Chi è Petrenko, il siberiano che dirigerà i Berliner Philharmoniker

Mario Leone
Classe 1972, dal 2018 salirà sul podio dei Berliner. Il suo nome non era tra i papabili. Anzi, dopo la prima tornata di votazioni, finita con un nulla di fatto e con presunti litigi all’interno di questo particolare “conclave musicale”, il nome di Petrenko non è mai comparso. Dovrà convincere alcuni musicisti, ma ha le carte in regola per farlo.

Berlino: il muro, la Merkel, ma soprattutto i Berliner. L’orchestra amata da Hitler, l’orchestra di Karajan e poi di Abbado. Un’Istituzione dalla storia lunga e complessa.

 

Uno dei tratti distintivi dell’orchestra di Berlino è sicuramente la stabilità dei suoi direttori. In circa centoquaranta anni di vita vanta solo otto direttori principali, alcuni dei quali per oltre vent'anni. Sarebbero stati ancora meno se la Seconda Guerra Mondiale non avesse imposto un travagliato periodo di transizione a causa dei controversi rapporti tra Wilhelm Furtwängler e tutto il Terzo Reich. La stabilità dei direttori si fonde perfettamente con una spiccata capacità di rinnovarsi e guardare, prima degli altri, al futuro. Come chiarisce un poster-manifesto culturale sulla torre della Philharmonie, affisso dopo un’intervista di Christian Thielemann (che era dato per favorito alla successione di Simon Rattle) alla Zeit a inizio 2015, con cui forse il direttore prussiano si è giocato la sua candidatura alla guida dei Berliner, per affermazioni ritenute troppo conservatrici in una realtà spiccatamente progressista (lo abbiamo raccontato qui): “Centoventotto musicisti, ottantacinque collaboratori, venticinque nazionalità, quattro religioni”.

 

Facciamo un passo indietro. Nel 2002, dopo le dimissioni di Claudio Abbado, Simon Rattle è il candidato più giovane e meno accreditato della terna finale. L’Orchestra decide per il Maestro britannico in virtù della sua storia personale e della fama d’innovatore che lo accompagna. Fama quanto mai meritata, come i fatti dimostreranno: le iniziative per fidelizzare l’ascoltatore e la nascita nel 2008 della “Digital Concert Hall” sono solo alcune delle novità nate con il Direttore inglese.

 

Questa la situazione che eredita Kirill Petrenko, siberiano, classe 1972, che dal 2018 salirà sul podio dei Berliner. Il suo nome non era tra i papabili. Anzi, dopo la prima tornata di votazioni, finita con un nulla di fatto e con presunti litigi all’interno di questo particolare “conclave musicale”, il nome di Petrenko non è mai comparso.

 

Quarantatré anni, direttore carismatico, sicuramente il migliore della sua generazione e non solo. Nato in Russia ma formatosi a Vienna, prima come pianista poi come direttore. Una carriera austro-tedesca: Volksoper Vienna, poi Theater Meiningen. Dal 2013 direttore musicale alla Bayrische Staatsoper di Monaco. Interprete dalla chiarezza disarmante, la vena drammatica e l’attenzione viva per i particolari. Conoscitore del repertorio tedesco e già acclamato in Germania, la sua consacrazione arriva nel 2013, a Bayreuth, con la sconvolgente direzione della Tetralogia Wagneriana. Con i Berliner Phlharmoniker Petrenko suona per sole tre volte, la prima nel 2006 (con musiche di Bartók e Rachmaninov). La scintilla scoccherà l’8 maggio 2009. L’accordo finale della seconda Sinfonia di Edward Elgar sfuma e la Philahrmonie, sold out, sembra ammutolita. Quell’attimo di silenzio che prelude a un applauso lungo e intenso. Kirill Petrenko fa cenno all’Orchestra di alzarsi per ricevere il meritato applauso. Nessuno dell’orchestra si alzerà. Tutti seduti. Perché il vero artefice di quell’interpretazione mozzafiato è proprio Petrenko. L’applauso è solo per lui. Un onore che raramente un’orchestra concede al suo direttore.

 

Carattere molto schivo, a tratti sfuggente, non molto incline alle interviste e alla vita mondana, con Petrenko si apre un nuovo modo di porsi dell’Orchestra con la musica e il mondo.

 

[**Video_box_2**]Così lo descrive anche Stanley Dodds, violinista dei Berliner e “media chairman” dell’Orchestra, che parlando con il Foglio dice: “C’erano molti candidati ma Petrenko, pur avendo diretto solo tre volte con noi, ha instaurato un feeling che l’orchestra ricorda ancora. La sua capacità di lavorare intensamente e la disponibilità nei confronti dei musicisti sono risultati decisivi. E’ uno di quei direttori che riesce a creare un’ alchimia con l’orchestra e con il pubblico. Non si dimentichi anche il suo sconfinato talento e la giovane età, che ci permetterà una lunga programmazione.” Eletto “con una grande maggioranza ma non all’unanimità” (Dodds ci tiene a precisare che non è mai servita l’unanimità per l’elezione di un direttore dei Berliner ma questa sottolineatura ci dice come Petrenko dovrà convincere qualche scettico tra le fila dei musicisti), le prime dichiarazioni del neo Direttore sono commosse: “Le parole non possono esprimere i miei sentimenti: stupore, incredulità. Sono cosciente della responsabilità e della grande aspettativa che suscita la mia elezione. Spero di essere all’altezza di un’Orchestra così prestigiosa”.

 

Il giovane siberiano dovrà vedersela con un’orchestra che non ama essere contraddetta, caratterizzata da un forte campanilismo e da leggi interne molto rigide. Un gruppo di grandi artisti molto indipendenti e spesso ingovernabili (come lo stesso Rattle afferma) che forse hanno eletto, senza esagerare, il nuovo Karajan. Staremo a sentire.

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