egiziana, personificata anche dalla madre fallica della Sfinge, viene sostituita dalla figura profetica di Mosé, che riafferma invece la legge maschile con il primato della spiritualità che comporta la repressione della sessualità, soprattutto quella ambigua. Freud sceglie in questo modo la Ragione della cultura europea, prendendo le distanze dalle ambiguità più sensuali della cultura orientale.

 

Questa scelta avrebbe poi indirizzato la psicoanalisi verso una concezione antropologica occidentale, che viene poi criticata in da Edward Said, l’intellettuale di origine palestinese autore del libro “Orientalismo”. Ma oggi questa visione rigida dell’identità di genere viene messa in discussione dai giovani dei paesi occidentali, più aperti alle fluidità e alle ambiguità delle identità di genere e alla stessa libertà sessuale, rispetto ai coetanei dei paesi orientali che rimangono legati al primato della mascolinità.

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