Dalla Sardegna alla Grecia, dalla Turchia alla Sicilia. Perché brucia il Mediterraneo

I numeri del disastro. In Italia è record di roghi. A fuoco quasi centomila ettari in Grecia

Enrico Cicchetti

Da più di una settimana la Grecia va a fuoco. Secondo i dati dell’European Forest Fire Information System (Effis, il programma europeo di monitoraggio degli incendi), dal 29 luglio a oggi sono bruciati quasi 94mila ettari di territorio in tutto il paese. Significa che lo 0,7 per cento dell'intero territorio della Grecia è andato in cenere in meno di due settimane. Per fare un confronto: la media annuale tra il 2008 e il 2020 era di 9.147 ettari bruciati. Dieci volte meno. 

         

Ettari di territorio bruciati in Grecia (Effis)

      

I roghi più grandi e più difficili da controllare sono quelli sull'isola greca di Eubèa (o Èvia), a 200 chilometri a est di Atene, dove vigili del fuoco e mezzi aerei lottano ancora contro le fiamme. I soccorritori hanno "serie difficoltà" per la visibilità limitata dal fumo denso, ha detto il vice ministro per la Protezione civile Nikos Hardalias.

Non si conoscono ancora le cause degli incendi ma un portavoce della polizia, Apostolos Skrekas, ha detto che 10 persone sono state arrestate con l’accusa di incendio doloso.

   

   

Incendi, dalla Calabria alla Sardegna all'Abruzzo

È l'estate del cielo rosso in Oregon, con il fumo che arriva fino a New York e lo skyline di Manhattan che scompare. È l’estate del Canada che va a fuoco. Dall’inizio della stagione a causa degli incendi che hanno colpito alcune zone della Siberia, la Jacuzia, la regione più fredda della Russia, ha perso 2,5 milioni di ettari di foreste. E poi quello greco, che è solo l'ultimo fronte nel Mediterraneo che brucia, dopo gli incendi in Turchia e in Italia, che in molte regioni non sono ancora domati. 

 

   

Alle 14 di oggi, martedì 10 agosto, i Vigili del fuoco segnalavano ancora duecento interventi attivi, quasi tre su quattro in sole tre regioni del sud: 58 in Calabria, 42 in Sicilia, 38 in Puglia. Ma si fatica a stare dietro al conto dei roghi. E così, solo un'ora dopo, ecco che il dato è già raddoppiato. I cieli dell'Aspromonte sono oscurati dal fumo, le fiamme ormai a ridosso delle faggete di Valle Infernale da poco proclamate patrimonio Unesco. Nella zona del parco si mettono in campo "più di 100 interventi", dicono i pompieri. 

   

    

Intanto a Cuglieri (Oristano), dove oggi è arrivato il ministro delle Politiche agricole e forestali, Stefano Patuanelli, è ridotto a un tocco di carbone anche il “Patriarca”, l'olivastro millenario diventato il simbolo del disastro del fuoco in terra sarda. "L'entità delle risorse necessarie per questi territori non sarà piccola", dice il ministro, senza però dare cifre precise. "La cultura della tutela ambientale non si deve confondere con la tutela dell'abbandono – aggiunge – Ci vuole una sana gestione della foresta, dobbiamo porci la questione di come custodire il territorio. Occorre trovare una forma di tutela del reddito dei produttori che vada al di là del risarcimento per il singolo evento. Garantire il reddito a quei produttori è un investimento per la tutela del territorio". Una posizione condivisa da Coldiretti, che parla della necessità di "ridare centralità alle imprese agricole e rivedere alcuni parametri rivelatesi inadeguati, che stanno impedendo agli animali di pascolare e pulire i boschi". Le indagini delle autorità hanno portando a confermare la natura colposa per il mega incendio del Montiferru, partito da un’auto parcheggiata dal conducente a bordo strada e che ha preso fuoco. Per quanto riguarda, invece, gli episodi di Usellus, Seneghe e Cabras, sempre nell’oristanese, gli agenti del Corpo Forestale hanno trovato degli inneschi. Anche in Abruzzo, nel fine settimana scorso e in quello precedente, si sono sviluppati diversi incendi che hanno distrutto una vasta porzione della pineta dannunziana di Pescara. E anche per questi si parla di cause dolose.

 

I dati degli incendi in Italia

I numeri dei roghi in Italia che emergono dal monitoraggio europeo sono altrettanto preoccupanti di quelli greci: abbiamo il triste primato per il numero di incendi di grandi dimensioni (oltre i 30 ettari): da inizio anno ne sono scoppiati 405. E sono più di 104mila gli ettari distrutti dalle fiamme (71mila solo dal 22 luglio a oggi): il quadruplo rispetto ai quasi 29mila ettari arsi, in media, ogni anno dal 2008 al 2020. 

