Bret Easton Ellis

“Sono un maschio bianco privilegiato”. Il nuovo libro di Bret Easton Ellis

Giulio Meotti

Contro la “castrazione collettiva” della cultura contemporanea

Roma. Coi suoi romanzi generazionali, Bret Easton Ellis ha sempre avuto una predilezione a disturbare. Iniziò con “Meno di Zero”, il romanzo della cosiddetta Mtv Generation. Poi con “American Psycho” il bestseller sugli yuppies dissoluti e sociopatici (il protagonista, Patrick Bateman, adorava Trump). Proseguì con “Le regole dell’attrazione”, sui ragazzi bene dei campus universitari. Infine “Glamorama”, spietato ritratto della società dello spettacolo, con vent’anni di anticipo su Instagram e i selfie. Il ragazzo-prodigio della letteratura nordamericana, oggi 54enne, si è occupato dell’ultraviolenza, del nichilismo disinvolto e delle superficialità americane. Il suo minimalismo così lontano dal fascino delle speranze globali gli ha portato l’odio di tanti benpensanti. Ieri è arrivato l’annuncio del suo nuovo libro, il primo in dieci anni, dopo “Imperial Bedrooms”.

 

Il celebre scrittore americano gay lo intitolerà “White” e uscirà nell’aprile prossimo da Knopf. Vi parlerà di come la libertà di parola “è minacciata nella società di oggi”, di cosa ci sia di sbagliato nella “cultura del consenso” che si fonda su “linee immaginarie di moralità” e che “pretende scuse da ogni panino o insalata che non gli è piaciuto”.

 

All’inizio, ha spiegato Easton Ellis a Vulture, voleva intitolarlo “White Privileged Male”, maschio bianco privilegiato. Poi ha scelto il più secco “White”. Easton Ellis si scaglia contro “la cultura esibizionista in cui le persone vogliono condividere come si sentono”. Dice di voler “inveire sulla cultura aziendale e sulla libertà di espressione e su come le due si mescolano, su come le multinazionali decidono cosa le persone possono dire e come possono esprimersi, che tu sia un attore o un comico o altro”. Ellis definisce il politicamente corretto come “qualcosa di così regressivo e lugubre da assomigliare terribilmente a un film di fantascienza distopica, ambientato in un mondo in cui è permesso un solo modo per esprimersi, in un clima di castrazione collettiva che avvolge tutta la società”. E’ la Generation Wuss, la generazione di incapaci che si abbatte su chi non appartiene al branco, quelle “anime candide diventate tutte nonne e matrone che stringono le loro perle con fare inorridito quando qualcuno ha un’opinione diversa”. Ad agosto, la rivista Rolling Stone gli ha chiesto se, in quanto gay, Ellis non avrebbe dovuto votare a sinistra. “Questo suggerisce che io creda nella politica dell’identità, e che io voti con il mio pene”, ha risposto. “Questo è il problema con la politica dell’identità, ed è ciò che ha messo in difficoltà Hillary. Se hai una vagina, devi votare per Hillary”. Dice di vivere “con un socialista millennial anti Trump” e che non gli piace definirsi “gay”, ma “sessualmente confuso”, forse per far incazzare i compagni della sua comitiva letteraria.

 

Qualche anno fa, Ellis si incazzò di brutto “quando, partecipando a una festa a Los Angeles, poco prima delle ultime presidenziali, mi toccò ascoltare i discorsi allarmati per il probabile successo di Bush da parte di gente bianchissima, ricchissima, felicissima: che cosa avrebbe mai dovuto temere quella gente da Bush?”. Gli venne allora in mente di dedicare il suo nuovo libro al grande imputato della cultura contemporanea, il maschio bianco privilegiato.

Di più su questi argomenti:
  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.