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Mentre andate al supermercato, ricordatevi che la fila è calda di vita

Mariarosa Mancuso

Trarre da un libro consigli azzeccati, anche per la conversazione

Nel romanzo “La Pietra di Luna” di Wilkie Collins, il maggiordomo incerto sul da farsi consulta “Robinson Crusoe”. Apre il libro a caso, e ne trae consigli sempre azzeccati. Non serve tanta fedeltà, per intrattenere con i romanzi conversazioni di gran soddisfazione: puntuali, mai fuori tema, originali. S’è parlato tanto di file, nei giorni della quarantena stretta: niente consegne fino a luglio, io me la cavo comprando nei piccoli negozi, guarda però come son disciplinati gli italiani, somigliano al quadro di Magritte con gli omini che piovono dal cielo. Anche nella variante, non meno noiosa: ma ti ricordi le code che facevamo al festival di Cannes?

  

Per la conversazione brillante, soccorre un racconto di Gianni Di Gregorio. Già regista e sceneggiatore di “Pranzo di ferragosto” (lo ricordiamo nei minimi dettagli, per via di una mamma identica a una delle vecchiette). E dunque, le file – così come appaiono nella prima storia di Lontano lontano” (Sellerio): “La fila è calda di vita, ciascuno ha amato almeno una volta, molti più di una, e alcuni l’hanno dimenticato facendo la fila e diventando vecchi , alitano e sono come la mucca e l’asinello per me bambino”.

  

Il bambino ha cinquant’anni, vive con l’anziana madre e per lei fa tutte le file che servono. La mattina riceve gli ordini di servizio, ma i giretti in farmacia non bastano, e allora ne fa altri mentre “le idee evaporano nella pipparella”. Alberto Arbasino, parlando di Giovanni Pascoli – mica era uno da far sociologie – raccontava l’orfano settantenne che eredita il negozietto dei genitori e sopra la cassa tiene “tra due garofani secchi la fotografia su porcellana dei vecchi genitori”. Qui il fanciullino alla svolta del mezzo secolo privo di pensione propria – non può neanche dire che non l’avevano avvertito – vive con la longeva genitrice, che mangia frappe e ci beve sopra il cognac. Munita di pensione, certo, perché “Con la pensione siamo immortali”.

  

Il calore della fila ricorda una vecchia battuta del comico americano George Burns, morto quasi centenario nel 1996 (la sua pensione salvavita era continuare a recitare). Diceva: “Se non fosse per qualche borseggiatore la mia vita sessuale sarebbe zero”. Anche su questo ormai possiamo mettere la croce: con i circoletti sui tram e nelle aree picnic e le corsie preferenziali per entrare nei negozi, il borseggio riesce solo al Dottor Octopus, uno degli arcinemici di Spider-Man.

  

“Aiòn” è il titolo del racconto. L’eternità, per i greci antichi. Titolo respingente, mica tutti hanno voglia di rispolverare Eraclito. Il lettore vero – che legge per divertimento – quando non capisce, scappa. Solo il lettore finto – che legge per farlo sapere in giro – quando non capisce crede di essere entrato in un superiore universo culturale. Per fortuna gli altri racconti sono intitolati “Incantesimo” e “Lontano lontano” (come il film che fece una rapida uscita in sala – e guai a chiedere link, prima del coronavirus).

  

Pensionati sempre (“teniamo in mano l’economia di questo paese” dice una signora in “Figli”, scritto da Mattia Torre). Vogliosi di fuggire, quando a trasferirsi in Portogallo si pagavano meno tasse. E vogliosi di altri svaghi, sempre con la dovuta pigrizia e timidezza. Magari mandando giù il Viagra con l’acqua dell’annaffiatoio (scena da antologia nel film “Gianni e le donne”). In un universo di minestrine e Gratta e Vinci. Gianni Di Gregorio, nella parte di se stesso, fornirà altri miserabili dettagli giovedì (pagina Facebook di Sellerio, e dove altro?) Assieme a Mattia Carratello, editor e compositore che con Stefano Ratchev ha scritto le musiche di “Pranzo di ferragosto”.

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