Alicia Martin, “Biografias III”, installazione al Molino de san Antonio di Cordova

Libri da flâneur

Fabiana Giacomotti
Album da colorare per adulti, “love books”, volumetti con selfie e belfie dei famosi. L’editoria va forte, purché non sia da leggere.

Doverosa premessa. Sto per scrivere dell’inatteso boom dei libri da colorare per adulti e dell’oggettistica libraria che sta ridando fiato e un inatteso sbocco ludico-collezionistico al settore commerciale più prolifico ma anche più negletto del paese con il pc sulle ginocchia e i piedi poggiati su un grosso coffee table retto da quattro cataste di vecchi tomi. Per la maggior parte sono cataloghi di mostre che possiedo in doppia copia: le solite gambette di ferro battuto non mi piacevano e giudicavo quelle di marmo travertino “troppo anni Ottanta”, come diciamo noi della moda, oltre che del tutto inadatte per una casa sul lago, per cui anni fa ho scelto i volumi a uno a uno, badando alla varietà cromatica della costa, li ho impilati in colonnine ordinate e livellate con il fondamentale contributo di qualche copia del New Yorker, che peraltro figura sempre benissimo ovunque grazie alle copertine meravigliosamente illustrate. Quindi, vi ho fatto poggiare sopra il piano di vetro, godendomi l’effetto anche semantico di un coffee table fatto di coffee table books, cioè dei libri da sfoglio, ricchi di illustrazioni, impaginati con eleganza e scritti con garbo, che sono diventati una voce fondamentale nel bilancio degli editori in grado di inserirli in catalogo e uno strumento di comunicazione fondamentale per le aziende, ormai convinte dell’ineluttabilità seduttiva dello storytelling.

 

Qualche mese fa, cercando per un saggio il catalogo Bompiani della grande mostra sui celti che si tenne a Palazzo Grassi  nel 1991, entrambi all’epoca dominio della famiglia Agnelli, ho scoperto che non solo ne possedevo una copia unica, ma che su quella copia, oltre settecento pagine a giudicare dalla bella costa color acquamarina, insisteva il peso del grosso vaso di ortensie blu che piazzo sempre in quell’angolo. Ve la faccio breve: ho lasciato le ortensie dov’erano e ho fatto la mia brava ricerca su internet. Insomma, benché ogni tanto tenda a tirarmela da intellettuale, quando necessario non esito a usare i libri per livellare le gambe dei tavoli, vecchia immagine che trovo riproposta nei desolati comunicati annuali dell’Associazione italiana editori come nei romanzi di ultima generazione (“Rupes Recta” di Clelia Harris, strillo in cover “solo un Ricordante può fermare il killer che sta mettendo in ginocchio la colonia lunare”, da cui si suppone che il Ricordante sia quello che non usa i libri come puntello).

 

Trovo commovente che alla radice del sostantivo book si trovi il faggio dei boschi tedeschi e che quella latina equipari il libro alla libertà e alla corteccia su cui si usava scrivere, dunque ho guardato con interesse la nuova installazione di Alicia Martin al Molino de san Antonio di Cordova, “Biografias III”, costruita con una milionata di libri usati che cadono a cascata da una finestra. In generale, ritengo i volumi strumenti di arredo impareggiabili, giustificando perfino le importanti biblioteche acquistate al metro di tanta gente che conosco e che ha potuto permettersele perché non ha mai aperto uno dei libri che le compongono e che proprio per questo riconosce loro un valore ineguagliabile. Ho sempre sottolineato i libri, ho fatto loro tutte le orecchie che ritenevo utili e concordo con chi, come Umberto Eco, sosteneva che i libri si rispettino usandoli e non lasciandoli stare. Per questo, ritengo un segnale importante che il web, e in generale i social media, siano all’origine del successo di almeno due fra i filoni librari del momento: gli album da colorare per adulti appunto, ma anche i volumetti che raccolgono i selfie e i belfie dei famosi (gli scatti del treno posteriore di Kim Kardashian sono stati il bestseller 2015 di Rizzoli International negli Stati Uniti) e di recente i dogsie, che all’epoca di Charles Dickens indicavano una puttana da pochi penny, e ora gli scatti adoranti dei fido mondiali, preziosissimo strumento di lavoro per gli esperti di marketing e profilature commerciali, di cui trovate popolato Instagram.

