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Il rischio di sprecare l'eredità della Merkel

Nella lotta tra Cdu e Csu, tra Laschet e Söder, c'è il problema del beauty contest davanti al giudice implacabile: la cancelliera. E se poi si approfittano gli altri del tesoro che lascia la Merkel?

Paola Peduzzi

C’è un sondaggio che i conservatori si passano di mano in mano, atterriti: dice che se il candidato cancelliere è Laschet, soltanto un terzo dell’elettorato che votò l’Unione nel 2017 riconfermerebbe il proprio voto. Con Söder questo dato è al 73 per cento. Ma la domanda che molti non si fanno, mentre si strattonano tra di loro, è: chi voteranno questi elettori fuggiaschi? Se tratti l’eredità come un affare di famiglia, poi finisce che l’eredità se la godono gli altri, e spesso non sono nemmeno parenti

Un sospiro di sollievo infine ha potuto concederselo, Armin Laschet, almeno per un attimo ieri quando i suoi compagni di partito della Cdu tedesca hanno scelto lui come candidato alla cancelleria per le elezioni del 26 settembre. Nei giorni scorsi le voci sulla debolezza di Laschet si erano moltiplicate, andavano di pari passo con il crollo della sua popolarità, e poiché la politica è difficilmente un gioco a somma zero il suo rivale interno, il poderoso Markus Söder, leader della Csu bavarese, aveva detto chiaro: anche io mi candido alla cancelleria, e il suo partito gli ha dato pieno appoggio.

 

La Cdu e la Csu si presentano insieme alle elezioni – formano l’Unione – ma il peso dei cristiandemocratici, politico e geografico, è molto più grande: è un’alleanza in cui i cristianosociali sono i partner di minoranza (nella storia dell’Unione hanno avuto soltanto due candidati alla cancelleria). Ma questo è un anno diverso, un anno che segna un cambiamento epocale con la dipartita di Angela Merkel e che pure si appresta a essere per il mondo conservatore tedesco un anno di transizione, quindi delicato, squilibrato, forse persino mesto.

 

Sostituire un leader come la Merkel è già di per sé un’impresa complicata: certe eredità sono difficili da maneggiare, anzi, si potrebbe dire che sono impossibili, e per quanto si sia cercato di controllare questo passaggio con tutto il rigore possibile, c’è già stata una vittima illustre – Annegret Kramp-Karrenbauer, la miniMerkel che si è dimessa dalla leadership della Cdu all’inizio del 2020: non le è stata data scelta – e ora ci sono i sondaggi impietosi di Laschet, e alcuni politici della Cdu che non sono più tanto sicuri. Anche lui è un miniMerkel, anche lui ha sventato l’assalto al partito dei più conservatori, anche lui si presenta come un politico della continuità con “die Mitte”, il centro, scritto di fianco al simbolo della Cdu, anche lui sembra un buon traghettatore del partito verso il post Merkel.

 

Eppure la cancelliera ha già dovuto metterlo alla prova bacchettandolo per la leggerezza con cui ha preso decisioni sul lockdown nella regione di cui è governatore (lui poi si è messo a fare i compiti per bene), e mentre prendeva Laschet per l’orecchio, la cancelliera ha anche lanciato sguardi di intesa a Söder. Il quale ha raccolto subito l’invito, anzi se l’è appuntato sulla giacca e si è sentito fortissimo: è popolare anche a livello nazionale, è stato ubbidiente con il governo centrale, ha assecondato la Merkel come meglio poteva. Il problema è che ogni mossa del mondo conservatore oggi fa parte di un beauty contest in cui l’unico giudice, implacabile, è la stessa Merkel. E il problema con le eredità è spesso tutto qui: diventano un affare di famiglia, e finiscono per fare male, se fanno male, solo in famiglia.

 

C’è un sondaggio che i conservatori si passano di mano in mano, atterriti: dice che se il candidato cancelliere è Laschet, soltanto un terzo dell’elettorato che votò l’Unione nel 2017 riconfermerebbe il proprio voto. Con Söder questo dato è al 73 per cento. Ma la domanda che molti non si fanno, mentre si strattonano tra di loro, è: chi voteranno questi elettori fuggiaschi? Se tratti l’eredità come un affare di famiglia, poi finisce che l’eredità se la godono gli altri, e spesso non sono nemmeno parenti. 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi