Vasili Mikhailovich Arapov, Babushka - The Artist's Mother (1956)

La Russia è un paese per babushki

Micol Flammini

Dalla politica alla letteratura. Uno studio della Chatham House dimostra che le nonne sono il motore della società russa

Roma. In russo non esiste la parola signora e se per strada, un passante si deve rivolgere a una donna la chiamerà o devushka, ragazza, o babushka, nonna. Nessun passaggio intermedio. La lingua russa non comprende altri stadi biologici o ormonali transitori tra la gioventù e la vecchiaia, o sei ragazza o sei nonna. E le nonne, politicamente, socialmente e culturalmente sono molto importanti, come dimostra anche uno studio della Chatham House, Istituto reale di affari internazionali.

 

L’articolo, scritto da Ekaterina Schulmann, professore associato dell’Accademia presidenziale di economia nazionale di Mosca, dimostra che in Russia le babushki, le nonne, non soltanto superano in quantità le giovani e gli uomini, ma sono i dei ex machina della società. La popolazione russa è piuttosto anziana e ha una forte predominanza femminile. L’aspettativa di vita è di sessantacinque anni per gli uomini e settantasette per le donne. Il problema demografico, fa notare lo studio, non è determinato dalla bassa natalità, come in Europa, ma dalla prematura mortalità soprattutto maschile, causata da alcolismo, incidenti stradali e omicidi. Le donne sono in maggioranza e le adulte superano le giovanissime. Nell’articolo, l’autrice fa notare come in Russia negli anni Novanta il tasso di natalità fosse molto basso e oggi mancano giovani con età tra i venticinque e i ventinove anni che possano prendere parte attivamente alla vita politica. Le donne con più di cinquantacinque anni sono il gruppo sociale predominante e di conseguenza, scrive la Schulmann, anche l’agenda politica, soprattutto ora, in periodo di campagna elettorale, è calibrata su questa fetta di popolazione.

 

La mancanza di giovani elettori ha anche contribuito a creare il cortocircuito politico in cui versa la Russia da vent’anni a questa parte: i ragazzi fanno azioni dimostrative, manifestano, scendono in piazza quando Alexej Navalny chiama, mentre le donne, o meglio, le nonne, vanno a votare.

Le babushki sono anche delle grandi lavoratrici e continuano ad essere produttive fino a tarda età, si tratta soprattutto di signore anziane, che hanno perso il marito molto presto, contribuendo a fare della Russia una società idealmente matriarcale che trova le sue origini anche nell’identità religiosa.

 

Quando il popolo russo si aprì al cristianesimo lo fece attraverso le icone portate da missionari greci e bulgari, che ritraevano soprattutto la Madonna. L’imprinting rimase e i russi hanno da sempre professato una grande devozione verso la Madre di Dio tanto che lo stesso Nikolaj Berdjaev, filosofo anticomunista, ammise: “La Russia è più mariana che cristiana”. Lo scrittore Maksim Gor’kij, grande sostenitore dell’ateismo sovietico scriveva: “Il nemico invincibile dell’ateismo è la Madonna”. La frase compare nell’opera “La madre” del 1907, che ha come protagonista Pelageja Nilvona Vlasona, babushka courage sovietica che, dopo la morte del marito, si rimbocca le maniche e inizia ad assistere alle riunioni politiche organizzate dal figlio, aderendo alla causa.

 

Il marianesimo è di quelle costanti che mai abbandonerà il sostrato, il subconscio culturale russo e forse è anche una necessità sociale dato che, come dimostra lo studio della Chatham House, la società è costituita in prevalenza da babushki.

Si dice che per avere un’idea dell’anima russa bisogna leggere Dostoesvkij e lo scrittore pietroburghese ha creato la babushka più celebre della letteratura: Alena Ivanovna, la vecchia usuraia, sgradevole, sorda, avida che diventa l’obiettivo omicida di Raskol’nikov in “Delitto e castigo”. Il protagonista commette l’assassinio, nella speranza di liberare il mondo da “una vecchia maledetta” e di “servire la causa comune”. L’omicidio del giovane studente è un atto catartico che non gli riuscirà o meglio, gli si ritorcerà contro. Raskol’nikov viene scoperto, prima di sentirsi spinto a confessare vive un continuo incubo, non generato dal senso di colpa, bensì dalla paura di essere scoperto, la vecchia, da morta non lo libererà mai.

Se il Novecento ha ucciso il padre, la Russia non ucciderà mai le babushki e forse è meglio così.

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