I soccorsi in una zona colpita dal terremoto (foto LaPresse)

La prevenzione passa dallo stato ma anche dal cittadino, spiega il geologo

Redazione

Un Consigliere nazionale dei Geologi ha visitato le aree terremotate: "Nessuno dei residenti aveva la minima idea del rischio sismico nella zona". Eppure in Italia il 41,3 per cento della popolazione risiede in zone ad alto rischio di scosse.

Che l’Italia centrale, in particolare tutta l’area lungo l’Appennino, sia una zona ad alto rischio sismico è un dato confermato da numerosi studi scientifici.

 

Raffaele Nardone, Consigliere nazionale dei Geologi e componente della Commissione tecnica nazionale per il monitoraggio degli studi di microzonazione sismici, ha messo in luce la carenza di consapevolezza da parte dei cittadini che vivono nei luoghi colpiti dal terremoto di mercoledì notte: “Lo scenario che mi sono trovato dinanzi gli occhi recandomi sui luoghi è stato agghiacciante. Ho visitato Amatrice, Pescara del Tronto, Accumoli, fino a sera inoltrata e da quello che ho visto è come se queste popolazioni non avessero mai avuto la consapevolezza di vivere in zone a rischio sismico. Molte delle costruzioni crollate erano state sottoposte a interventi di ristrutturazione, ma con evidenti criteri non antisismici”. Eppure, come attesta un'indagine dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), il 41,3 per cento della popolazione nazionale abita in zone ad alto rischio di scosse.

 

La natura del sottosuolo e la sua configurazione morfologica hanno devastato i paesi del reatino ma il problema, osserva Nardone, è che questi paesi non sono stati progettati con le dovute precauzioni. Ora che i comuni colpiti sono da ricostruire totalmente, bisognerà prendere atto che gli edifici crollati non erano stati costruiti in modo adeguato e saranno necessari dei provvedimenti già “in fase di pianificazione a scala reale e in corrispondenza del singolo intervento a scala puntuale", ha detto Nardone. "E’ dalle fondazioni che bisogna partire, cercando di progettare rispettando e assecondando la natura”. Urge quindi “mettere la geologia al centro della pianificazione delle scelte urbanistiche e riconoscere a essa il giusto ruolo nell’ambito della progettazione”.

 

Concentrarsi solo sull’ingegneria della costruzione non è tuttavia una soluzione definitiva, spiega il geologo, dal momento che “la natura ci dimostra che i modelli matematici non resistono all’energia sprigionata dal terreno”. Bisogna anche rivedere la normativa di settore, e in particolare, le norme tecniche delle costruzioni, ma senza aspettare che l’evento catastrofico si sia già verificato (come è accaduto per le attuali norme tecniche che furono varate solo all’indomani del terremoto dell’Aquila).

 

Un altro fronte su cui lavorare è la sensibilizzazione dei cittadini per infondere loro la consapevolezza che “con il sisma bisogna convivere e quindi bisogna pensarci anche in tempo di pace, a partire dal mettere in sicurezza la propria abitazione. Molto spesso ognuno di noi tende ad investire su una casa più bella, in un posto più agiato, e così via, ma difficilmente pensa di investire nell’adeguare sismicamente la propria casa”, continua Nardone.

 

Il governo ha già istituito una struttura di missione, “Italia Sicura”, riguardo la mitigazione del rischio idrogeologico e scuole sicure, ma questo non è ancora sufficiente. Il nostro paese diventerà all’avanguardia solo quando tutte le sue città saranno resilienti e questo obiettivo deve essere raggiunto il prima possibile, conclude il geologo, senza aspettare che altre scosse ce ne ricordino l’urgenza.