Il fallimento della Borsalino e il paradigma di Humphrey Bogart

Redazione

Il tribunale di Alessandria ha respinto la richiesta di concordato della Haeres Equita srl. Si chiude una storia di quasi 160 anni di cappelli. Un accessorio che "salvava l'uomo dall'imbarbarimento dei costumi"

Erano i cappelli d'Italia, un segno di stile che aveva conquistato prima l'America e poi tutta Europa. Erano tese larghe, panno e una striscia di tessuto a contrasto sulla testa di divi e abiti eleganti. Ma eleganza d'antan. La Borsalino però non c'è più. Il cappellificio nato nel 1857 ad Alessandria è oggi ufficialmente fallito dopo che il tribunale della città piemontese ha respinto la richiesta di concordato (la seconda dopo quella del dicembre 2016) della Haeres Equita srl, società dell'imprenditore svizzero Camperio, che gestisce l'azienda dopo l'affitto del ramo. A renderlo noto sono stati i sindacati: "Abbiamo già chiesto un incontro con i curatori fallimentari e, nel pomeriggio, incontreremo anche i lavoratori", ha commentato Elio Bricola della Uil, che ha aggiunto che "per quel che sappiamo al momento è ragionevole che i contratti del ramo d'affitto vadano comunque avanti, nell'interesse di tutti".

 

Borsalino da marchio si trasformò in sinonimo per cappello. Le creazioni dell'azienda fondata da Giuseppe Borsalino furono indossati dai più importanti attori di Hollywood, da Humprey Bogart a Roger Moore, da Harrison Ford a Jonny Depp passando per Robert Redford. In Francia divennero un capo indispensabile per molti divi come Alain Delon e Jean-Paul Belmondo e divenne un film del 1970, diretto da Jacques Deray: una storia degli anni Trenta che raccontava le gesta di due malavitosi marsigliesi. Perché il Borsalino era un indumento apprezzato anche dalla mafia americana e francese, ma questa è un'altra storia.

 

"L'unica cosa che non dovrebbe mancare nel guardaroba di ogni uomo è un cappello. Ci sono cappelli per la vita di ogni giorno, alcuni per occasioni speciali, altri che si adattano a stati d'animo diversi. Il cappello è certamente un segno di riconoscimento, ma è soprattutto un ancora di salvataggio, salva l'uomo dall'imbarbarimento dei costumi, dalla perdita progressiva d'eleganza. Per questo quando fallisce un cappellificio è una ferita inferta a tutto il genere maschile". Era il 1949 quando Humphrey Bogart al Times confidò il suo dispiacere per il fallimento di quello che all'epoca era il suo cappellificio di riferimento, una piccola azienda nello Yorkshire. Erano altri anni, tempi nei quali ancora i cappelli coprivano ancora le teste della maggior parte degli uomini in città. Lo stile maschile è ora cambiato, lo sportivo si è imposto sull'elegante e quello che per Bogart era naturale forse non lo è più. 

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