Facoltà okkupata

“Né con la Nato né con la Russia”. Alla Sapienza sembra una fiction sugli anni 70 (ma c'è la schwa)

Salvatore Merlo e Gianluca De Rosa

Spray, lenzuoli, assemble seduti in cerchio e soprattutto il vecchio e caro né-né. Alla facoltà di Lettere va in scena una rievocazione storica in toni minori. E i professori fanno i comprensivi: “Siamo cresciuti negli anni Settanta, e ci emoziona vedere gli studenti di nuovo seduti in assemblea”

Guardandoli, tutti insieme, studenti e professori, uno si domanda: gli ucraini sotto le bombe fanno i video su Tik Tok, i fake trailer, un’alluvione di meme, si affidano ai sabotaggi di Anonymous e questi invece, alla Sapienza, nel 2022  stanno ancora con lo striscione, gli slogan, i cartelli, lo spray, l’assemblea e le stesse involuzioni e astrazioni degli anni Settanta ma con la schwa? Sicché sorge una bieca riflessione. Da veri reazionari.  Non è  amore per la rivoluzione,  dev’essere  proprio amore per le cose vecchie che sanno di muffa. Lenzuolo bianco, scritta nera: “Lettere occupata”. Poi, non si sa bene perché: “Solidarietà ai portuali di Genova”. Ma ci sta.  E ancora: “Sapienza contro la guerra”. Poi: “Né con la vostra guerra né con la vostra pace”. Ma anche: “No armi da Italia e Ue”. E perché no: “Né con la Russia né con l’imperialismo della Nato”. Seduti a terra, nell’atrio disegnato da Piacentini, non lontano dalla statua della Minerva, ci sono una quarantina di studenti di Lettere. “Siamo in assemblea”. Ma chi siete?  “Spazio Nemesi”. Eh? “Lo spazio transfemminista della Sapienza”.  Okay. Superata la prima impressione di ritrovarsi dentro una fiction di Marco Tullio Giordana sugli anni Settanta,  con gli studenti che sembrano le controfigure in abito storico, tipo sbandieratori del Palio di Siena (ma con l’asterisco), ecco, si diceva, superata questa prima impressione, a riportare tutti nel 2022 ci pensano i funzionari dell’università. I bidelli. Sono implacabili. Romanesco bonario, ma deciso: “Aho, guarda che senza autocertificazione Covid non puoi entrare”. La facoltà di Lettere della  Sapienza è occupata, da mercoledì notte. In teoria. Ma senza il green pass, che tu sia occupante o giornalista, non ci entri. Niente da fare. Difficile immaginare qualcosa di  simile ai tempi in cui Indiani metropolitani e Autonomia operaia cacciavano a calci nel sedere (e sassaiole) il segretario generale della Cgil Luciano Lama. Ma tant’è. Però l’estetica cui si rifanno i ragazzi è quella di allora. Risultano simpatici e curiosi, come gli aranceri di Ivrea o i Mamuthones sardi. Malgrado non siano tantissimi per la verità (“diciamo che hanno occupato l’atrio”, dice Andrea,  friulano trasferito a Roma per studiare linguistica). Tuttavia  l’impegno filologico è indubbio. Si vede che studiano Lettere. C’è la cassa col microfono mezzo scassato, ci sono gli uditori seduti in cerchi tipo “Fragole e sangue”, arrivano i fumogeni rossi, il vecchio caro “né-né”, e c’è anche il comunicato. Questo: “Davanti al disastro della guerra in Ucraina sentiamo la necessità di prendere parola per la pace e di ribadire che i luoghi del sapere non sono neutri”.  Giusto. Infatti, proseguono i ragazzi non neutri: “La nostra solidarietà va al popolo ucraino e al popolo russo, coinvolti in un’escalation innescata anche dall’imperialismo perpetrato dalla Nato e dalla Russia”. D’altra parte l’avevano detto di non essere neutri. A un certo punto in “assemblea” arrivano Arianna Punzi e Tito Marci,  i presidi di Lettere e Scienze politiche. I ragazzi aspettavano anche Donatella Di Cesare, ma purtroppo è all’estero. C’è delusione. Ma Punzi e Marci ce la mettono tutta.  “Siamo cresciuti negli anni Settanta, e ci emoziona vedere gli studenti di nuovo seduti in assemblea”. E sul serio, per un attimo, sembra una strana riunione di reduci. O il carnevale. I vecchi che fanno i giovani e i giovani i vecchi.

“Né con la Nato né con la Russia”. I professori Punzi e Marci, i due presidi di Lettere e Scienze politiche lasciano cadere uno sguardo liquido sulla scritta. Intanto i ragazzi citano “articoli di geopolitica” apparsi, dicono, su mai sentite riviste internazionali che tuttavia non lasciano dubbio alcuno: l’industria americana lavora da anni per indebolire la Russia. Uno degli studenti concede tuttavia che “anche la Russia non può piacerci”. Ma va?  Però in un lampo aggiunge che ovviamente “Putin è il prodotto malato della classe dirigente di comodo che hanno piazzato gli occidentali in Russia dopo il crollo dell’Unione sovietica”. Pareva strano. Ma i due chiarissimi professori cresciuti negli anni Settanta, commossi dal vedere gli studenti con i loro stessi striscioni di allora, che insegnano? L’amore per la democrazia o l’equidistanza del né né? Boh. 

Oggi  si terrà anche  un’assemblea con gli studenti arrivati da Madrid, Parigi e Berlino. “Perché – dice Vito, 23 anni studente di Filosofia – un movimento contro la guerra deve avere come minimo uno spazio di discussione europeo”. Come dargli torto. Ci si oppone occupando Lettere, mica l’ambasciata americana o la base militare della Cecchignola. Rievocazione sì, ma con dei limiti (oltre al green pass).