Jonathan Safran Foer

Talmud e barzellette nell'ultimo capolavoro di Jonathan Safran Foer

Mariarosa Mancuso
La parola con la i minuscola come “israeliano” o maiuscola come “Israele”. L’abbiamo trovata con fatica nelle recensioni italiane di Jonathan Safran Foer. Il suo romanzo “Eccomi” è uscito ieri da Guanda.

La parola con la i minuscola come “israeliano” o maiuscola come “Israele”. L’abbiamo trovata con fatica nelle recensioni italiane di Jonathan Safran Foer. Il suo romanzo “Eccomi” è uscito lunedì da Guanda (i lettori americani aspetteranno il 6 settembre: un regalo dello scrittore al primo editore straniero che comprò “Ogni cosa è illuminata”). Più spazio viene riservato al ritratto di un matrimonio che a Washington (educatamente) frana. Julia ha scoperto il cellulare segreto di Jacob, con messaggi più che puntuali: “Ti farei questo, ti farei quello”. La moglie furiosa vuole divorziare, e Safran Foer non risparmia dettagli sulla passione spenta.

 

“Dillo, dillo, pronuncia la parola con la i” sbraita davanti alla tv il cugino di Jacob, che si chiama Tamir e vive in Israele (ha conservato il cognome Blumenberg, gli altri sono Bloch da un bel po’). Si trova a Washington in visita, ha appena finito di vantare i successi del paese odiato e accerchiato – testuale: “In nessun posto e in nessun momento le cose sono andate meglio di come vanno adesso in Israele” – quando la tv annuncia un disastroso terremoto a Gerusalemme. Si organizzano i soccorsi, ma neanche gli americani osano pronunciare la parola con la i. Meglio un fraseggio più neutro: aiuti alla popolazione locale.

 

Finisce che Tamir e Jacob paragonano le rispettive esistenze, di ebreo americano e di ebreo israeliano, e Tamir riassume così gli anni di formazione: “Tu cercavi di non annoiarti all’università, io ero militare e cercavo di sopravvivere”. Il ritratto di un matrimonio c’è, piuttosto spietato. Ma le oltre seicento pagine del romanzo non parlano solo di bagni con doppio lavandino dove scambiarsi l’ultima occhiata prima di raggiungere il letto coniugale, cercando di capire che aria tira. Con tutto il rispetto per i lettori che adorano le storie conosciute in cui identificarsi – e un divorzio prima o poi capita a tutti – Jonathan Safran Foer ha ambizioni diverse. Come dimostra la scelta del titolo:  “Eccomi” è quel che Abramo risponde a Dio che lo chiama per ordinargli il sacrificio del figlio Isacco. Ed è quel che Abramo risponde al figlio, quando Isacco capisce che manca l’agnello per il sacrificio.

 

Jonathan Safran Foer risponde “eccomi” a ogni questione aperta in materia di ebraismo e di Israele, gareggiando in bravura con Saul Bellow, Philip Roth, Bernard Malamud, Chaim Potok, Nathan Englander, i due fratelli Singer, Isaac Bashevis e Israel Joshua. Acchiappa il lettore con un incipit fulminante – “Quando la distruzione di Israele ebbe inizio, Isaac Bloch stava meditando se suicidarsi o trasferirsi alla Casa ebraica” – e non lo molla mai. Alterna Talmud e barzellette, vecchiaia e crisi adolescenziali, bacon vegano e cani incontinenti, divieti di shabbat da aggirare e indovinelli da risolvere. Quando parla di padri e figli, ricorda Cormac McCarthy in “La strada” (resta comunque uno scrittore americano, e ruba un po’ a tutti senza somigliare a nessuno). Quando Jacob sbircia il vicino di pisciatoio, lo riconosce come Steven Spielberg e con un’altra occhiata si accorge che il regista di “Schindler’s List” non è circonciso, potremmo essere in uno sketch di Louis C. K. (Woody Allen è un tipo più pudico).

 

Undici anni di lavoro (su 39 di vita) che si vedono tutti, e rispondono “Eccomi” anche alle domande sul futuro del romanzo. E sullo spazio – enorme, se uno sa scrivere così – che si potrà ritagliare tra le serie tv (Jacob fa questo di mestiere) e i videogiochi. Sam, uno dei figli di Jacob, ha un avatar nel mondo virtuale chiamato Other Life, dove ha costruito due sinagoghe, ma nella vita reale rifiuta il Bar Mitzvah. Il genitore fa danni, quando vuol giocare anche lui, e sono altre pagine spassose, al pari delle pagine dedicate alla bibbia. Minuscolo, qui: sono le istruzioni per sviluppare i personaggi di una serie tv.

Di più su questi argomenti: