Leggere Carofiglio

Mariarosa Mancuso

Due “cioè” in cinque righe ci ricordano il grande guaio dei besteller soffocati dalla ridondanza. Ma l’opacità piace

A pagina 69, “La misura del tempo” di Gianrico Carofiglio (Einaudi Stile Libero, secondo tra i candidati allo Strega 2020 sottoposti a carotaggio letterario) ha un esercizio di fisiognomica. Guido Guerrieri, l’avvocato barese conosciuto in “Testimone inconsapevole” cerca le somiglianze tra una certa Lorenza e il giovanotto che ha davanti. Era un Sellerio 2002, primo passo della carriera da bestsellerista e da personaggio.

  

“I colori erano del padre, chiunque fosse”. In una storia di Perry Mason, tornato a nuova vita giusto la scorsa domenica con una miniserie su Hbo, ci sarebbero gli estremi per obiettare. Qui si cerca di influenzare il lettore, atteniamoci ai fatti: era il pregio del Guerrieri prima maniera, quando non ancora non lo annunciavano sulla fascetta rossa come “Il ritorno emozionante di un grande personaggio”. Ora sostituita dalla fascetta “Candidato allo Strega”: sarà interessante vedere se un eventuale premio procurerà a Gianrico Carofiglio più lettori di quelli che ha già.

 

Continuiamo: “Lorenza era scura di capelli; cioè lo era stata, perché adesso era di un grigio opaco”. L’opacità piace, la ritroviamo anche sulla quarta di copertina. A pagina 69 intanto comincia l’escalation: “Ecco, opaca era l’aggettivo che la descriveva, in generale”. E via ancora: “Era opaca come i personaggi di certi romanzi fantastici, esseri che hanno perso la loro consistenza e diventano via via più evanescenti”. Bene, grazie, c’è altro? Sì che c’è: “Cioè l’esatto opposto della ragazza che avevo conosciuto tanti anni prima”.

   

Lo sospettavamo, ma non possiamo fare a meno di notare che è il secondo “cioè” in cinque righe. Cosa sia l’esatto opposto, si immaginava anche senza la spiegazione per i distratti: “La creatura del passato era un’entità luminosa, che pareva scintillare di una luce propria e quasi concreta”. Per restare in clima di sospetto: abbiamo sempre pensato, in fondo al nostro cuore di lettori impazienti, che certi bestseller fossero soffocati dalla ridondanza. Al lettore piace essere tenuto per mano, da oggi cominciamo a raccogliere le prove.

 

Ora ci sono i lineamenti del ragazzo, da esaminare. “La bocca del ragazzo era simile a quella della madre. Anche le orecchie, un po’ più grandi della media”. Dio sta nei dettagli, e gli smascheratori di falsari, come i periti che giudicano l’autenticità delle opere d’arte, sanno che le orecchie e i nasi sono rivelatori.

 

Nella seconda metà di pagina 69, l’uomo Guerrieri lascia il posto all’avvocato che interroga il giovanotto a proposito di certe dichiarazioni spontanee. Argomenti: un precedente consiglio legale (poi definito dal Guerrieri “odioso, ma in sé non privo di senso”), l’ombra di una famiglia mafiosa, illazioni sul comportamento dei giudici. La pagina 69 risulta in perfetta consonanza con il lancio in copertina, che rivela un’altra informazione: Iacopo (scritto così) è in carcere per omicidio volontario. Fatichiamo a trovare invece “la scrittura inesorabile e piena di compassione” – ma pensate a quanti romanzi fantastici Georges Simenon ha scritto, badando soprattutto alla tecnica.

 

Andiamo a pagina 99 per un supplemento di indagine. Interrogatorio. A Iacopo, in carcere, suggerisce una sbirciata alla pagina 98. Risse, in un posto chiamato “Chilometro Zero” (nessuno è al sicuro dall’ecologia che avanza). Pestaggi (“un tipo che apparteneva a una famiglia pesante”). Omertà. Interrogatori e processi, siamo in un legal thriller. Autofiction (ieri) e romanzo di genere (oggi): nella sestina dello Strega, pervenuti.

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