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1931-2025
Capire il presente, immaginare il futuro. Grazie a Ambrosetti
Il fondatore dello Studio Ambrosetti e ideatore del celebre Forum di Cernobbio, morto a 94 anni, ha dedicato la vita a promuovere il dialogo in economia, politica e società. Uomo di visione e gratitudine, ha unito innovazione, impegno civile e passione per lo sport fino all’ultimo giorno
C’è una parola particolarmente importante per Alfredo Ambrosetti, scomparso sabato all’età di 94 anni: “Grazie”. Sono molti i grazie che Ambrosetti ha ricevuto; ma sono ancora di più i grazie che lui ha voluto rendere a una vita lunga e piena, fortunata direbbero alcuni, di quel tipo di fortuna di cui lui stesso è stato il maggiore artefice. Dopo gli studi in economia e le prime esperienze lavorative in Edison, la nazionalizzazione del 1962 lo mise davanti a un bivio: abbandonare la sua città e trasferirsi a Roma, oppure abbandonare l’azienda e rimanere a Varese. Scelse il luogo degli affetti (dove oggi lascia la moglie Lella, i figli Chiara e Antonio con le loro famiglie e cinque nipoti) e fondò lo Studio Ambrosetti. Il periodo trascorso in Edison lo aveva convinto che non è affatto vero che “piccolo è bello”: qualunque impresa di successo, cresce dimensionalmente. Quindi la crescita diventa un obiettivo in sé, che richiede cambiamenti, adattamenti e innovazioni. Lui si era messo in testa di aiutare gli imprenditori a fare questo salto, logico e di business. Inaugurò così svariate iniziative molto in anticipo sui tempi: il programma di aggiornamento permanente per i manager, con la collaborazione di Cesare Zappulli (il principe dei giornalisti economici del tempo) e Giovanni Pintori (geniale designer ex Olivetti); l’invenzione dei patti di famiglia per organizzare la successione nel capitalismo famigliare italiano preservando l’interesse dell’azienda; e, naturalmente, il Forum Ambrosetti.
La prima edizione, svoltasi nel 1975, nasceva dalla volontà di favorire lo scambio di idee tra i protagonisti della politica e dell’economia, per fare emergere chiavi di lettura utili ad affrontarne le criticità. In un mondo in cui le occasioni di incontro erano scarse, Ambrosetti non faceva il mero “affittacamere”: era mosso da convinzioni profonde e da una fede quasi illimitata nel valore del confronto, che infatti lo ha portato nel tempo a tessere un immenso network di amicizie e frequentazioni. Come ricorda Ferruccio De Bortoli nella prefazione alla sua autobiografia, “La mia storia” (Egea), “a Cernobbio si sono celebrate ascese e cadute, ma Ambrosetti non ha mai misurato i suoi ospiti con il termometro del potere”. Li misurava con il regolo dell’intelligenza: venivano coinvolti se, e perché, avevano qualcosa da dire che fosse utile agli altri. Gli indiscutibili risultati professionali di Ambrosetti sono la migliore certificazione di quanto “tanto studio, tanto lavoro, tante innovazioni” siano il fondamento delle “grandi soddisfazioni” che ha avuto (per parafrasare il sottotitolo del medesimo libro).
Se il lavoro era una sua passione, l’altra era lo sport: si chiamava Alfredo in onore di Alfredo Binda, tre volte campione del mondo di ciclismo e amico fraterno del padre. Dal 2018 organizzava a Varese la kermesse “i Campionissimi”, una sorta di Forum Ambrosetti degli olimpionici, inizialmente dedicata al ciclismo e poi ampliata alle altre discipline. In vita ha coltivato il mestiere dell’aiutare gli altri, in modi che vanno dalla consulenza professionale all’impegno civile fino alla beneficenza, tanto generosa quanto discreta. Negli ultimi anni ha ispirato l’Associazione per il Progresso del Paese, la cui denominazione rende bene l’idea di quello che era: un signore ultranovantenne, che invece di godersi la tranquillità del suo Lago, si spendeva per (aiutare a) comprendere il presente e immaginare il futuro. Nei seminari settimanali che organizzava su temi dallo sport all’astrofisica, dall’economia alla medicina, Ambrosetti amava mostrare i video delle vittorie dei suoi amici Livio Berruti (oro alle Olimpiadi di Roma 1960) e Alberto Cova (oro a Los Angeles 1984). In quel momento, il suo corpo anziano cedeva il passo all’anima bambina, che lo faceva esultare come se li vedesse per la prima volta. Questa freschezza, che lo ha accompagnato fino alla fine assieme all’intensa curiosità per le idee altrui, è l’esempio più importante e il regalo più bello che lascia a chi resta.