Milano. Foto LaPresse/Claudio Furlan

Contro lo smog non servono gli allarmismi

Maria Carla Sicilia

Il livello di inquinamento dell'aria in pianura padana non è una sorpresa, ma si può limitare. Ecco perché anche quest'anno si parla di "emergenza smog"

“Evitare attività fisica intensa e prolungate all'aperto” e “rimanere il più possibile in ambienti chiusi, evitando anche di aprire porte e finestre”. Il bollettino di guerra è del comune di Torino, che a fronte dei dati di Pm10 registrati negli ultimi giorni in città ha deciso di dispensare questo vademecum ai suoi cittadini, oltre a stabilire il blocco del traffico per le vetture diesel. In un primo momento il divieto di circolazione comprendeva le euro 4, ma ora è stato esteso anche alle euro 5. Il Piemonte non è l'unica regione a “soffrire di smog” in queste settimane. Le agenzie regionali per la protezione ambientale di Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia-Giulia – che monitorano ogni giorno la qualità dell'aria – registrano in totale circa 50 città con i livelli di Pm10 superiori a 50 microgrammi per metro cubo: il livello più basso, indicato con il colore giallo, non è di per sé pericoloso e si ripropone in buona sostanza ogni anno. C'è poi la fascia arancione, la rossa – quella di Torino in questi giorni – e la viola, che per fortuna non conta nessuna città all'appello.

   

Alcuni dati sono utili per capire quello che sta succedendo, senza sminuire il problema né cedere agli allarmismi. Il primo è che domenica, se le previsioni del tempo dell'Areonautica militare si confermeranno corrette, ci penserà la pioggia a ripulire l'aria e a mettere in libertà i cittadini sequestrati di Torino. Il secondo è che, guardando le serie storiche delle agenzie regionali, nei primi anni del 2000 i dati di inquinamento nell'aria erano molto più elevati di adesso: non siamo di fronte a un'emergenza, il problema si riproporrà con molta probabilità anche il prossimo anno tra l'autunno e l'inverno e se siamo abbastanza previdenti possiamo provare a limitare il fenomeno con politiche lungimiranti e strutturali.

   

Limitare, e non eliminare, perché parte del motivo per cui l'area del nord Italia è particolarmente interessata dallo smog è fisiologico e dipende dalla conformazione geografica della pianura padana. Si tratta degli stessi motivi che causano la nebbia, favorendo il ristagno dell'aria. E che in questi giorni sono amplificati da un'ondata di alta pressione che la schiaccia verso il suolo, amplificando la concentrazione delle polveri sottili e quindi dello smog. Limitare il traffico, come si sta facendo nelle città con livelli più alti di Pm10, è utile a non aggravare ulteriormente la situazione, ma chiaramente non risolve il problema. Tanto più se si pensa che il particolato nell'aria, cioè l'agente che si misura per quantificare l'inquinamento nell'atmosfera, è formato da una componente primaria e una secondaria. Mentre la prima può essere ridotta dal minore volume di auto in circolazione, la seconda è legata ad altri processi di combustione, industriale e non, comprende altri inquinanti come ossido d'azoto (NOx) e biossido di zolfo (SO2) e può raggiungere il 60-70 per cento del Pm10 totale misurato.

  

Se il traffico poi è il primo imputato, perché contribuisce in percentuali importanti sulle polveri sottili (ma in questo caso non c'entra nel conto la Co2), di meno si parla del fattore riscaldamento, altrettanto responsabile. In Lombardia provoca circa un terzo delle emissioni totali di particolato e di queste il 90 per cento sono prodotte dalla combustione della legna usata nei caminetti e nelle stufe. Le misure messe in campo quando scattano i livelli di allarme, fissano un tetto di 19 gradi al riscaldamento domestico e vietano l'uso di stufe poco efficienti se la casa ha anche un altro impianto di riscaldamento. Nessun blocco è ovviamente previsto per le abitazioni che hanno solamente stufe e caminetti e comunque, a differenza del traffico su cui si può vigilare, l'efficacia di queste misure non è facilmente misurabile.

  

La soluzione che potrebbe permetterci di arrivare al prossimo autunno un po' più organizzati è la sostituzione degli impianti di riscaldamento vecchi con quelli di ultima generazione, così come l'efficientamento energetico degli edifici. Sul lato dei trasporti molto si può fare con il potenziamento del trasporto pubblico e il rinnovo del parco auto, che in Italia è uno dei più vecchi d'Europa (a dicembre 2016, il 70 per cento delle auto è tra euro 0 e euro 4). Lavorare per accelerare questi percorsi, in parte già avviati nelle regioni dell'Italia del nord, è più efficace di qualsiasi raccomandazione sulla necessità di chiudersi in casa.

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