Turchia, le immagini dell'attentato all'ambasciatore russo Andrey Karlov

Un jihadista uccide per colpire la nuova intesa fra Erdogan e Putin

Daniele Raineri

Assassinato l’ambasciatore russo in Turchia nei giorni più importanti della diplomazia: “Vendetta per Aleppo”. Oggi incontro a Mosca

Roma. Un poliziotto ventiduenne turco spara alla schiena dell’ambasciatore russo ad Ankara, Andrey Karlov, davanti alle telecamere e lo uccide in un’occasione che assieme non poteva essere più vulnerabile (una galleria d’arte) e più pubblica: le parole dell’assassino sono finite subito in circolazione su tutti i media. Il movente dell’assassinio è chiaro, l’agente di polizia era un islamista che ha calcato un concetto classico delle rivendicazioni dei gruppi del jihad, “fino a quando i nostri fratelli non saranno al sicuro voi non godrete di alcuna sicurezza” e anche “Dio è il più grande”, e ha specificato che si trattava di una “vendetta per Aleppo”, dove una campagna militare di russi, iraniani e governo siriano ha appena finito di sradicare la presenza di tutti i gruppi dell’opposizione siriana.

 


Foto LaPresse


 

Resta da capire se il poliziotto ha agito da solo oppure se faceva parte di un’organizzazione. E’ entrato nell’accademia di polizia nel 2014, quindi in teoria potrebbe avere avuto abbastanza tempo per coltivare contatti in Siria, e durante il monologo breve dopo l’uccisione e prima di essere a sua volta ucciso ha citato un verso di una poesia araba recitata da alcuni compagni del profeta Maometto durante l’assedio di Medina, la cosiddetta battaglia della trincea: “Noi siamo quelli che hanno giurato a Maometto che si dedicheranno al jihad”.

 

   

Noi chi? Una licenza poetica di un verso famoso da parte di un assassino che andava a morire davanti alle telecamere – come è successo poco dopo per mano della polizia turca – oppure una rivendicazione appena accennata da parte di qualche gruppo estremista? Se fosse vero il primo caso, l’uomo potrebbe avere agito ieri soltanto per sfruttare una chance, la presenza indifesa dell’ambasciatore russo nella galleria d’arte. Ma se si scoprisse che faceva parte di un gruppo, allora il delitto non sarebbe soltanto la gravissima eruzione islamista di un infiltrato, ma un attacco alle relazioni in miglioramento fra Russia e Turchia. Un anno fa i rapporti tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan erano tesissimi, perché due jet turchi avevano abbattuto un aereo da guerra russo sopra il confine turco-siriano. Putin sta dalla parte del presidente siriano Bashar el Assad, Erdogan invece ha detto più volte che lo vuole rimuovere dal potere. Nel corso dell’anno c’è stato un rasserenamento molto veloce, culminato in due incontri fra Erdogan e Putin, una visita ad Ankara del capo di stato maggiore russo, il generale Valery Gerasimov, un patto non detto per la spartizione degli interessi nel nord della Siria. L’intesa funziona così: i turchi non hanno detto nulla a proposito della campagna militare russa per prendere Aleppo, e i russi non hanno battuto ciglio all’operazione turca Firat Khalkani Harekat, “Scudo dell’Eufrate” – che in pratica è stata un’invasione con i carri armati della Siria del nord con l’aiuto coordinato di alcuni gruppi ribelli siriani per spezzare la continuità territoriale dei curdi e per conquistare alcune città controllate dallo Stato islamico.

 

Da quando gli Stati Uniti hanno abdicato ad avere una parte nei negoziati siriani, il ruolo di comando dalla parte degli anti Assad è passato alla Turchia, che oggi partecipa a un incontro con Russia e Iran a Mosca per parlare del conflitto in Siria – l’Amministrazione Obama non è stata nemmeno invitata. La Turchia dovrebbe rappresentare i gruppi dell’opposizione non estremista, ma con quale credibilità si presenta al tavolo con un ruolo di garanzia per i siriani anti Assad se un poliziotto turco in servizio attivo uccide a pistolettate l’ambasciatore russo? Per ora, a giudicare dalle reazioni, i russi non hanno intenzione di interrompere i negoziati o di rivedere i rapporti, segno che considerano importante l’intesa con la Turchia e i colloqui sul dossier siriano. Domenica, con un atto di stupidità autodistruttiva, un gruppo ribelle siriano ha bruciato alcuni autobus e ha sabotato – per poco – l’evacuazione dei civili da Aleppo negoziata dalla Turchia. Ora è arrivato un attacco ancora più grave.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)