Lo sbarco di un gruppo di migranti a Messina (foto LaPresse)

Quel “fuocoammare” dovrebbe salvarci dall'autodannazione

Giuliano Ferrara

Un procuratore della Repubblica sputtana il lavoro dei volontari nel Mediterraneo, gli organi vaticani gli vanno appresso, i grillini rilanciano. Un paese in bamba

Un procuratore della Repubblica che dice “forse”, che “non ho le prove”, “ho informazioni riservate”, e su questa base sputtana il lavoro dei volontari per salvare in mare i dispersi dell’immigrazione disperata è solo un cittadino di serie B tra tanti, con l’aggravante della toga addosso. Gli organi vaticani che gli vanno appresso, mentre i grillini rilanciano lepenizzati, mostrano un paese in bamba. Se aggiungiamo 28 anni di galera esemplari richiesti per Carminati e 26 per Buzzi, dopo un dibattimento in cui non è uscito uno straccio di prova sul teorema di mafia capitale, ed è emersa solo la banale e sempiterna corruzione della Capitale, siamo a posto. C’è poi il contorno di sondaggi improvvisati che dicono: la gente non si fida più dei volontari. D’altra parte, nel sondaggione delle amministrative, si è fidata a Roma della Raggi e del suo circolo di collaboratori, non so se mi spiego.

 

Come ha scritto Panebianco nel Corriere, infliggendomi delirante piacere, l’autoflagellazione ipocrita in vigore da sempre in Italia è l’altra faccia della pretesa immobilista e delle autotutele corporative e di ceto: se tutto va così male, nulla si può davvero cambiare, e riformismo diventa parola malata, come disse il demagogo Cofferati. E’ l’ora degli incompetenti, dei mestatori, degli indovini, l’asino al potere, e sia. E’ l’ora del Venezuela, della malattia infantile del mélenchonismo: sognate, parlate di pace e lavoro, fate la recita dell’antagonismo al sistema, e intanto sabotate con la complicità della furbizia mediatica, della viltà diffusa, quei pochi che cerano di costruire qualcosa su dati di realtà.

 

Ma il caso dei volontari e delle Ong, qualunque dettaglio penale possa riguardare chi ha le mani in pasta con un esteso traffico criminale, ed eventuali truffatori, nasce prima del “forse” del procuratore di Catania e delle sue incredibili dichiarazioni pubbliche da inchiesta-reportage (copyright del magistrato garantista Piero Toni). L’azione dispiegata nel Mediterraneo, sulle rotte dell’esodo biblico e della disperazione e dell’intermediazione losca, rotte che sono una bara d’acqua per migliaia e migliaia di dannati della terra e del mare, è una delle più alte testimonianze di civiltà e di cultura e di umanità che la nostra storia ricordi. L’unico paragone che mi viene in mente è lo sforzo di salvare gli ebrei dalla deportazione che misero in opera i giusti oggi ricordati e santificati dalla memoria. Non dirò che meriterebbe il Nobel, quell’azione, quella Schindler’s List dei senza nome abbarbicati alle loro zattere, perché il Nobel per la pace è stato comminato a troppi operatori di menzogna e di frivolezza, come Arafat e Obama, per essere un premio credibile. Certo quell’epica, con i suoi costumi arancione e gialli, i suoi mezzi, i suoi agenti umani uomini e donne, l’impegno di stato, sindaci e cittadini e organizzazioni umanitarie (per una volta l’aggettivo umanitario non suona loscamente sentimentale, ha una densità materiale tangibile), con il suo linguaggio non simbolico, le procedure drammatiche dell’avvistamento, della corsa, della salvezza di donne e bambini, tutto questo è onore e gloria dell’Europa e dell’Italia, della marineria e della società civile, del mio paese più bello, e non c’è truffa minore che possa, se non per i lestofanti, i filistei e i profittatori dolosi dell’incredulità e dello sfascismo pubblico, insomma i Di Maio e tutti quelli della sua genia, deturpare quei volti, quei gesti, quella storia del “fuocoammare” che dovrebbe farci uscire dall’intimismo coatto dell’autodannazione, dal profitto che molti di noi ne ricavano, un vero tradimento dei chierici, delle élite.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.