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L'inchiesta

“Gli ultimi giorni di Samuel Paty”, il martirio di un professore

Giulio Meotti

Il libro-in la storia di un professore assassinato da un estremista islamico. I retroscena e le minacce ricevute da parte della comunità estremista islamista, dai colleghi del corpo insegnanti e la mancanza protezione di fronte a una minaccia reale da parte dei servizi francesi

Sabato 10 ottobre 2020, il sito islamico Alnas.fr, seguito da oltre 270mila persone su Facebook, scrive: “Un insegnante di storia espelle dalla sua classe dei musulmani per aver mostrato caricature del Profeta”. Su Facebook, il sito condivide l’articolo con la descrizione “SubhanAllah! Che Allah protegga tutti i bambini musulmani!”. Abdoullakh Anzorov è uno di quelli che una settimana dopo prenderà alla lettera la parola d’ordine e riparare ai torti commessi alla scuola media di Conflans-Sainte-Honorine, decapitando l’insegnante, Samuel Paty

 

“Siamo cinque anni dopo gli attentati a Charlie Hebdo, al Bataclan, a Nizza e tanti altri. Nonostante le ripetute segnalazioni, la violenza contenuta nei messaggi postati sugli account digitali di Anzorov, i servizi di intelligence e di sicurezza interna non danno l’allarme”. Si apre così il libro uscito per l’editore Plon di Stephane Simon, “Gli ultimi giorni di Samuel Paty”. Il professore è infastidito dal tono usato nell’email da un collega: “Scrivo questo messaggio oggi perché sento il bisogno di dire che non sostengo il nostro collega. Mi rifiuto di essere complice del mio silenzio in una situazione in cui mi trovo immerso mio malgrado. A mio avviso, questa situazione altera il legame di fiducia che cerchiamo di rafforzare ogni giorno con le famiglie che hanno scelto la scuola pubblica per i propri figli e, visto il contesto in cui si svolge, mette in pericolo l’intera comunità”. Scrive un altro collega: “Il nostro collega non solo ha servito la causa della libertà di espressione, ma ha dato argomenti agli islamisti. La mia etica mi vieta di essere complice in questo genere di cose”. 

 

Audrey Fouillard (la preside) è quella che prende le cose più a cuore. Sebbene non sia particolarmente tenera con Paty, non mancherà mai di fare il suo dovere e di essere vigile. “È chiaro che il pericolo non è più una vaga minaccia, ma un pericolo imminente, eppure il mostro amministrativo dell’Educazione Nazionale non è ancora in grado di produrre effetti” scrive Simon. “In questa fase, l’accademia o il ministero potrebbero già raccomandare esplicitamente una misura di allontanamento di Samuel Paty, che equivarrebbe a una protezione temporanea. Non è così”. Invece, tra i vari servizi accademici ci si interroga ancora su “un dossier da compilare”. È passata una settimana da quando il nome di  Paty è stato al centro di tutti i commenti, che i suoi colleghi hanno parlato alle sue spalle, che il college è sotto la doppia tensione dei genitori degli studenti e del rettorato, che l’atmosfera è ormai pesante... L’email di Paty è concitata: “Dovreste sapere che sono minacciato dagli islamisti così come dall’intero corpo insegnanti”. Diversi insegnanti crollano. Alcuni sono in lacrime, altri esprimono la loro preoccupazione per una situazione che nessuno sembra controllare. La grande moschea di Pantin ha rilanciato sui suoi social i video di due agitatori islamisti e conta ben 100mila follower sul suo account Facebook. Una nota del servizio di sicurezza smorza: “La comunicazione tra la direzione e le famiglie ha ovviamente contribuito ad allentare le tensioni. All’interno del college non è palpabile alcuna tensione, né da parte della comunità educativa né da parte delle federazioni dei genitori degli studenti, che, pur riconoscendo una certa goffaggine del docente…”. Goffaggine? Nessuna decisione di proteggere Paty è prevista in questa fase. “La gravità del pericolo che pesava sull’insegnante è totalmente sottovalutato” scrive Simon. “Nessuna vigilanza sui social è stata istituita dal servizio mentre il nome di Paty circola tra inquietanti staffette digitali, il tutto nell’ambito dell’islamismo radicale. Un encefalogramma amministrativo piatto ha preceduto la bufera”. 

 

Disfunzioni, omissioni, dissimulazioni, viltà, compromessi... Ne “Gli ultimi giorni di Samuel Paty”, il giornalista Simon ritorna meticolosamente sui dodici giorni che precedettero il martirio del professore di storia-geografia assassinato a ottobre 2020 da un islamista. L’autore evoca uno “scandalo di stato” che porterà alla morte di un uomo “che è diventato l’incarnazione della nostra laicità di fronte all’islam politico”. Da trenta a quaranta segnalazioni giungono ogni giorno in Rue de Grenelle, dove ha sede il ministero dell’Educazione. L’ex ministro Jean-Michel Blanquer, che non può essere sospettato di lassismo, ammetterà  che gli mancano i mezzi. Che Paty poteva essere salvato ma che la Francia è travolta dalla minaccia islamista. E da allora la situazione sembra addirittura peggiorata poiché la cultura islamica sta guadagnando terreno a scuola. 

 

Una recente indagine su “Attacchi al secolarismo e tensioni religiose a scuola”, realizzata dall’Ifop, permette di quantificarla. Un insegnante su cinque si è trovato, nella propria carriera, a fronteggiare una minaccia o un’aggressione legata a tensioni di natura identitaria o religiosa. Un dato che sale al 39 per cento nella zona “Rep” più disagiata, dove quasi un terzo degli insegnanti dichiara di aver già subito un’aggressione fisica. L’ultimo esempio,  venerdì 21 aprile, giorno di Eid-el-Fitr, che segna la fine del Ramadan, quando alcune scuole dell’Île-de-France erano deserte. I colleghi del Figaro rivelano la testimonianza di un consigliere comunale parigino che aveva solo il venti per cento di studenti presenti alla scuola primaria. Nonostante una circolare preveda che “devono essere concesse autorizzazioni di assenze agli alunni per le principali festività religiose che non coincidono con un giorno di riposo”. Numeri implacabili e allarmanti. 

     

Le minacce di morte contro l’antropologa Florence Bergeaud-Blackler stavolta hanno spinto lo stato a porla sotto protezione, in seguito alla pubblicazione del suo libro “Le Frérisme et ses réseaux”, l’inchiesta sui Fratelli Musulmani uscita a gennaio da Odile Jacob, con una prefazione di Gilles Kepel. Un’ombra si staglia sul destino francese.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.