Foto via Maxpixel

Caro amico, se non dormi non è per i pensieri, ma è per la primavera

Edoardo Camurri

Le poesie di Sergio Solmi e la febbre di Artemide

Sei diventato un insonne, infinite sono le preoccupazioni che occupano i tuoi pensieri, che ti agitano e che richiedono, mi dici, una tua verbalizzazione, il controllo del ragionamento, la messa a punto di un ordine. In questo, e ti sto prendendo in giro perché ti voglio molto bene, sarai simile a Salvini e a Di Maio che in queste settimane, come le tue insonnie insonni e cerebrali (ei, davvero, scherzo), li immagino nel tentativo di sistemare il loro caos di aspirazioni tutte tra Campobasso e il Quirinale. Fortunatamente la tua insonnia non si agita di ragioni contingenti ma vibra di motivi eterni e sublimi: le tue sono insonnie, mi confessi, d’identità e di amore e d’inquietudine.

  

Dormi poco, ti addormenti per venti minuti, poi ti risvegli, poi ridormi, inanelli pensieri fiume per pochi minuti onirici, poi ricadi in un sonno che ti arriva come un colpo di pistola alla nuca, poi sei di nuovo attivo e ti ritrovi con la testa perforata. Il tuo cuore è in subbuglio, mi scrivi. Ti confessi che puoi perdere tutto o vincere tutto, non ti dai pace e, come nelle trattative politiche di questi giorni, rimani insonne fino al momento che le circostanze, temi, decidano per te, lasciandoti un paio di occhiaie che potresti raccogliere neanche troppo idealmente tra le mani. Ho sorriso tanto quando a un certo punto, tra i tuoi dilemmi sentimentali, mi hai detto che sarà la primavera. Questa cosa della primavera mi ha aperto dei mondi bellissimi che ti vorrei raccontare partendo dalle riflessioni di un grande intellettuale italiano del Novecento, Sergio Solmi. E lascia che ti rassicuri subito: certo che è la primavera; è la tua primavera speciale, di rinascita. Ma cominciamo con ordine. In uno dei suoi libri più belli, le “Meditazioni sullo Scorpione” (lo trovi pubblicato da Adelphi), Solmi scrive: “Il sonno è pensiero puro. La tragedia dell’insonne consiste nella difficoltà di staccare il pensiero dai suoi contenuti presenti: il corpo, prima di tutto, il mondo sensibile, i fatti storici. Il sonno, come il pensiero puro, è innanzitutto un rifiuto indefinito dei contenuti, di ogni possibile contenuto”. Qui Solmi ti sta offrendo un’idea di grande importanza: il vero pensiero, quello puro, non è fatto di contenuti, ma in un certo senso li precede e li determina, come il sonno dell’uomo sano anticipa la veglia. Il pensiero puro, se vuoi, è la matrice che precede ogni cosa essendo però sempre e nient’altro che le cose stesse che diventa; è Artemide, la dea della natura, nel suo tumultuare di elementi, animali e piante, ragnetti rossi che schiacci su un marmo assolato macchiandoti i gomiti e sorridendo, è pienezza di vita che germoglia, fiorisce, fermenta, sprizza, balla, salta, svolazza, aleggia e canta; un’infinità di simpatie e discordie, accoppiamenti e lotte, calma e movimento febbrile; Artemide è tutto questo, prima di tutto questo, è lo spirito vitale che collega e tesse ogni contenuto a esso legato, è il pensiero puro che precede ogni determinazione e che la rende possibile.

   

In un certo senso l’insonnia, la tua insonnia, è un pensiero della veglia, è un sonno impaziente che si vuole sveglio, è un sonno che freme per alzarsi e andare nel mondo. E’ lo spirito vitale, è Artemide che ha la febbre, ha proprio la febbre, di manifestarsi e di uscire allo scoperto.

  

Credo che a questo punto tu abbia già capito dove voglio arrivare, voglio arrivare a te, che in un momento di grazia, dopo aver sciorinato una serie di ragioni complicate e allarmanti dietro la tua insonnia, mi dici che è la primavera. Una volta, prima che ci vedessimo in una libreria dove ci eravamo dati appuntamento, mi hai sorpreso mentre in cima a una scaletta appoggiata su uno scaffale tenevo in mano un libro. Non mi ricordo se te l’avevo detto, ma stavo guardando un libro del 1950 con le poesie di Solmi. Per puro caso (esiste il caso?) dentro quel volume c’erano questi versi. Te li ricopio per intero, sono un inno a Artemide e, se lo vorrai, alla tua primavera insonne: “Qui dove la vita scuote / impazzita i suoi crotali nel giallo dei bottondoro, / la campanula oscilla nella sua / delicata vertigine, si screziano / anemoni e narcisi / e acceca il bianco della margherita, / al volo che s’abbatte / delle pulci splendenti si corruga / questa vecchia cotenna della terra, / s’irrita in prato variopinto. Anch’io, / Sole, porto il tuo rosso / emblema, m’hai / stampato dentro questa / luminosa fiorita insonnia d’erbe”.

  

Pensa a un bambino che nasce, il suo primo gesto è piangere e gridare, nascere o rinascere è doloroso, e non lo si fa mai senza protestare, in una serie di insonnie vitali. Artemide girava con arco e frecce ed era selvatica e inquieta. Buon inizio, amico mio, Luminosa-Fiorita-Insonnia-d’Erbe. D’ora in poi vorrei chiamarti così, come un indiano d’America.

Di più su questi argomenti: