“Le voglio bene e la trovo molto attraente” è il senso della vera amicizia tra uomo e donna

Antonio Gurrado
Non è colpa di Adelphi (non è mai colpa di Adelphi) perché la casa editrice s’è limitata a tradurre l’originale francese; quindi è colpa di Gallimard che nel 1979 scelse d’intitolare “Lettere alle amiche” una raccolta epistolare di Céline, come se Céline avesse delle amiche.

Non è colpa di Adelphi (non è mai colpa di Adelphi) perché la casa editrice s’è limitata a tradurre l’originale francese; quindi è colpa di Gallimard che nel 1979 scelse d’intitolare “Lettere alle amiche” una raccolta epistolare di Céline, come se Céline avesse delle amiche. Presumo che a fine anni Settanta, in Francia per giunta, il termine “amica” avesse un senso tutto diverso dall’odierno, e presumo che parlare di amiche lì allora apparisse ammiccante anziché castrante come oggi. Temo però che, in una nazione che spesso non legge oltre la copertina, la traduzione letterale possa trasformare il libro in apologia dell’amicizia asessuata quando invece andrebbe usato come pietra di paragone.

 

Infatti, più che per gli “Heil Hitler” in cui Céline di tanto in tanto si lancia con la stessa propensione con cui un bambino di quattro anni parla della cacca, questo libro dovrebbe sconcertare i più per la definizione disarmante che dà dell’amicizia fra uomo e donna: “Le voglio bene e la trovo molto attraente”. Da qui derivano le scenate di gelosia, i complimenti ai culi, le offerte di soldi e le istruzioni su come essere perverse, tutte azioni scandalose nell’epoca della friendzone. Si può citare questo libro per tanti motivi, il principale dei quali può essere la misurazione infallibile dei rapporti; una donna può essere considerata una vera amica solo se si lascia dire: “Nuda, sei sempre bellissima”, e poi ti perdona.

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