Tornano le avventure (psicotrope) del Mella e il Paride nel Valdarno

David Allegranti

Dopo undici anni Laterza ripubblica “Gli interessi in comune” di Vanni Santoni

Roma. Undici anni dopo la prima pubblicazione, ma stavolta con un editore diverso, torna in libreria Gli interessi in comune (Laterza), romanzo del nostro Vanni Santoni, autore prolifico che nella sua carriera ha affrontato vari generi (fantasy compreso) e editor di narrativa per Tunué. All’epoca, nel 2008, Santoni aveva trent’anni precisi e quello era il suo primo romanzo, ma già s’intravedevano due tratti caratterizzanti della scrittura santoniana: l’ironia nello stile, garbata e non sbracata, e la provincia come categoria dello spirito, non un non-luogo dove dimenticarsi e dimenticare ma il luogo che racchiude tutti gli altri.

 

Due tratti che ancora oggi contraddistinguono le opere di Santoni, che ha trasformato la sua Toscana in una sineddoche letterario-sociale. La provincia dei suoi libri, come Gli interessi in comune, è una parte per il tutto. Non si può capire l’Italia senza capire le sue province, che Santoni conosce bene perché è da lì che viene. Come, del resto, è da lì, dal Valdarno a essere precisi, che vengono i protagonisti di questo romanzo – Iacopo, il Mella, il Paride, il Malpa, il Dimpe e Sandrone – che il 3 ottobre è tornato sugli scaffali delle librerie dopo essere rimasto per anni nelle biblioteche di chi conserva gelosamente la copia feltrinelliana. Già, perché gli “Interessi” a un certo punto, come succede a quelle rockstar che spariscono giovani dopo il successo, sono diventati oggetto di culto (fotocopiato, imprestato) e di molteplici richieste di ristampa alla casa editrice milanese, che poi ha venduto i diritti alla Laterza, con cui Santoni ha già pubblicato altri libri, tra cui Muro di casse e La stanza profonda.

 

Per chi lo ha già letto è il momento buono per rileggerselo in questa elegante nuova edizione laterziana, per chi non lo ha mai incrociato è l’occasione per buttarsi fra le braccia del Mella e del Paride, che saranno felici quanto lo eravamo noialtri che nel 2008 ci divertivamo già con le loro storie, tragiche e comiche insieme, raccontate in ventitré capitoli. Ognuno dei quali porta il nome di un tipo di droga al quale è associato un viaggio o se volete un delirio. Sono quelli infatti gli “interessi in comune” dei protagonisti, che passano da un’esperienza psicotropa all’altra e sono per Santoni il tramite attraverso il quale costruire un libro d’avventura.

 

In questi anni chi ha letto il libro spesso si è fatto una domanda: ma l’intento di Santoni era quello di denuncia o di allarme nei confronti dell’uso e abuso di sostanze? E’ una questione che sovente è stata posta anche a Bret Easton Ellis, pure lui un tempo autore generazionale nel senso migliore e più autentico, capace di descrivere in Meno di zero i figli ricchi della Mtv generation, abilissimi nel cercare di toccare il fondo nella maniera più distruttiva possibile (e con l’intenzione di superarlo, quel fondo, senza mai risalire). Santoni una volta parlando con Mangialibri ha dato una risposta alla questione che vale la pena rileggersi oggi: “Assolutamente nessuno spirito di denuncia né tantomeno di allarme. L’opposto anzi: i personaggi de Gli interessi in comune collezionano esperienze psichedeliche, e più in generale psicotrope, anche esponendosi a rischi, ma non sono in alcun caso marginali, anzi per molti versi sono migliori dei loro pari e dei loro stessi genitori”. 
Inoltre, per quanto involontario, aggiungeva Santoni, “il loro approccio alle sostanze è animato da con spirito che potremmo ben definire gnostico: una ricerca, disordinata e a tratti drammatica (ma solo perché la società rifiuta e criminalizza tale ricerca, e per di più si trovano in un paese in cui anche la controcultura, o quel che ne rimane, non la vede necessariamente di buon occhio), che è piuttosto una reazione alla crisi valoriale del mondo in cui sono immersi, e non un sintomo, quale alcuni hanno ravvisato, di una loro mancanza di valori”.

Di più su questi argomenti:
  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.