(foto LaPresse)

Bonificare Milano dall'islam radicale. Le proposte di Parisi

Cristina Giudici

Censimento delle moschee e tracciamento dei flussi finanziari ai centri islamici. L’obiettivo è separare i luoghi di culto da quelli a rischio radicalizzazione.

Milano. Stefano Parisi, capo dell’opposizione a Palazzo Marino e che ora si candida a guidare il centrodestra vuole un censimento delle moschee milanesi per separare i luoghi di culto dall’ideologia dell’islam antisemita. E chiede anche di poter tracciare i flussi finanziari che arrivano dall’estero ai centri islamici. Affiancato dall’antropologa musulmana sufi Maryan Ismail, fuoriuscita dal Partito democratico e ora membro della consulta sull’Islam del Vicinale, e dal consigliere comunale Matteo Forte, di Milano popolare, Parisi  ha annunciato la nascita di un laboratorio milanese sul multiculturalismo per far dialogare le diverse anime della comunità musulmana. Il neonato “Forum delle idee e del confronto” ha deciso di proporre una commissione sulla falsa riga della consulta sull’islam del Viminale, presieduta dal vicesindaco Anna Scavuzzo, con due consiglieri di opposizione, due della maggioranza e un paio di esperti fra cui Maryan Ismail.

 

Una proposta forte perché il progetto di Parisi vuole affrontare il nodo dell’islam meneghino (da estendere a tutto il paese) praticato in garage e capannoni trasformati in luoghi di culto che sono informali, anzi abusivi. “Dopo la strage di Nizza  e l’importazione del modello Intifada dobbiamo correre ai ripari per ridurre i rischi di attentati a Milano”, ha dichiarato Parisi durante una conferenza stampa nei giorni scorsi a Palazzo Marino. Come? Puntando sulla sicurezza che non venga più solo delegata alle forze dell’ordine e creando un progetto di deradicalizzazione con l’aiuto di esperti,  mediatori sociali, che sappiano intercettare le zone grigie dell’islam integralista. E con un censimento da realizzare con l’aiuto della prefettura che bonifichi quei luoghi sparsi in tutta l’area metropolitana. “Bisogna separare il diritto di culto dall’ideologia dell’islam radicale”, ha sottolineato Maryan Ismail. L’obiettivo non è facile da perseguire perché per fare un censimento bisogna avere a disposizione dati e informazioni dalle forze dell’ordine. Nessuno, prima d’ora aveva provato a farlo,  (in Comune esiste solo un albo dei luoghi di culto) ma il contesto è troppo serio, il rischio di attentati troppo alto per continuare a tollerare il proselitismo dell’islam politico che favorisce derive integraliste.

 

Stefano Parisi, Maryan Ismail e Matteo Forte sanno che questo obiettivo può essere raggiunto solo con l’aiuto della stessa comunità musulmana e lo hanno ribadito più volte perché deve essere anche un’operazione culturale. E quali sono questi centri che predicano l’islam politico? La lista è lunga e il capo dell’opposizione non li nomina ma a parte la moschea sufi della Coreis, a Milano e nell’area meopolitana non esiste una moschea-capannone che non separi la religione dalla politica. La maggior parte sono tutte nate e cresciute nel circuito Ucoii, nell’alveo dei Fratelli Musulmani, e a turno in passato hanno ospitato predicatori integralisti. Il 28 dicembre 2015, per esempio, il predicatore integralista siriano Rabat al Nabulsi è andato in visita alla moschea Mariam (moschea di riferimento del Caim, il Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano e Brianza che ha candidato Sumaya Abdel Qader al consiglio comunale di Milano) in via Padova, dove ha invocato il jihad.

 

L’associazione islamica italiana degli imam e delle guide religiose ha provato a invitare di nuovo  in aprile il predicatore kuwaitiano Tarek al Suwaidan, finito nella lista nera di Schengen per il suo estremismo antisemita e davanti al divieto di ingresso del Viminale è stato difeso dalla comunità musulmana milanese. E ancora:  nell’agosto nel 2013, per la  celebrazione di fine ramadan all’Arena civica di Milano, il Caim ha invitato l’imam giordano Riadh al Bustanji che ha fatto proselitismo sui martiri di Hamas anche nella moschea di viale Jenner. Nel direttivo Uami (Unione degli albanesi italiani) è stato inserito Zaidulla Sadiki, che è stato imam della moschea di Grosseto dove nel 2014 aveva ospitato l’imam-reclutatore integralista Shefqet Krasniqi, arrestato in Kosovo nel settembre 2014. E non bisogna dimenticare che i Milli Görüs turchi, sorvegliati speciali in Germania, sono anch’essi membri del Caim. Avviare un censimento e cominciare a incrociare i dati dei flussi finanziari permetterebbe di monitorare il proselitismo con mano più ferma rispetto al passato. Un percorso lungo e complesso che è una corsa contro il tempo.

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