Benjamin Franklin

Ora (legale) et labora

Vi siete ricordati di spostare le lancette? Allora siete protestanti

Antonio Gurrado
Benjamin Franklin fu il primo a far spostare le lancette in avanti di un'ora. Alla base il risparmio, certo, ma anche la necessità di accumulare capitale.
Vi siete ricordati di spostare le lancette avanti di un’ora? Speriamo di sì, anche perché sono passati due giorni; ma è più importante che spostandole vi siate anche ricordati di rispolverare “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” di Max Weber. Il primo a proporre l’adozione dell’ora legale fu infatti, quasi due secoli e mezzo fa, Benjamin Franklin, mosso nello specifico dal commendevole intento di risparmiare sulle candele ma, più in generale, dall’ambizione a incardinare la vita quotidiana sui principii dell’etica protestante. Weber cita in lungo e in largo un predicozzo in cui Franklin si premura di ricordarci che il tempo è denaro; che chi spende sei pence per divertirsi una mezza giornata getta i cinque scellini che avrebbe potuto guadagnare lavorando anziché divertendosi; che il denaro ha natura feconda, ragion per cui “chi sopprime una somma di cinque scellini uccide tutto quello che si sarebbe potuto produrre con essa”; che chi paga puntualmente è padrone della borsa altrui e che chi è debitore deve far continuamente sentire al creditore il colpo del proprio martello, ossia deve guadagnarsi fiducia e prestiti lavorando tanto alle cinque del mattino quanto alle otto di sera. Da questi conti della serva deriva la necessità di risparmiare sulle candele nonché di piegare il corso del cielo alla convenienza degli orologi, in modo tale da favorire la realizzazione del fulcro del protestantesimo: “l’idea”, spiega Weber, “che il singolo sia moralmente tenuto ad aumentare il proprio capitale”.

 

Spostare le lancette, dunque, oltre che a risparmiare sulla luce serve a lavorare di più. Secondo la prospettiva di Franklin, indubbiamente i sei scellini che sprecheremmo in illuminazione vespertina verrebbero invece preservati grazie all’ora legale, così da salvare la vita di intere pile di sterline che il padre fondatore degli Stati Uniti vedeva germinare da quei pochi spiccioli. Quanto al lavoro, il discorso è più complesso e coinvolge il posto che l’uomo occupa nel mondo: Franklin era un degno compare di John Wesley, il fondatore del metodismo che lasciava in pace gli orologi ma da cui Weber trae l’esortazione a che tutti i cristiani “guadagnino quanto riescono e risparmino cosa possono”. C’è anche un terzo invito, a devolvere in beneficenza quanto più si guadagna, che però sparisce misteriosamente nel protestantesimo di Franklin, taccagno spostatore di lancette. Nelle radici dell’ora legale si può risalire di un secolo ancora, fino alla “Christian Directory” di Richard Baxter, il quale non era giunto all’eccesso di voler manomettere gli orologi già nel Seicento ma esortava a “compiere le opere di Dio finché è giorno”, individuando nella perdita di tempo il peccato più grave e primo fra tutti. Baxter era il grande nemico della contemplazione, ossessionato dal computo delle ore di attività e delle ore di inazione al punto da dichiarare che la preghiera fosse meno gradita a Dio dell’esercizio dei doveri professionali. Franklin, che teneva un bilancio scritto con entrate e uscite dei propri progressi nelle virtù cui ambiva, proponendo l’ora legale intendeva tradurre concretamente la preferenza che Baxter ascriveva a Dio, nonché favorire la contabilità di tutti garantendo meno vizi o uscite e più virtù o entrate grazie all’incremento di ore di luce in cui essere attivi.

 

Weber spiega che l’ideale capitalistico protestante si fonda su un concetto di ascesi uguale e contrario a quello della tradizione medievale, pre-luterana e soprattutto pre-calvinista: contrario perché immerge l’ascesi nella totale dedizione all’attività anziché al ritiro; uguale perché in entrambi i casi si tratta della scelta di un singolo, isolato e individualista. Un isolamento talmente diffuso, potremmo dedurre oggi, da voler rinnegare l’evidenza del sole e asservirlo alle esigenze dei bilanci economici, professionali e morali. Ecco ciò a cui non pensiamo quando ogni anno, alle due di notte dell’ultima domenica di marzo, facciamo avanzare le lancette di un’ora aderendo a un’altra religione in modo inconsapevole e forse inevitabile. Coincidendo quest’anno l’inizio dell’ora legale con la notte di Pasqua, tuttavia, avremmo anche potuto riflettere su Passione e Risurrezione come storia di totale spreco di sé, di estremo investimento nell’altruismo assoluto che interi giri antiorari delle lancette non riusciranno mai a restituire a Dio.