M49, l'ultimo libertario

La libertà dell'orso scappato dal recinto di Casteller e quella degli uomini che vivono la montagna. Un veterinario e guardiaparco ci avverte: "Attenzione a ragionare in modo integralista"

Giovanni Battistuzzi

“Puoi impedirmi tutto, ma non di mangiare”. L’orso Yoghi guarda il Ranger Smith, ride, poi si mette a correre verso un cestino. È ghiotto Yoghi. Un orso simpatico. Un personaggio immaginario animato, almeno per i creatori William Hanna e Joseph Barbera, dalla “più banale forma di libertà: quella di mangiare tutto ciò che si può. E anche di più”.

 

Di Yoghi M49 non ha nulla se non la voracità. E il suo desiderio di libertà non è altro che la possibilità di mangiare ciò che gli pare, quando gli pare, dove gli pare. È l’istinto primordiale ad avere la pancia piena.

 

M49 è un orso bruno europeo di quattro anni e mezzo che pesa sui centoquaranta chili abbondanti. Ed è pericoloso. Forse non per gli uomini, non ne ha mai aggredito uno, almeno per ora. È pericoloso per gli interessi che gli uomini hanno sul territorio. Animali da carne e da latte, campi e miele e tutto ciò che con questi vanno assieme. Per questo l’avevano messo nel recinto di Casteller, che sulla carta è un centro di recupero per la fauna alpina sperso tra i boschi a sud di Trento, che in pratica è un castigo di cinquanta metri quadri. O almeno per un orso, animale da corsa e da passeggio, capace di muoversi anche per diverse decine di chilometri ogni giorno.

  

Era fuggito già una volta dalla struttura. Era successo un anno fa. All’epoca si era arrampicato sulla doppia recinzione elettrificata e si era dato alla macchia. Ci avevano messo otto mesi a riacciuffarlo. L’avevano rimesso in castigo. E questa volta pensavano per sempre. Perché le reti di protezione erano state rafforzate da una barriera elettrica e da una nuova rete elettrosaldata dello spessore di 12 millimetri. Non sono servite, come non è servita la castrazione, che secondo i veterinari avrebbe dovuto calmarlo. Ha divelto tutto ed è scappato ancora.

 

 

M49 se ne è fregato di tutto. In primis della legge degli umani semplicemente perché non può comprendere la legge degli umani. Non ha scelto la libertà, si è ricavato la possibilità di fare ciò che preferisce. Nutrirsi, ma alla sua maniera. 

 

M49 non ha infranto nessuna regola, perché non ne ha. È un libertario, un edonista della razzia, dell’abbuffata. Alla faccia di tutti. 

 

M49 è un problema proprio per questo. “Nella mia carriera ne ho visti di orsi del genere, ma nessuno forte e scaltro come M49”, dice al Foglio Marko Tipjic, sloveno, veterinario e guardiaparco, guida alpina, studioso di orsi e della storia della sua regione, la Notranjska. “M49 è un brigante, forse per questo che tifiamo per lui. Perché tra guardia e fuggiasco, tendiamo a preferire il fuggiasco”. Ma al di là della simpatia che si può provare per l’orso, “M49 è un problema”. E lo è perché ha superato quel sottile confine tra le regole della natura e le regole sociali. “Da un lato c’è il mondo animale. Ed è un mondo che è giusto proteggere e salvaguardare il più possibile. Dall’altro e contestualmente c’è quello degli uomini. Pensare che siano mondi diversi più che utopico è stupido. In natura tutte le specie diverse convivono, a volte si scontrano”. Quello che può succedere tra uomo e orso. “Ragionare per compartimenti stagni è un’idiozia. Pensare che l’orso sia buono per natura è non conoscere la natura. Ho avuto a che fare con centinaia e centinaia di orsi in vita mia. Nella maggior parte dei casi erano totalmente selvaggi e ciò gli spingeva a starsene lontani dalla società umana, l’incontro non c’era, lo scontro neppure. È successo però che alcuni, pochissimi, fossero più interessati alle comodità di paesotti e malghe. E questo ha comportato dei piccoli problemi. Risolvibili certo, ma a spese di tutti”. 

 

Secondo Tipjic il problema è però più profondo di un mero calcolo economico. “La montagna ha bisogno di cura e di attenzione. In questi anni abbiamo visto i danni che ha provocato l’addio alla montagna dell’uomo. Una parte del dissesto idrogeologico che abbiamo avuto in Slovenia è stato determinato dal venir meno della presenza dell’uomo che si occupava di tener puliti boschi e pascoli. Se a chi ancora vive in montagna e che continua a prendersi cura della montagna gli si dice che vale meno di zero e che gli animali invece sono sacri, cosa può succedere? Ci vuole attenzione a ragionare in modo integralista su animali e montagna, non possiamo cadere nel tranello di criminalizzare gli uomini e santificare gli animali”. 

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