 

Sul social più modaiolo, da cui transitano quotidianamente le migliaia di immagini sui quali i blogger fondano carriere e siglano contratti pubblicitari, alla voce “puppies”, cioè cuccioli, trovate in questo momento novemilionicentosessantaquattromilasettecentocinquantacinque post caricati, a cui dovete aggiungere la cifra pressoché equivalente dei tanti profili dedicati a razze specifiche (#adorabullfamily, #chowchowgallery), e i derivati commerciali come #woofwoofpuppiesboutique. All’Armani Libri Koenig di Milano, punto di ritrovo dei photo editor internazionali da quando ha chiuso la Milano Libri di via Verdi nel generale rimpianto, hanno appena esposto il volume “Dogs on Instagram”: non osando piazzarlo fra i libri di fotografia o tantomeno fra quelli d’arte, le due gentili e austere libraie l’hanno infilato fra i libri di moda, l’ovvio ricetto di ogni eccentricità. In attesa del rientro dei clienti a settembre, ipotizzano un successo almeno proporzionale a quello registrato dalla serie negli Stati Uniti, mercato preziosissimo dell’iconografia politicamente corretta e dello sfogo affettivo facilmente condivisibile e privo di impegno offerto dai quattrozampe di famiglia e che in effetti trova infiniti proseliti ovunque: l’amica Laura Morino Teso, per esempio, pubblica ogni anno un’agenda libraria a favore della Lega del cane dove inserisce le immagini dei cani e dei gatti dei sottoscrittori (“Dogue” e “Gattopolitan”, nessuna protesta da parte degli editori delle testate a cui le agende si ispirano perfino nel lettering ma anzi un entusiastico sostegno) e solo con quei proventi ogni fine anno ridà ossigeno al canile di Milano.

 

Che i milioni di affiliati a Instagram e Snapchat, dominio apparente dell’icona effimera, ritengano un supporto antico come il libro il mezzo indispensabile per dare credibilità a quelle stesse immagini, è il segno che le analisi di Roland Barthes sul valore dell’immagine come strumento di autenticazione del testo avrebbero bisogno di un aggiornamento, per non dire di una revisione.
Stefano Peccatori, direttore generale libri del leader di mercato, Mondadori Electa, che pure ritiene la moda dei libri costruiti sulle immagini Instagram un fenomeno di successo perlopiù all’estero e molto a rischio proprio per la facile e gratuita reperibilità delle immagini, a voler perdere un po’ di tempo sul cellulare (“dopo l’insuccesso di “Bella Belen” consigliamo alle star di cui ci occupiamo di non postare le immagini inedite tratte dal libro nella falsa speranza di promuoverlo”), riconosce però che la rete abbia favorito la nascita di nuovi generi e avvicinato all’oggetto-libro centinaia di migliaia di adolescenti, cioè la fascia anagrafica che abbandona bruscamente la lettura dopo l’affezione e l’interesse che le tributa durante l’infanzia, quasi un rito di passaggio verso un’età adulta che porterà la maggioranza di loro a leggere meno di un libro all’anno, perdendo in proporzione la capacità di comprendere i testi che legge, secondo gli ultimi dati Ocse in una media di sette su dieci.

 

Che il libro non venga letto o tanto meno compreso non significa, però, che non venga acquistato: nel 2015 la vendita di libri è aumentata di un piccolo, significativo uno per cento, primo anno in controtendenza dopo lustri di stagnazione, e non ci sono dubbi che, tolti i pochissimi bestseller e la manualistica, di cui la culinaria inizia (si può dire finalmente?) a segnare il passo, siano proprio questi libri da collezione, questi album, insomma questi gadget di cui la lettura è l’ultimo scopo, a fornire sbocco e risorse al settore. In Mondadori Electa la collana di volumi sugli youtuber , vedi “Sotto le cuffie” di Favij, giovanissimo leader di questa categoria con oltre 3 milioni di followers, ha registrato vendite per decine di migliaia di copie. I volumi della serie hanno grafica accattivante, piccolo formato, molte foto, prezzo adeguato al budget settimanale pizza-discoteca-motorino: Peccatori racconta che i fan hanno fatto la fila per assicurarsene una copia firmata, “simulacro del loro idolo”. Il libro come altro da sé, come simulacro appunto o come evento, lucida promessa di ricevimenti in lungo e calicini di champagne, è il comune denominatore dei libri di cui la stampa scrive attualmente con maggiore entusiasmo e che, non a caso, vengono recensiti nelle pagine dedicate alla cronaca di costume: qualche anno fa, si parlò molto del baule da viaggio creato da Goyard, pellettiere parigino massimo e di tradizione antecedente a quella di Louis Vuitton, per contenere le cento biografie di nomi della moda pubblicati da Assouline: prezzo complessivo novemilacinquecento dollari, valore superiore a quello medio di una cinquecentina in buone condizioni.

