Edoardo Albinati

Pagina 69

Oggi tocca a “La scuola cattolica”

Mariarosa Mancuso
A pagina 69 uno scrittore è lontano dall’inizio e si rilassa un po’, dopo i fuochi d’artificio sparati per conquistarsi il lettore. Ecco il luogo adatto all’assaggio, se vogliamo seguire il suggerimento di Marshall McLuhan, teorico del villaggio globale e del carotaggio letterario. Lo applichiamo ai cinque finalisti in gara per il premio Strega.

A pagina 69 uno scrittore è lontano dall’inizio e si rilassa un po’, dopo i fuochi d’artificio sparati per conquistarsi il lettore. Ecco il luogo adatto all’assaggio, se vogliamo seguire il suggerimento di Marshall McLuhan, teorico del villaggio globale e del carotaggio letterario. Lo applichiamo ai cinque finalisti in gara per il premio Strega (e anche a colui che dopo l’esclusione dalla cinquina ha detto “non gioco più”: Antonio Moresco si sarebbe portato via volentieri anche il pallone, quando si dice lo spirito sportivo).

 

Con Edoardo Albinati, che in “La scuola cattolica” (Rizzoli) ha messo insieme oltre mille pagine (nell’oltre ce ne stanno 264, basterebbero per un altro romanzo), il gioco può sembrare un po’ sbilanciato. Ma le regole non si cambiano, possiamo solo aggiungere la prova del nove suggerita dallo scrittore Ford Madox Ford, che per la perizia sceglieva la pagina 99. Dunque procediamo. Di regole, da infrangere o da aggirare, appunto si parla. “Quando scoprii che la messa era valida se arrivavi al Padre Nostro, non ci fu più verso che io assistessi a una funzione intera. Mai”. Lo studente, non cattolico o almeno poco rispettoso degli obblighi imposti dall’istituto religioso ai liceali, ha trovato una scappatoia e ne approfitta. Lo scrittore torrenziale sente il bisogno di precisare: “Spaccavo il secondo in modo da arrivare in tempo per la liturgia eucaristica da quando avevo scoperto che era sufficiente quella”.

 

La frase non gira senza intoppi, e avvia un discorso generale sulla scuola: “E’ un’epoca della vita durante la quale si esplorano i confini del noto e del lecito, ci si ronza intorno”. Oltre che sulla vita: “Si cresce a strappi, per errori e colpi di testa, e chi alla fine non soccombe, voilà, è cresciuto, ma sarà cresciuto anche quello che era rimasto per strada, a modo suo, cioè storto, poi si continua però al contrario, si decresce, si invecchia, mentre si capiscono sempre più cose, sempre un maggior numero di cose, le si capisce sempre di meno e alla fine per niente”.

 

Saltiamo a pagina 99. Magari arriva qualcosa di più romanzesco, dove per romanzesco intendiamo i dettagli cari ai narratori innamorati delle storie. Di nuovo, incontriamo categorie e spunti sociologici. La classe media, i ragazzi borghesi, il cattolicesimo italiano che “porta avanti una millenaria tradizione in difesa degli ultimi mentre si allea nei fatti con gli interessi mondani dei primi”. Lo scrittore è generoso, ma al romanzo, almeno nelle pagine del campionamento, sembra poco interessato.