Sergio Mattarella (foto LaPresse)

Anche Mattarella in difesa dei vaccini

Redazione

"Non possiamo accettare che le credenze anti-scientifiche ostacolino indispensabili azioni preventive come le vaccinazioni", ha detto il presidente della Repubblica 

"Non possiamo accettare che nel ventunesimo secolo, nella società globale della tecnologia e dell'informatica, acquistino credito credenze anti-scientifiche e che queste credenze ostacolino indispensabili azioni preventive come le vaccinazioni, finalizzate a sradicare o a impedire il ritorno di malattie pericolose. Malattie che le persone della mia generazione ricordano nella loro diffusione e devastante pericolosità quando colpivano amici e compagni di scuola". Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, rilancia così il tema dei vaccini durante il suo discorso in occasione dei Giorni della ricerca, un'iniziativa dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro celebrata questa mattina in Quirinale. 

   

A difesa della scienza e della ricerca, in netta contrapposizione con il fronte anti vaccinista, Mattarella ha detto che chi non si vaccina mette a rischio la salute degli altri nella società: "Non possiamo consentire che si scarichi sugli altri, che si vaccinano, la sicurezza della salute nella società, mettendola comunque a rischio con la propria omissione". Un messaggio a sostegno del lavoro svolto dal ministero della Salute, che con il recente decreto legge ha reso obbligatorie le vaccinazioni per i bambini da 0 a 6 anni, stabilendo che a partire da questo anno scolastico si dovrà dimostrare la loro somministrazione nel momento dell'iscrizione a scuola. 

  

Parlando della cura e della prevenzione dei tumori, il presidente della Repubblica ha detto che la ricerca per "combattere il tumore" è un impegno che "deve procedere a fianco alla cura di chi continua a combattere con la malattia". "Non deve mai venire meno – ha detto Mattarella – l'impegno per sviluppare le cure palliative, e per assistere la persona nei momenti più difficili. Quando non si può ragionevolmente prevedere la guarigione, si deve comunque curare. E quando la cura non è più efficace verso la malattia, c'è ancora spazio – uno spazio obbligatorio – per la cura della persona e della sua dignità. Nessuno deve sentirsi abbandonato".