Leonardo per tutte le esigenze politiche: chicche dalla presentazione ai Lincei

Fabiana Giacomotti

Celebrazioni anche per Raffaello e Dante (con investimenti intesa)

Roma. Leonardo cattolico, anzi no laico. Nel 1952, nello scontro fra la Dc di De Gasperi e l’ala del Pci che, esclusa la Firenze di La Pira, dominava la Toscana e che si diede battaglia perfino in occasione del cinquecentenario della sua nascita, sul filo dell’interpretazione del ruolo dell’uomo nell’universo. “Il grande libro dell’Universo che è scritto da Dio, lo convince più di quelli che nella dotta Firenze dei suoi tempi, letterati e filosofi, scrivevano derivando dagli antichi”, disse il presidente del Consiglio nel discorso tenuto a Firenze, a cui seguì a stretto giro un convegno di ispirazione diametralmente opposta promosso dai comuni dell’area vinciana. Leonardo populista, anzi non elitario (oggi). Ma era stato anche avversatore dei “Germani” nel 1919, quarto centenario della morte, caduto a pochi mesi dalla fine della Grande Guerra e suggellato da un volume celebrativo curato dal politico radicale Mario Cermenati che oggi è facile definire mediocre, imbevuto com’è del dramma del conflitto, realizzato in fretta e con pochi mezzi: era bastata una riga di descrizione di una certo trattamento inflitto ai prigionieri che prevedeva uso di pece e piume per trasformare Leonardo in un campione delle virtù democratiche romane, anzi latine. Un genio vinciano per ogni stagione e ogni governo, insomma, tirato dalle correnti politiche degli ultimi due secoli per la guarnacca, o meglio per la “toga” con cui consigliava ai suoi allievi di vestire i loro ritratti di “vecchi” perché tutti fossero “accomodati all’età e al decoro”, è qualcosa che francamente ci mancava e che aggiunge un frisson di interesse all’infinito utilizzo che, in quest’anno di celebrazioni, viene fatto del suo genio.

    

Dopo esserci sorbiti perfino un “Leonardo wedding planner” ad uso di una storica testata di gastronomia, giovedì mattina all’Accademia dei Lincei abbiamo invece ascoltato con molto interesse la relazione di Paolo Galluzzi, presidente del Comitato nazionale Leonardo, in apertura della presentazione del calendario delle iniziative lincee per le celebrazioni, che comprendono l’esposizione di uno “studio di panneggio per una figura inginocchiata”, proprietà dell’istituzione e appena restaurato, e “la Gioconda nuda” della Fondazione Primoli, ritratto di scuola. Programma ricco, che si estenderà fino al 2021 per le ricorrenze di Raffaello (cinquecentenario della scomparsa, 2020) e Dante (settecentenario della morte, 2021) e che l’Accademia ha voluto riunire in un progetto comune, il “Trittico dell’ingegno italiano” che, complice la pluridecennale amicizia fra il presidente emerito dei Lincei Alberto Quadrio Curzio e il presidente onorario di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli, verrà sostenuta dall’istituto lungo tutto il triennio.

 

Che il primo gruppo bancario italiano ed europeo sia diventato anche il primo attore culturale nazionale è risultato ovvio dalle parole del chief institutional affairs and external communication officer, Stefano Lucchini, che, sottolineando i 60 milioni di euro investiti nel 2018 per “la crescita culturale” ed etico-sociale del paese, ha  detto che la stessa cifra, forse addirittura maggiorata, verrà stanziata nel prossimo triennio. Largamente sufficienti per recuperare gli studi e forse frettolosi del secolo scorso, perfino nell’ottica di entertainment con cui l’Accademia, per la prima volta, si apre ai gusti del vasto pubblico: a ottobre, a corollario della mostra “Leonardo a Roma”, verrà inaugurata una delle “esposizioni impossibili”, che piacciono al grande pubblico: l’opera omnia di un dato artista in ricostruzione digitale. Il genere di “esperienza immersiva” lanciato da Marco Balich che sta diventando uno standard di fruizione.  

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