  

Ettari di territorio bruciati in Italia (Effis)
   

Il riscaldamento climatico ha reso gli eventi meteorologici estremi più frequenti, più lunghi e più gravi. Il caldo e la siccità hanno avuto un ruolo nel rendere devastanti i roghi di questa estate: il terreno è più secco e i venti sono più caldi, le scintille vengono trasportate in alto e appiccano direttamente la chioma degli alberi. Ma chi accende la miccia? "L’autocombustione non avviene da sola a 45 gradi", ha detto alla Camera il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. "Il 57,4 per cento degli incendi sono dolosi, dove si vedono punti di innesco", ha spiegato. "Il 13,7 per cento non è intenzionale, e quindi sono colposi per mancanza di cultura. Siamo già oltre il 70 per cento di incendi che è responsabilità nostra e che incide su un sistema predisposto" dal punto di vista climatico "meno del 2 per cento sono di origine naturale", provocati per esempio da un fulmine che cade su un albero che darà il via all'incendio di una zona particolarmente secca.

   

"C’è un problema di manutenzione dei territori, perché qui stiamo parlando di qualcuno che brucia", e nella maggioranza dei casi, "per interessi reconditi". Nel Pnrr è previsto l’utilizzo delle "reti di satelliti europei, droni e osservazione a terra. I satelliti passano ogni 4 ore sullo stesso punto, e ce ne sono tanti; se uno colleziona immagini e le controlla, ci può consentire un monitoraggio efficace", ha detto Cingolani.

  

I motivi degli incendi dolosi, il caso esemplare della Sicilia

In queste ore diversi Canadair sono impiegati sulle Madonie, nella parte settentrionale della Sicilia, nei boschi già presi di mira nei giorni dagli incendiari. E proprio guardare al caso della Sicilia può aiutare a farsi un'idea di quali siano alcuni dei fattori da tenere presente per capire come mai il sud del nostro paese è così colpito dai roghi. Sfogliando il “Piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta agli incendi boschivi” approvato dalla regione nel 2015 (e aggiornato ogni anno) le prime due motivazioni citate come causa degli incendi dolosi sono la pratica di bruciare erbe infestanti sui pascoli e quella di dare fuoco agli alberi che si trovano sui terreni che poi si vogliono coltivare.

Un’altra causa è la cosiddetta “industria del fuoco”, cioè "l'incendio causato per creare posti di lavoro (nelle attività di avvistamento, di estinzione, nelle attività successive di ricostituzione".

"L'impostazione della lotta antincendio, basata su interventi di solo contrasto al momento dell'emergenza, ha comportato una diffusa politica di assunzioni a tempo determinato, talvolta caratterizzata da turni minimi. Il ricorso a mano d'opera precaria e poco qualificata, con una finalizzazione spesso più assistenziale che produttiva, ha talvolta indotto l'insorgenza di un ciclo vizioso, dove l'incendio volontario da parte di operai stagionali può costituire lo strumento per mantenere o motivare occasioni di impiego", si legge nel documento.

Nel 2020, con una superficie forestale tra le più basse d’Italia in Sicilia c'erano circa 22mila operai forestali, tra determinati e indeterminati. Circa la metà di quanto registrato in totale in tutta Italia, dove complessivamente gli operai forestali sono 47.313. La Lombardia, per esempio, che ha il doppio della superficie forestale dell’isola, conta appena 416 unità. Ciò nonostante la Sicilia è stata la regione più soggetta a incendi.

Infine, nel documento della regione, è citato l'incendio usato come un mezzo di estorsione o di taglieggiamento.

piromani, invece, sono considerati "una minoranza nel vasto panorama degli incendiari, tanto sparuta da metterne in forse l'esistenza, ma di cui spesso i mass-media, alla ricerca di un colpevole credibile od accettabile, fanno imprudente abuso".

     

Le sanzioni

Un report di Legambiente e Sisef pubblicato il 6 agosto 2021, evidenzia un altro fenomeno: se non si può parlare di impunità, il numero degli arresti rispetto a quello dei reati è comunque molto basso. "Tra incendi dolosi, colposi e generici – si legge nel documento – lo scorso anno in Italia sono stati [...] 4.233 i reati accertati, 552 le persone denunciate per incendio doloso e colposo, 18 quelle arrestate, 79 i sequestri effettuati". 

  • Enrico Cicchetti
  • Nato nelle terre di Virgilio in un afoso settembre del 1987, cerca refrigerio in quelle di Enea. Al Foglio dal 2016. Su Twitter è @e_cicchetti