Reggio Emilia, il giorno della sentenza del "Processo Aemilia"

Si arrende l'uomo che aveva preso degli ostaggi in un ufficio postale

Redazione

Francesco Amato era irreperibile dal giorno della sua condanna al maxi processo Aemilia. Stamattina si era barricato armato di coltello in una filiale delle poste a Pieve Modolena

Alla fine Francesco Amato si è arreso e gli ostaggi sono stati tutti liberati. L'uomo condannato pochi giorni fa a 19 anni e un mese di carcere nell'ambito del maxi processo di 'ndrangheta Aemilia, da stamattina alle 9 era asserragliato dentro l'ufficio postale di Pieve Modolena, frazione di Reggio Emilia. Armato di coltello, Amato aveva preso in ostaggio la direttrice della filiale e altri 4 dipendenti (uno di loro è stato liberato qualche ora dopo) che si trovavano all'interno dell'edificio. "Sono quello condannato a 19 anni in Aemilia", ha urlato Amato alla polizia. Al momento del blitz, l'uomo aveva fatto uscire i clienti che si trovavano all'interno delle Poste. Le forze dell'ordine avevano immediatamente circondato l'edificio e chiuso al traffico le strade limitrofe per ragioni di sicurezza. Secondo alcune agenzie di stampa, Amato avrebbe chiesto di parlare col ministro dell'Interno Matteo Salvini e diceva di essere stato condannato ingiustamente.

  

Quello Aemilia è il processo più importante avviato nei confronti della ‘ndrangheta nel nord Italia. La sentenza del mese scorso ha portato a 125 condanne per un totale di 1.200 anni di carcere (due anni sono stati comminati anche all'ex calciatore della Nazionale di calcio Vincenzo Iaquinta), 19 assoluzioni e 4 prescrizioni, comminate dal tribunale di Reggio Emilia. Gli imputati, in totale, erano 148. Il processo ha confermato le attività della cosca Grande Aracri di Cutro, che aveva infiltrato il settore imprenditoriale emiliano. Le indagini della procura di Bologna hanno sollevato accuse molto pesanti a carico di alcuni imputati, come l’associazione di stampo mafioso.

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