Brescia, UNI BS Day, incontro con Emanuele Severino

La lezione di Emanuele Severino sull'Essere e l'eternità che affascinò Heidegger

Massimo De Angelis

Il senso spirituale dell’esistenza e la disputa con i teologi

Emanuele Severino, da considerarsi il maggior filosofo italiano odierno, ha compiuto quest’anno, in perfetta forma, 90 anni. E proprio in questi giorni abbiamo appreso che il suo pensiero, sin dagli scritti giovanili, fu oggetto di continuativa attenzione da parte del grande filosofo tedesco Martin Heidegger. Di preciso sono venute alla luce tre note di questi, due relative a Heidegger e la metafisica, del ’50 (la tesi di laurea di Severino) e una al celebre saggio “Ritornare a Parmenide” nel 1964. La scoperta si deve alla ricerca dell’ultimo assistente del filosofo tedesco, Friedrich von Hermann, il quale dispone delle “chiavi” dell’archivio Heidegger, e dell’italiano Francesco Alfieri, dell’Università lateranense, suo assistente personale, col quale ha già pubblicato recentemente in Italia, presso la Morcelliana, “Martin Heidegger, la verità sui quaderni neri”.

 

L’interesse di Heidegger per Severino è stato confermato da una lettera dello stesso Von Hermann, inviata alla conferenza stampa tenutasi lo scorso fine settimana a Milano, per presentare il convegno internazionale che si terrà a giugno a Brescia proprio sui rapporti di pensiero tra i due filosofi. Il nipote Heinrich, si afferma tra l’altro nella lettera, ricorda perfettamente i richiami dello zio a Severino nei colloqui che egli aveva col fratello Fritz, e l’interesse per la ricerca del nostro filosofo era ben presente anche in altri filosofi tedeschi del tempo, a cominciare da Gadamer.

 

Tale attenzione è tanto più significativa in considerazione della allora giovane età di Severino, del fatto che in genere Heidegger è stato sempre estremamente parsimonioso di citazioni di altri filosofi anche di rilievo, e inoltre del suo scetticismo nei confronti dei pensatori di area latina. “Oltrepassamento, il nulla apre alla domanda metafisica - Severino, ‘Sulla metafisica’, 1958”: così suona la prima nota resa pubblica (le altre due lo saranno al convegno di Brescia). Frase che riecheggia la convinzione di Heidegger, ricordata da Alfieri, secondo cui “solo quando tutte le certezze sugli enti vengono meno nasce la domanda sull’essere”.

  

A che cosa si deve infine tale interesse? Si può esser certi che esso è legato al fatto che la ricerca di Severino, al pari di quella di Heidegger, si interroga con la massima radicalità sul tema dell’“Essere”. Con la differenza che per Heidegger l’Essere è Tempo mentre per Severino ogni essente, per esser tale, non può che essere eterno. La differenza è tra un approccio che induce a interpretare l’Essere a partire dalla storia e un altro che colloca ogni evento nella dimensione dell’Eterno. Il problema, dunque, è il rapporto tra Tempo ed Eternità. Problema enorme, che può apparire tremendamente astruso ma che non lo è. Ne va infatti del senso che l’uomo e ogni persona può attribuire alla propria esistenza. Tanto più oggi in assenza di placebo storicistici. E ovviamente il tema è cruciale per i rapporti della filosofia con la fede e la teologia.

  

Come è noto, nel 1970 Severino dovette abbandonare l’insegnamento presso l’Università cattolica in quanto, dopo lunghi approfondimenti, la Congregazione per la dottrina della fede decise per l’inconciliabilità tra la sua filosofia e la teologia cattolica. La metafisica tradizionale, e con essa la teologia cattolica, si fondano infatti sulla alterità tra essere eterno da un lato ed enti e storia dall’altro, destinati questi ultimi a oscillare tra “esserci e non-esserci”. Condizione questa per Severino contraddittoria con l’essere inerente a ogni ente. Mezzo secolo è trascorso da allora. Sul piano filosofico ma anche su quello del vissuto dell’uomo contemporaneo.

 

Il più acuto contestatore di Severino fu allora il gesuita Cornelio Fabro il quale sosteneva che, rinunciando a quella alterità tra l’Essere e gli enti, si sarebbe caduti nell’immanentismo e perciò nel nichilismo. Egli stesso successivamente ha però registrato qualcosa di nuovo e importante affermando che “legati ai vecchi schemi i teologi hanno perso contatto con la nuova realtà che ha capovolto l’asse spirituale del mondo ed il loro discorso è divenuto ‘senza situazione’”. E forse, dalla riflessione su questo nuovo asse spirituale del mondo e insieme dalla meditazione su un pensiero della relazione tra Eternità e Tempo, quale quello che la filosofia di Severino ci consegna, potrebbe aprirsi una riconsiderazione e un superamento del processo di 50 anni fa e delle sue conclusioni.

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