Villa d'Este a Cernobbio (foto LaPresse)

Scusi, quanto vuole per Cernobbio?

Michele Masneri

Come nasce e a che serve il workshop annuale dello studio Ambrosetti in Villa d’Este, salotto di lobbying a pagamento (sennò ti parcheggiano nei giardini patrizi) e riserva di vip watching. Fra grisaglie e menagrami.

Il pezzo su Cernobbio. Sembra facile. Chiamo subito due o tre giornalisti economici bon vivant che conosco e che immagino per anni appollaiati attorno alla piscina del Grand Hotel Villa d’Este, in attesa che qualcuno degli ospiti internazionali (un israeliano e un palestinese, al clou, come Shimon Peres e Yasser Arafat, nel 1999) esca in pausa sigaretta o caffè. “Ma io non ci sono mai stato”, risponde il primo. “Mai andato”, il secondo. “Una volta negli anni Novanta, mi pare”, il terzo.

 

[**Video_box_2**]Ci si immaginava presenze fisse in questa piccola Davos manzoniana appollaiata sul lago di Como, invece: che delusione. Tante misure di sicurezza e tanto sussiego, intanto. Un’agenzia minacciosa informa di un “superlavoro per gli agenti della questura di Como. Dal 4 al 6 settembre in occasione dello svolgimento dello Studio Ambrosetti a Cernobbio, gli sportelli dell’ufficio passaporti, porto d’armi e licenze rimarranno chiusi. La chiusura degli uffici si rende necessaria per utilizzare il personale su più eventi concomitanti”. Minacciose anche le prescrizioni dell’ufficio stampa Ambrosetti: “Ai fini della correttezza dell’informazione, qualora desiderasse effettuare servizi su questo evento, l’indicazione corretta è la seguente: Workshop The European House-Ambrosetti a Villa d’Este; anziché Workshop di Villa d’Este oppure Workshop di Cernobbio oppure Convegno di Cernobbio”: altre spiegazioni, come in un dialogo di Sorrentino: “Infatti questo Workshop si svolge a Villa d’Este di Cernobbio ma potrebbe benissimo svolgersi altrove, così come a Villa d’Este di Cernobbio si realizzano altre riunioni che non ci coinvolgono”. E poi l’amico giornalista bon-vivant: “Ah, ma infatti, a pensarci, io ero stato al forum di Confcommercio, in realtà, sempre a Villa d’Este”.

 

La novità di quest’anno, del convegno, pardon, workshop, quarantesima edizione, è naturalmente che il premier asociale non partecipa. Non è la prima volta: un altro premier a volte asocialissimo, Silvio Berlusconi, saltò dal 2008 al 2011. Il premier asociale è stato criticato un po’; tra gli altri, dall’industriale Alberto Bombassei ieri su Repubblica, secondo cui Cernobbio non è un salotto buono ma invece “ci si ritrova tra imprenditori che indossano le tute blu come i loro dipendenti”. E forse ha davvero ragione: la piccola Davos, secondo chi c’è stato, è sempre più popolata da piccoli e medi imprenditori che smaniano per vedere da vicino un ministro o un amministratore delegato. Era così dai tempi di Gianni Agnelli; il mood un po’ da Sanremo dell’economia era: tornare nelle proprie Vicenza o Messina dicendo “l’Agnelli mi ha detto”, o “il Romiti mi ha detto”; il business del workshop pare infatti fondato sulle aspirazioni del piccolo-medio imprenditore, che paga (tra i dieci e i ventimila euro, la cifra è misteriosa) per incontrare un ministro, dire una parolina all’orecchio del sottosegretario, subire per contrappasso la lezione di Jeremy Rifkin sull’economia a idrogeno.

 

Il business funziona, decisamente: qualche giorno fa lo studio Ambrosetti ha mostrato i bilanci 2013, con 26,7 milioni di ricavi e un utile netto di 2,3 milioni, grazie soprattutto al business della consulenza d’impresa, ma è chiaro che il workshop dà assai lustro alla casata. E’ stata la geniale intuizione del Cavalier Alfredo Ambrosetti, nato a Varese nel 1931, che ha fondato nel 1965 il suo studio di consulenza, e nel 1975 il convegno di Cernobbio (il workshop, mannaggia), modificando poi la formula col tempo: all’inizio lo studio ospitava tutti gratis, poi si puntò sulle velleità e sulla logica del privé.

 

Oggi infatti il pagante può assistere a tutti gli eventi, con speaker blasonati e internazionali, rigorosamente a porte chiuse, mentre il non pagante (cioè il giornalista) attende nei giardini patrizi che qualcuno esca, per strappare un’intervista o un “a margine”. Nel mezzo tra il pagante e il non pagante, il limbo di uffici stampa e pr che godono di tariffe agevolate e fanno il loro lavoro di lobbying: perché qui “si fa lobbying: è tutto qui il successo del forum”, dice un non pagante. Mentre si attende tra gli augusti specchi e stucchi del villa d’Este, già residenza di Carolina di Brunswick consorte del principe di Galles, si fa più che altro vip watching: una volta si guardava soprattutto in alto, attendendo l’Avvocato dal cielo, fino all’eliporto privato dell’hotel; Umberto Agnelli invece venne una volta in Panda, per fare il minimalista: non fu riconosciuto, fu bloccato. Altri eventi memorabili: nel 2008 Abu Mazen per rispettare il Ramadan si fece trasportare da un barchino in mezzo al lago, per saltare il pranzo peccaminoso in terrazzo. Oggi qualcuno cerca George Clooney, che sta girando proprio in questi giorni a Cernobbio l’ultima serie dei suoi spot per il caffè. Poi verrà sostituito, da un attore più giovane.

 

I veri vip in realtà ci vogliono stare meno tempo possibile: Agnelli arrivava pochi minuti prima dei suoi speech e trasvolava immediatamente; dieci anni fa invece Silvio Berlusconi arrivò in elicottero e subito ripartì alla volta delle vicine isole Borromee dove si celebrava il matrimonio tra John Elkann e Lavinia Borromeo. Altre nozze prestigiose furono invece proprio qui al Villa d’Este tre anni fa, tra Corrado Passera allora numero uno di Intesa e Giovanna Salza. Del resto Passera, che ha rimproverato Renzi di non essere venuto, possiede una piccolissima quota nel Villa d’Este, dunque parve naturale sfruttare le sinergie dell’alloggio; e l’autore di “Io siamo” non manca mai neanche al forum (pardon, workshop), forse anche per controllare lo stato manutentivo dei luoghi e delle suppellettili.

 

Quest’anno per la seconda volta c’è invece anche Gianroberto Casaleggio; forse non a conoscenza che in questo hotel si tennero due riunioni del famigerato Bilderberg: una prima nel 1965, presenti Bernardo d’Olanda, Gianni Agnelli, Guido Carli, e un’altra nel 1987 con Romano Prodi, sempre Agnelli, Carlo Azeglio Ciampi, e Mario Monti. Monti è presenza fissa dalle prime edizioni: Alfredo Ambrosetti è un suo fan scatenato. Al “Bilderberg delle tute blu” di oggi, invece, ci sono il ministro dell’Economia Padoan, Maria Elena Boschi (Riforme), Giuliano Poletti (Lavoro, con un faccia a faccia col suo collega tedesco Jörg Asmussen), Maurizio Lupi (Infrastrutture), Beatrice Lorenzin (Sanità), Stefania Giannini (Istruzione), Federica Guidi (Sviluppo economico, a parlare di competitività e crescita con l’ad di Fca ex Fiat Sergio Marchionne). E poi tanti europei: il presidente dell’Unione José Barroso, il vice Joaquín Almunia; il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem, il commissario finlandese Jyrki Katainen, più alcuni classici ospiti del forum, il premio Nobel Shimon Peres e il senatore americano John McCain, tipo i superospiti di Sanremo.

 

E poi tre ex premier: Romano Prodi, naturalmente Mario Monti e Enrico Letta. “E la sera, tutti al vespro”, dice un non pagante che partecipa a questa quarantesima edizione. “Il vespro, e poi a cena”. Il vespro sarebbe il dibattito serale di quest’anno tra Letta e il cardinale Ravasi. Ma la sera, poi, dopo, che si fa? I più accorti e in salute fuggono dalla capsula del Villa d’Este, verso Como, verso la vita; le signore son sempre poche (Enrico Letta in passato, dopo essersi allontanato per andare a messa, rilasciò turbate dichiarazioni sulla scarsità di quote rosa a Cernobbio). Bonissime invece le hostess, dice una fonte sessista. Per il resto, qui nella Sanremo dell’economia le giornate scorrono placide: eleganti camerieri in livrea annunciano l’inizio delle sessioni di lavoro, che sono fittissime e partono presto la mattina, con dei giganteschi gong, suonati dal personale come in “Downton Abbey” quando sono pronti i pasti. Ma qui i gong sono più grandi, e spesso il rumore dello strumento bronzeo impalla e sovrasta le voci degli intervistati nelle interviste, spesso da rifare. Il gong è anche l’ossessione di paganti e non paganti: il primo giorno il gong è rispettatissimo, nei giorni seguenti sempre meno, fino a una sindrome da ultimo giorno di scuola: la domenica finale, del gong se ne fregano tutti, il super guru e il banchiere di provincia, nessuno ha più voglia di stare lì dentro a sentire le profezie internazionali, si vuole soprattutto socializzare e cazzeggiare.

 

Tra gli atout del forum (workshop) di Cernobbio: la consueta conferenza jettatoria di Nouriel Roubini – per gli appassionati di horror macroeconomici, che spaventa ma piace sempre tanto. I dolci – molto rinomata la pasticceria, soprattutto una certa torta mimosa preparata dal pasticciere dell’hotel. E la grande piscina azzurra aggettante sul lago, oggetto del desiderio proibito: molti vorrebbero usufruirne, ma parrebbe brutto. Invece ci sono sempre dei turisti fuori stagione, texani o arabi, che son lì a fare il bagno (l’hotel rimane aperto al pubblico), e nuotano, molto stupiti di vedersi intorno tutte queste grisaglie e doppipetti, e molto invidiati per la loro libertà balneare; anche perché fa sempre molto caldo in questo scampolo di estate nella conca del Villa d’Este. I poveri paganti a bordo piscina commentano: “Un po’ sottotono, quest’edizione, un po’ sottotono”; ma pare che lo dicano da almeno trent’anni.