 

Due anni fa, attorno a Natale, le signore di Armani Libri vendevano a carissimo prezzo l’edizione “sumo” Taschen dell’opera omnia di Annie Leibovitz, novemila copie firmate comprensive di tavolino di design per sostenerlo e sfogliarlo senza il rischio di fratturarsi le rotule. Per il proprio libro foto-autobiografico, nato dopo una genesi di cui molti editor conserveranno lunga memoria, Giorgio Armani ha ottenuto lo scorso anno da Rizzoli un trattamento similare: dando prova di un’ironia che alla moda di solito difetta, in conferenza stampa Suzy Menkes ne vantò la funzionalità come attrezzo da fitness.

 

Più si moltiplicano i siti web, più aumentano i post ufficiali e ufficiosi di aziende e privati, più aumenta la richiesta di libri celebrativi, di segni tangibili dell’esistenza propria o della propria azienda: gli americani la definiscono consistency; in alcuni casi, ad avallarla basta anche una sola copia, che è la ragion d’essere del successo dei “Love books” ideati da Maria Paola-Mapi Danna, moglie di Claudio Cecchetto. Pressoché artigianali (ne è lei la curatrice in toto), vengono richiesti in occasione di matrimoni, battesimi e anniversari e rappresentano un’evoluzione in chiave affettiva e intima dei Christmas Token vittoriani, prezioso esercizio di creatività per infinite donne e fanciulle costrette all’inattività professionale, fra cui rientra, estremo sviluppo editoriale, anche l’ossessiva, attuale moltiplicazione dei libri di illustrazioni e da colorare per adulti, questi invece simulacro di un ritorno all’infanzia che, di questi tempi, ha invece il sapore di un rifugio e di un invito alla fuga dalla realtà. Un paio di anni fa, quando fecero la propria comparsa in Italia, ne comprai uno come regaluccio per l’amica che mi aveva inviata quella sera a cena: grossi, cartonati, erano pubblicati da una di quelle case editrici che a Milano, di solito, si trovano nella libreria Esoterica di via dell’Unione in mezzo ai bastoncini di incenso e alle riproduzioni del Buddha in finta giada.

 

Nel giro di sei mesi, i Buddha avevano conquistato i concept store della moda, le catene librarie e perfino gli Autogrill. Adesso, l’Independent ha destinato loro una speciale classifica, in cui si spazia dalle visioni lisergiche alle modelle di Vogue fino al volto di Eddie Redmayne da dipingere secondo i tratti del genere sessuale che si ritiene più affine al proprio. In Italia, l’ultimo nato di questi activity book per senescenti è la collana Coloring Tour di Officina Libraria, album souvenir di buona firma ideativa per ridipingere a piacere i monumenti e le vedute di Milano, Roma, Venezia e Firenze. Qualcuno, diligente come ai tempi dei corsi di calligrafia e di ornato a cui ci si preparava con l’acquisto dell’elementare, elegantissimo album “Roselline”, tenta di imitare il più possibile la realtà. Altri fanno come Riccardo Cocciante per compiacere Margherita e “coi secchi di vernice” colorano “tutti i muri/case vicoli e palazzi”, elettrizzando l’ultima Cena di blu Klein. E’ raro, però, che qualcuno trovi davvero il tempo per farlo: la loro funzione si esaurisce infatti nella gioia del possesso e negli istanti di regressione che offrono a una frazione del costo di un’ora distesi sul lettino dello psichiatra. Ne ho appena acquistato uno sulle dive di Hollywood Anni Quaranta: un amico costumista, vista la copertina sul mio account instagram, mi ha subito chiesto dove poterlo acquistare.

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